Anche quest'anno sta per rinnovarsi il rito della trebbiatura del Maratelli, il riso che si raccoglie a metà settembre, in netto anticipo su tutti gli altri: sarà per questo fine settimana, o l'inizio della prossima al massimo, ed avverrà in quello che è stato definito il suo sacrario, la Cascina Canta di Gionzana, alle porte di Novara, la città della celebre paniscia. Un'annata splendida coronata da un'estate prolungata, come riconosce soddisfatta Isabella Francese, proprietaria insieme alla sorella Maddalena dell'antica e bellissima cascina, dove il riso si coltiva sin dal suo ingresso in Pianura Padana, ossia dal Tardo Quattrocento, come provano antichi documenti. Acquistata negli anni Sessanta da Eusebio Francese e da sua moglie Maria - i genitori di Isabella e Maddalena - , la Cascina Canta vide proseguire l'originaria monocoltura a riso sino al 1976, anno in cui si iniziò a sperimentare la rotazione, metodo mai più abbandonato.
Oggi alla Cascina Canta si coltivano ben sei varietà di riso: oltre al Maratelli, che da solo ricopre un quinto circa della messa a coltura, i Francese producono Carnaroli, Vialone Nano, Baldo, Nembo (una varietà del Loto) e Rosso Sant'Eusebio, ricchissimo di antociani e ferro, nato spontaneamente qualche anno fa da una mutazione del Loto, proprio sotto gli occhi di Eusebio. Una storia che ricorda molto quella del Maratelli, il cui centenario dalla nascita si celebrerà fra soli tre anni. Corre infatti l'estate del 1914 quando Mario Maratelli, risicoltore di Asigliano, nella Bassa Vercellese, in una sua risaia scopre un gruppo di pannocchie più alto delle altre: evidentemente la loro maturazione è precoce rispetto alla varietà coltivata, l'Originario o Chinese originario (sino ad allora l'unica varietà presente in Italia). Decide quindi di conservarne le sementi per l'anno venturo, e, nel seminare la nuova pianta, di anno in anno le riserva una quantità di terreno sempre maggiore. Durante il servizio militare prestato in guerra affida i campi al suocero; una volta tornato, il nuovo riso è ormai coltivato a pieno campo e si mostra unico nel suo genere: essendo un ibrido naturale stabile, le sue caratteristiche rimangono costanti e le nuove piante sono identiche alle madri. Nel 1921 viene registrato come MARATELLI nel Registro Nazionale delle Varietà e Mario Maratelli si sposta con la sua famiglia alla Cascina Valasse di San Germano Vercellese, dove saranno i figli Francesco e Giovanni a continuare l'impresa paterna. Nel'55, due anni dopo essere stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana per le benemerenze acquisite in campo agricolo, Mario muore con l'onore di aver legato il suo nome ad un'epoca gastronomica senza eguali: in tutto il mondo ormai Maratelli è sinonimo di riso e di risotto.
Il Maratelli, o Maratello – come lo chiamano ancora i nostalgici – è infatti il riso in assoluto più usato sino all'inizio degli anni Ottanta. Il re dei semifini, ma ai limiti della categoria stessa, come precisa l'agronomo Augusto Maratelli, erede di Mario: il suo è un chicco piccolo e tondeggiante, ottimo nella tenuta, amidaceo e perfetto nel 'minestrare' risotti e panisce tradizionali. Gli anni Settanta sono l'epoca d'oro del Maratelli, e tutti i risicoltori vogliono cimentarsi nella produzione di questo riso fenomenale. Ma c'è un però: il Maratelli è incompatibile con le tecniche di coltura non tradizionali. Le condizioni ambientali ideali, ossia un costante livello idrico e le tipiche acque calde, quelle dov'era nato, costituiscono i suoi limiti naturali; dal punto di vista tecnologico, si tratta di un riso che si adatta a terreni sottoposti a regolare rotazione e dotati di una normale fertilità, mentre, al contrario, teme la forzatura delle concimazioni, che lo espongono al rischio dell'attacco fungino del temibile brusone. In parole povere, è inadatto ad un tipo di rendita forte, e non può essere prodotto a livelli industriali; così ben presto il Maratelli venne 'maledetto' dagli stessi coltivatori, disperati per il fallimento di molteplici annate. Da qui alla contraffazione il passo è breve. Pur di vendere il marchio Maratelli, la gran parte dei produttori mette in commercio un semifino con dimensioni del chicco abbastanza simili al Maratelli, ma con caratteristiche completamente differenti nella resa: una truffa legalizzata, grazie alle norme vigenti di allora, alla quale nel 1982 gli eredi Maratelli mettono fine cancellando il riso avito dal Registro delle Varietà Nazionali.
All'inizio del nuovo Millennio l'imprenditore Giovanni Vignola lancia un Nuovo Maratelli, legalmente iscritto nel Registro Nazionale; si tratta di un riso nuovo, come suggerisce il suo appellativo, imposto con un accordo tra le parti accanto al nome originario. L'incrocio fra il risone del Maratelli con un nuovo seme selezionato dalla Lugana Sementi consente infatti, fortificando e rinnovando la struttura del riso, di adattarlo alle esigenze di una coltura estensiva. E' un risultato sicuramente apprezzabile dal punto di vista della resa gastronomica; ma il vero sacrario del Maratelli rimane, secondo Augusto, la Cascina Canta, con i suoi macchinari d'epoca, la fatica personale di Eusebio Francese, la sua determinazione, le sue tecniche rimaste immutate nel tempo (il moderno procedimento della brillatura, ad esempio, in Cascina non viene attuato). E' solo grazie alla sua tenacia, infatti, che il Maratelli conservato nella sua struttura originale si salva dall'oblio. Dal 1978 Eusebio è praticamente l'unico in Italia a coltivarlo e le sue tecniche tradizionali di coltura, alimentate da tanta passione e nostalgia, sono le stesse di un tempo.
Eusebio accetta tutt'oggi, con l'umiltà che lo contraddistingue, che dai quattro ettari messi a coltura a Maratelli il riso commercializzato adotti la dicitura di 'medio'; infatti, nonostante Augusto gli abbia rinnovato anche pochissimi giorni fa la sua incondizionata stima (alla Festa del Maratelli indetta dalla Cascina Canta per aprire come ogni anno la riseria al pubblico, oggi costituito in gran parte dai GAS, i Gruppi di Acquisto Solidale), la superficie minima di coltivo per poter reiscrivere il Maratelli nel Registro Nazionale delle Varietà non è stata ancora raggiunta. La speranza è quella di poterlo finalmente registrare per il centenario della sua scoperta: si renderebbe così giustizia, oltre che ad Eusebio stesso, alla straordinaria impresa di un uomo che mai più si sarebbe immaginato di legare per sempre al riso per antonomasia del Novecento il suo cognome di trovatello, assegnatogli come pura invenzione nell'ospizio nel quale fu affidato, e nel quale veniva bonariamente citato accanto al nome di battesimo come uno scioglilingua.
(La storia del Maratelli è contenuta nel libro 'Maratelli, un uomo, un riso' di Augusto Maratelli, edito dalla Grafica Santhiatese Editrice.)
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