Vi proponiamo la terza parte dell’inchiesta sul mondo della pizza, le cui due prime puntate sono disponibili a questi link:
http://www.cavoloverde.it/public/articoli/eventi/dettaglio_articolo.asp?id=1648
http://www.cavoloverde.it/public/articoli/eventi/dettaglio_articolo.asp?id=1652
Risponde alle nostre domande Simona Lauri, giornalista, scrittrice e tecnologo alimentare, voce autorevole del Gruppo Donne della Federazione Italiana dei Panificatori.
(LPL) Simona, premettendo che ti sei sempre prodigata per difendere la figura femminile nel mondo prettamente maschile della pizza, vorrei che mi spiegassi se nelle competizioni ci sono differenze sostanziali tra le prove ma anche nelle performances femminili e quelle maschili.
(S. Lauri) Uomini e donne posso partecipare indistintamente in qualsiasi competizione e variare la scelta tra la pizza classica, pala, teglia, a due, velocità, abilità, larghezza, senza glutine e STG (Specialità Territoriale Garantita, ndr). Le donne hanno però ancora qualche timore in più rispetto agli uomini, vuoi per cultura, mentalità, tradizioni del settore, a mettersi in gioco in queste gare. Hanno ancora bisogno di incoraggiamento percredere fortemente in se stesse e nelle loro abilità innate, e il conforto può giungere solo da altre donne, madri, mogli (e ce ne sono tante!) che fanno questo lavoro da anni insieme ai rispettivi mariti e figli: l’importante è ripetersi quotidianamente che la maggior parte delle tradizioni nell’arte bianca sono passate proprio attraverso noi donne.
(LPL) Il vincitore della categoria pizza classica per quest’anno è Leone Coppola, un pizzaiolo di Gavirate (Va). Ci sono secondo te differenze sostanziali fra il modo di concepire la pizza nelle diverse regioni italiane?
(S. Lauri) Ha vinto la professionalità del singolo ma anche lo spirito di gruppo e di solidarietà di un team sempre in prima linea nelle manifestazioni per il sociale. La pizza nasce nella preistoria e passa attraverso i popoli mesopotamici, le grandi civiltà greche, romane, egiziane ed etrusche. Nel ‘700 si impose come piatto tipico della cucina napoletana e contribuì sia alla divulgazione del pomodoro sia dell’olio extravergine di oliva. Ci sono grandi differenze sostanziali del concetto di pizza tra le regione italiane, nazioni e continenti proprio perché questo piatto rappresenta la cultura, la tipicità e le tradizioni di ciascun popolo e paese.
(LPL) Il resto del mondo guarda ancora l'Italia come al faro oppure c'è qualche paese che si distingue in particolare per quest'arte?
(S. Lauri) Da questo punto di vista l’Italia è decisamente il paese che ha più cultura e storia e molti poeti tra i quali Alexandre Dumas, negli scritti di letteratura sia francesi sia italiani tra il ‘700 e fine ‘800 decantarono la bontà della pizza, abbinata all’originalità dei pizzaioli napoletani. La diffusione in America si deve soprattutto agli emigrati italiani dell’inizio ‘900. Per la sua estrema facilità di preparazione si è sempre prestata ad essere un cibo semplice, conviviale, a buon mercato, veloce e rispettoso dei gusti, della tipicità dei prodotti locali e delle tradizioni di ogni paese e lo è tuttora.
(LPL) Per quale motivo, pur essendo nutrizionalmente un pasto completo, la pizza nei menu scolastici è prevista invece come primo piatto seguito da un secondo? E’ corretto a livello di educazione alimentare insegnare ai bambini tale concetto?
(S. Lauri) Il problema fondamentale è che in ogni mensa scolastica il menu da somministrare è obbligatoriamente preparato, approvato e controllato dalle ASL locali, che si occupano di redigere sia la versione estiva sia quella invernale curando l’apporto dei nutrienti e calorie che i bambini devono ingerire e vietando di conseguenza qualsiasi modifica. Da tecnologo alimentare con specifiche in arte bianca ritengo però doveroso porre la questione sotto un altro importantissimo punto di vista: il problema tecnico produttivo legato alla digeribilità. La pizza è l’alimento più digeribile che esista se preparato con estrema professionalità rispettando i tempi tecnici, da un minimo di 24 ore di maturazione dell’impasto a 4°C ad un massimo di 4 giorni, al quale deve far seguito un rispettivo periodo di fermentazione variabile da tre a quattro ore. In caso contrario risulta uno dei cibi più complessi ed estremamente pesanti da digerire. Per esigenze tecniche, nelle mense scolastiche e nonspesso l’impasto viene preparato circa due ore prima della somministrazione, con metodo diretto e con una percentuale di lievito fresco che in alcuni casi supera il 4% sulla farina: a questo punto il prodotto è scarsamente fermentato e qualche volta persino mal cotto. Cosi facendo si somministra un alimento impossibile da digerire per chiunque, figuriamoci per dei bambini. Un errore madornale, che potrebbe gettare le basi per futuri e seri problemi di intolleranze sia al blastomicete S. cerevisiae sia al glutine.
(continua)
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