Sicuramente molti di voi si saranno chiesti, uscendo dal supermercato, di che fantomatico materiale siano fatte le borse di similplastica che da un paio d’anni hanno sostituito i vecchi sacchetti della spesa. Per scoprirlo abbiamo intervistato un’imprenditrice legnanese che si occupa di riciclo di materiali in plastica: la biondissima e simpatica Giorgia Cantù, che da diversi anni, parallelamente all’attività di impresa, si dedica a ad alcuni progetti ambientali riservati alle scuole e alle giornate ecologiche organizzate dalle Associazioni No Profit.
La rivoluzione del sacchetto di plastica è iniziata nel 2007 con l’introduzione del cosiddetto “contributo ambientale”. “Per i nostri politici – esordisce Giorgia - educare il cittadino significa far pagare lo shopper alla cassa sperando in un riutilizzo dello stesso semplicemente perché ha un costo. Al di là di questa mia considerazione personale i fatti hanno dimostrato che alla fine paghiamo anche quelli BIODEGRADABILI AL 100% (e consentitemi il maiuscolo).”
Ma cosa si intende per bioplastica e quali sono le varie tipologie di sacchetti per alimenti attualmente in commercio? Giorgia ci propone una rapida carrellata.
“Il Mater-Bi ® è forse la più famosa fra le bioplastiche ed è semplicemente un nome commerciale dato a un prodotto studiato e brevettato dalla ditta NOVAMONT nel 1990. A base di biopolimeri con componenti naturali, nella sua formula tradizionale il Mater-Bi ® è composto da amido di mais, grano e patata e benché sia completamente biodegradabile e compostabile, la sua produzione e lavorazione è uguale a quella del Polietilene, materia prima utilizzata per il classico sacchetto di plastica definito “inquinante”; i più innovativi gradi di Mater-Bi ® utilizzano anche gli olii vegetali. Ci sono diverse altre bioplastiche, sempre ottenute da amidi (di mais, grano, tapioca, patate, da soli o in composizione fra loro). Cito solo alcuni esempi: il BIOPLAST GF 106/02® (della Biotec, a base di fecola di patate e co-poliestere), la Cereplast Compostables ®, il Vegemat ® (della francese Vegeplast), ricavati dall’amido dei cereali a forte componente di mais), il Biolice ® della Limagrain Cereales Ingrédients (LCI) ricavato dalla farina dei cereali e non dall’amido, a minor impatto ambientale perché i materiali derivati dall’amido necessitano di un forte utilizzo di acqua; visto che sul Cavolo c’è una sezione per bambini, ricordo anche il Bio Tecnomais (o B.T.M., brevettato dall’Università di Milano), fra le cui applicazioni più note ci sono le stoviglie di plastica ma soprattutto bellissimi giocattoli. Per finire, a titolo di curiosità, esiste anche una bioplastica ottenuta dagli scarti industriali della lavorazione delle patate (in pratica, dalle bucce): il canadese Solanyl ®.”
E riguardo ai costi? “La Bioplastica” incalza Giorgia “ha dei costi effettivamente più elevati del Polietilene, che dipendono, è chiaro, da quelli della materia prima. Però il Polietilene è un materiale più resistente, ed ecco perché si possono anche ridurre gli spessori del sacchetto diminuendo la materia prima impiegata, ottenendo comunque un sacchetto meno fragile rispetto a quello della plastica biodegradabile o bioplastica, e questo a costi inferiori.”
Insomma, il bio è sempre più costoso, anche in questo caso. Abbiamo chiesto allora a Giorgia se esistano sacchetti a basso impatto ambientale (anche se non completamente non inquinanti) realizzati a partire dalla plastica riciclata.
“Le direttive in materia di imballi alimentari sono molto rigide nel nostro Paese e ad oggi vige il divieto di realizzarli con plastica riciclata. I produttori devono utilizzare solamente materia prima certificata in base alla destinazione della stessa. Per esempio, se il nostro imballo servirà a un prodotto che deve essere conservato in frigorifero o in freezer dovrà contenere additivi che renderanno la plastica utilizzata innocua anche alle basse temperature. Idem per quelli da destinare a temperatura ambiente, che conterranno gli additivi “anti UV” capaci di preservare l’imballo dai danni provocati dai raggi solari.”
Come si può dunque responsabilizzare l’utenza dal momento che un sacchetto di plastica costa un terzo di quelli in materiale ecologico, e oltretutto è più resistente? Giorgia è tranchante. “Questa è una bella domanda alla quale non saprei dare una risposta. Da anni mi chiedo perché non abbiamo unificato gli imballi su un'unica tipologia di materiale. Prendiamo per esempio la bottiglia di plastica: qualcuna è fatta in PVC, qualcuna in PET. Tra l’altro il tappo è di un altro materiale non compatibile (Polietilene). Ciò significa che quello che mettiamo nel nostro sacco della differenziata oltre ad essere lavato deve essere ulteriormente selezionato per tipologia, e i processi produttivi aumentano i costi (che ricadono sui cittadini privati con la Tarsu) e determinano un inquinamento ambientale, un consumo di acqua, energia elettrica e smog. E che dire del TetraPack? In molti comuni la raccolta differenziata costerebbe troppo e quindi viene raccolto mischiato con altri materiali: un paradosso tutto italiano. Il sacchetto biodegradabile è riutilizzabile per la raccolta dell’umido: quindi credo che il costo elevato sia semplicemente “business”. Dal mio modesto punto di vista in Italia non si è mai adottata una vera politica educativa del consumatore, ma è sempre prevalso il discorso economico.”
Questo è stato il principale motivo per cui Giorgia ha iniziato ad occuparsi di progetti ambientali nelle scuole a titolo gratuito, differenziandoli a seconda delle classi. “Spiegare la ‘seconda vita’ della plastica, i processi produttivi del riciclo è il mio contributo personale che rivolgo ai giovani affinché siano motivati e incuriositi da questo mondo ‘riciclone’ che dovrebbe avere fra gli obiettivi principali la salvaguardia dell’ambiente. Anche semplicemente preparando per la scuola gli addobbi natalizi fatti con materiale di recupero, o vestiti di Carnevale, si può spiegare l’importanza del riciclo ai bambini. Quello che mi sta a cuore è far capire che la plastica da riciclare è una risorsa a tutti gli effetti. Per fare un banale esempio, la raccolta dei tappi di plastica è un ottimo mezzo per autofinanziare progetti benefici e solidali.”
Per approfondimenti:
http://materbi.com/normativa-sacchetti/
http://www.novamont.com/prodotto/default.asp?id=781
http://www.biolice.com/english/brochure_italy.html
http://www.facebook.com/pages/BioTecnoMais-BTM/172146529936
http://www.biosphere.eu/IT/bioplast_gf_106.html
http://www.solanylbiopolymers.com/about-solanyl.asp
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Dalle bucce di patata ai sacchetti per la spesa
La Bioplastica raccontata nelle scuole
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