Archivio Storico 2011-2017

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l'uomo che metteva il vino nelle anfore

19 Marzo 2013
La “Ribolla”di Josko Gravner
Da tempo mi sentivo in dovere di mantenere la promessa fatta tempo indietro all’amico Michelangelo Tagliente nel condurlo in visita alla cantina del caro Josko Gravner. Ricordo sempre con piacere quando lo incontrai la prima volta…

Fu mio cugino Ilario a parlarmene durante una mia vacanza nella bella campagna di Lorenzaga di Motta di Livenza a Treviso, mia terra d’origine. Mi raccontò di un uomo che metteva il vino nelle anfore. Mi ricordo dapprima lo stupore, ma poi, subito dopo, la determinata volontà di conoscerlo.

Decisa mandai una mail a Josko per fissare un incontro; gli chiedevo con parole semplici il piacere di conoscerlo per capire il perché della sua scelta. Mi rispose che il momento non era propizio per la necessità della sua presenza nel seguire i lavori in campagna. Era tempo di vendemmia, e le esigenze della vigna lo assorbivano. Un pochino delusa mi rassegnai a posticipare l’incontro ma da persona caparbia quale sono non demorsi. La mia determinazione ebbe la meglio perché, poco tempo dopo, quel momento finalmente arrivò! Il giorno dell’incontro ero particolarmente emozionata, e mentre guidavo percorrendo la strada verso Oslavia pensavo a come si sarebbe svolto. Poi, fra me e me pensai che l’unico modo per instaurare rapporti sinceri con le persone è essere se stessi, e così feci.

Giunta a destinazione fui piacevolmente sorpresa dalla semplicità dell’abitazione. Mi accolse il suo sorriso e quell’atmosfera familiare che mi mise subito a mio agio. Chi mi conosce bene ha sperimentato anche la mia timidezza, che mi sforzo di nascondere chiacchierando.

Quel pomeriggio, con noi c’era la dolce Maria, moglie di Josko, e Sabrina e Debora, due loro amiche di Viareggio. Iniziammo il nostro percorso di visita tra una degustazione e l’altra e le narrazioni riguardanti la sua vita. Ci raccontò di come ebbe inizio la sua avventura di viticoltore, facendo frequenti riferimenti alla perdita del padre quando lui aveva appena venticinque anni. Capii bene ciò che mi diceva, avendo avuto alla medesima età la stessa esperienza. Gli insegnamenti dei padri, tuttavia, ci accompagnano per tutta la vita, come un'eco che continua a diffondersi nella testa.

Josko ci narrò del suo viaggio in Georgia, della sua ricerca di un vino senza chimica, che segua il ciclo della natura, un vino semplice e pulito come nei tempi passati. Dalla Georgia portò le sue anfore, abbandonando definitivamente l’utilizzo dell’acciaio. Raccontava: “Il vino nelle anfore vive, mentre nell’acciaio non respira… L’anfora è come un utero in cui il vino nasce per poi maturare nelle grandi botti, che a differenza delle piccole non lo influenzano troppo…”

Ci raccontò di suo figlio Miha, scomparso prematuramente, e della volontà di quest’ultimo di orientarsi verso la Ribolla Gialla, volontà che Josko fedelmente rispetta. Ci parlò di Aljosa, suo fidato collaboratore e ormai parte integrante della famiglia. Di quanta passione e amore questi mettesse nel condurre i lavori in vigna e in cantina. Il tempo passò molto velocemente con le mie domande che spesso lo sorprendevano per quell’ingenuità a cui probabilmente non era abituato. Perché io voglio capire… perché questa è la mia ricerca.

Nel nostro divagare, Bruno, il cane di Josko, ci faceva compagnia seguendoci da un locale all’altro. Improvvisamente fu attirato da qualcosa, e con scatto repentino urtò Sabrina che, avendo tra le mani un calice di Ribolla, me lo versò completamente addosso. Erano tutti visibilmente imbarazzati alla vista della mia camicia e del mio giacchino di pelle bagnati. Erano momenti così emozionanti che volli subito sdrammatizzare dicendo: “Ma ci pensate, avrò l’onore di avere la giacca alla Gravner!”. Credetemi… dopo pochissimo tempo le macchie si asciugarono alla perfezione senza lasciare nessun alone… quel vino, era proprio pulito!

Nel nostro giro di assaggi degustai tutte le annate. Ero un po’ titubante visto che sono abituata a bere pochissimo a causa di un’emicrania legata all’eccesso dell’uso di solforosa nel vino. Quel giorno nulla accadde, la mia testa era perfettamente lucida. Esterrefatta dissi: “A questo punto mi viene spontaneo chiedermi… ma che vini siamo abituati a bere? Ma quanta chimica viene introdotta?”.

Trascorsero tre ore senza che me ne rendessi conto; era arrivato il momento di congedarmi, senonché Maria insistette perché rimanessi a cena. Seduta a fianco a Josko chiacchierai tutta la serata passando da un argomento all’altro. Non dimenticherò mai le emozioni di quella giornata. Le ho volute raccontare per poterle rivivere ogni volta che le rileggerò.

Recentemente ho letto definire Josko “un eremita”. Non ho potuto far altro che sorridere, perché Josko è semplicemente un vignaiolo in terra d’Oslavia, simpatico e gioviale, che mi ha accolto come se fossi una persona di famiglia. Viticoltore Italiano conosciuto nel mondo per le sue ricerche e per la sua semplicità, un grande uomo che ho potuto conoscere ed apprezzare, che mi ha consigliato, e che mai dimenticherò!

Da allora appena posso, viste le distanze, torno a trovarlo. In quest’ultima occasione ho avuto il piacere di farlo con Michelangelo, bevendo dalla sua “coppa senza stelo” la sua amata Ribolla gialla, vino bianco friulano ottenuto dall’antico vitigno autoctono allevato nei colli Goriziani. Questa creazione è nata da un’idea maturata nel corso di un suo viaggio nel Caucaso durante la visita presso un convento di monaci sulle colline di Tbilisi in cui gli fu dato il benvenuto con del vino servito in coppe di terracotta. Come dice Josko: “Bere del Vino in una coppa senza stelo è molto diverso che da un bicchiere. Non vorrei essere frainteso, ma il gesto che la coppa ti impone verso il Vino è più intimo, più rispettoso, più umile…”

E ancora: “In molti mi deridono per questo mio essere, ma cosa volete sono vecchio per cambiare e alla fine sono felice di essere così. Non avrò denari da lasciare ma una Terra sana dove il sudore di mio padre Jozef e mio zio Franc non è stato versato invano. È a questi due uomini che ho pensato in questi anni di forti cambiamenti, e va a loro il mio primo e ultimo pensiero della mia giornata. E finalmente me l’immagino orgogliosi e sorridenti”.
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