Nel corso della storia il nostro paese ha conosciuto un alternarsi di fame e abbondanza, scandita soprattutto dalle produzioni agricole, e cerealicole in particolare.
Dopo le distruzioni e le carestie causate dalla calata dei barbari e successive alla caduta dell’Impero romano, per tutto il medioevo la produzione di cereali in Italia è stata scarsa, nonostante siano state coltivate molte terre che prima erano incolte.
La crescita demografica era notevole, e le nuove bocche avevano bisogno di pane.
Per diversificare i raccolti tutta una serie di terreni sono stati coltivati, da allora in poi, con altri cereali che non fossero il frumento, e che potessero garantire una produzione abbondante, anche se non di pregio.
I cereali minori infatti, assieme alle verdure dell’orto e a quelle che si potevano trovare selvatiche, costituivano la base dell’alimentazione popolare, dal medioevo fino al secondo dopoguerra, quindi in tempi non lontani da noi.
Al pulmentum medioevale, solitamente a base di cavoli, un po’ di lardo salato e grani inferiori, si è venuta sostituendo la polenta vera e propria, a base di mais, ma tra i piatti tipici della nostra regione hanno avuto e hanno tuttora una grande importanza i minestroni, le minestre d’orzo, le zuppe di farro e simili.
I cereali sono stati per secoli la base dell’alimentazione italiana, e quando vi erano periodi di carestia, venivano sostituiti da sfarinati prodotti con legumi o castagne, che consentivano di immagazzinare scorte destinate a salvare dalla morte per fame le numerose famiglie contadine.