Archivio Storico 2011-2017

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Gino Veronelli e Gian Arturo Rota

05 Aprile 2013
Ritratto Goliardico di Uomini
Incontro con piacere, davanti ad un buon piatto di lasagne e un calice di pignoletto, Gian Arturo Rota, autore, insieme a Nichi Stefi, di “Luigi Veronelli: la vita è troppo corta per bere vini cattivi”, Giunti e Slow Food Editore.

Da questo incontro nasce, quasi per gioco, un’intervista, che intende incuriosire il lettore sul “notaro”, “giornalista itinerante” come lui stesso amava definirsi, dalla personalità complessa e carismatica quale è stato Gino Veronelli.
E visto che il gioco e l’ironia sono stati due elementi molto presenti nella sua vita, allora perché non osare un giochetto semplice, goliardico, ma al contempo divertente e stimolante come quello che ci fa ritornar bambini, dei “Se fosse”. Da qui una doppia funzione: domande sia al notaro Gino, sia all’autore Gian Arturo, venti anni vissuti al suo fianco.

SE GINO FOSSE UN PROFUMO SAREBBE... Odore di MARJUANA.
SE GIAN ARTURO FOSSE UN PROFUMO SAREBBE… PROFUMI DA DONNA.

E il bello è che Gian Arturo impiega circa un secondo per rispondere… Il riferimento suona sicuramente strano ma non mi stupisce affatto dopo aver letto il libro. Marjuana quale profumo associato alla libertà, concetto caro e imprescindibile per Gino, sotteso alla sua voglia di non essere relegato a schemi, preconcetti, condizionamenti di alcun tipo. Odore di trasgressione, provocazione, forza, libertà e anarchia.
Molto diversa la risposta di Gian Arturo che mi dice sorridendo, profumi da donna; gli piace annusarli, perchè "sono lo specchio - nell'infinita mescolanza di essenze - della complessità, il fascino specifico, del mondo femminile".

SE GINO FOSSE UN COLORE SAREBBE… NERO e ROSSO SCARLATTO.
SE GIAN ARTURO FOSSE UN COLORE SAREBBE… GRIGIO.

A Gino piacevano i colori, li studiava e immaginava infinite possibilità di "scomposizione" dello spettro dell'iride. Veronelli, se da un lato era uomo dalle mille sfumature, dall’altro era deciso nelle sue scelte; il nero pertanto, quale espressione della sua forte personalità, colore che esprime una posizione netta intorno a situazioni, cose, la vita stessa. Il rosso scarlatto inoltre, sottolinea la passione per le situazioni estreme e diverse, il fuoco della passione che bruciava dentro di sé per il cibo, per i vini, per il mondo contadino e per le mille attrazioni della vita.
Per Gian Arturo invece, il grigio, simbolo sia di protezione e prudenza sia, per le possibilità di tonalità cerulee (del cielo autunnale ad esempio) che esprimono, nel prendere distacco, la volontà di mediare, di riflettere, dell’ammettere varianti tra il nero e il bianco.

SE GINO FOSSE UN ANIMALE SAREBBE… una PANTERA.
SE GIAN ARTURO FOSSE UN ANIMALE SAREBBE… un DELFINO.

La risposta che fa più riflettere Gian Arturo, rendendolo per qualche secondo dubbioso. Dalla personalità spigolosa e carattere deciso, Gino decideva cosa fare e come farlo, mettendo spesso in difficoltà l’interlocutore e spiazzandolo con le sue parole non scontate. Solitario, elegante, fiero e deciso come una Pantera.
Gian, invece, si sente un DELFINO, animale intelligente e socievole, amante del gruppo, tendenzialmente attento all'altro e con grande spirito di adattamento in circostanze anche molto diverse.

SE GINO FOSSE UNA STAGIONE SAREBBE… la PRIMAVERA.
SE GIAN ARTURO FOSSE UNA STAGIONE SAREBBE… l’INVERNO.

Gino amava l’inverno, ma era aperto al cambiamento e alle novità e contaminava tutti, quindi lui rappresentava per altri la rinascita di stimoli, il germogliare di idee e tensioni positive. La primavera dunque come sinonimo di continua trasformazione.
Gian invece si sente inverno, stagione del ripiegamento su di sé e di riflessione; potremmo quasi dire “sotto la neve pane”, antico detto a sottolineare come l’inverno possa sembrare un periodo immobile, non produttivo, ma che in verità sottende una direzione energetica che si avvia ad una fase di espansione per fare rifiorire la vita (sotto la neve le particelle di grano sono già attive).

SE GINO FOSSE UN INGREDIENTE SAREBBE… RAPA e CAVIALE.
SE GIAN ARTURO FOSSE UN INGREDIENTE SAREBBE… CANNELLA e BARBA Di FRATE.
Rapa e Caviale, simboli di miseria e nobiltà. Esprimono due estremi in contrapposizione e, quindi, in sintesi, il contrasto veronelliano: la rapa è l’attaccamento alla terra, la mano del contadino che l’ha piantata e raccolta, la saggezza del conservare per il sostentamento: “La terra, la terra… all’infinito la terra”. Per Veronelli quello con la terra è un rapporto fisico, confidente, amoroso. Il caviale, invece, esprime la nobiltà, cibo raffinato per antonomasia, raro, costoso, sofisticato e afrodisiaco, simbolo della ricerca del meglio.
Gian Arturo si ritrova nelle spezie (aromatizzanti della vita), cannella in primis per l'aroma asciutto e pungente insieme; ma anche nella barba di frate, erba spontanea e succosa (conosciuta anche come agretto), dolce ricordo della Ciociaria (terra d'origine della madre e in cui ha vissuto parte dell'infanzia).

Mi piace chiudere con uno slogan/invito di Gino che riassume l’uomo Veronelli. Egli esortava a “Festeggiare la vita”, ossia il diritto di tutti gli uomini a perseguire la gioia e il piacere: nelle relazioni, negli interessi personali, nel cibo, nel vino, in qualsiasi gesto della quotidianità. Festeggiare la vita è uno tra i più grandi insegnamenti di Gino.

Da non perdere, quindi: Gian Arturo Rota e Nichi Stefi, “Luigi Veronelli: la vita è troppo breve per bere vini cattivi”, Giunti e Slow Food Editore. - www.veronelli.com -
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