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Una tradizione bosina: il mistero dei cammelli dell'Epifania

06 Gennaio 2012
Dolci zoomorfi della pianura padana
Se nel periodo che precede immediatamente l'Epifania, ossia praticamente dall'inizio dell'anno, vi capitasse di passare per le vie del centro di Varese, potreste pensare di essere in una città orientale: da tutte le vetrine delle pasticcerie e delle panetterie – che qui si chiamano prestini – vi saluteranno migliaia di cammelli di tutte le fogge e dimensioni, biondi o coloratissimi. Cammelli dolci, s'intende: perché a Varese il dolce tipico dell'Epifania è appunto il cammello di pasta sfoglia, liscio o ripieno di confettura o crema pasticcera, 'ritratto' solitamente in piedi ma anche seduto. Comunque, sempre abbondantemente glassato e gonfio, di una leggerezza quasi aerea, che è tipica proprio di questo dolce così stravagante conosciuto unicamente in area bosina.

Per la verità, passando in rassegna le vetrine, si scopre che anche la versione con la frolla è piuttosto gettonata. A Biumo Inferiore, ad esempio, un quartiere semicentrale, la prestinaia, signora Menotti, esibisce un intero arsenale di variopinti cammelli grossi e piccolini, dai prezzi decisamente abbordabili (non succede altrettanto per le lussuose vie centrali). Lei assicura che, da quando una trentina d'anni fa ha aperto l'esercizio, ogni anno alla Befana ha preparato cammelli sia di sfoglia sia di frolla. In effetti la questione dell'origine è piuttosto misteriosa: nessuno sa dire come e quando sia nata l'usanza, ma solo che è tipicamente varesina, e che fuori dalla città di Varese se ne sia cominciato a parlare proprio da poco.

Una tradizione non così strampalata, se ci pensiamo. Quand'anche fosse stata 'inventata' di sana pianta da un pasticcere locale – tanti indicano la pasticceria Buzzi di via Medaglie d'Oro, altri invece l'altrettanto rinomata Pirola – sarebbe giustamente in linea con il tema della festa dell'Epifania, ossia il giorno in cui i Magi arrivano in adorazione al Presepe. La questione della pasta sfoglia ha sempre però sviato le indagini: un dolce tradizionale di antica data non è certo mai a base di una pasta così elaborata, nata nella sua versione moderna in ambito francese, anche se conosciuta sin dall'antichità, anche se ma impastata con l'olio. Sicuramente, quindi, la versione sfogliata moderna è piuttosto recente, ed è frutto dell'arte pasticcera, anche perché sino a pochissime decine di anni fa la sfoglia non era commercializzata. Ma sono proprio quelle pasticcerie che la propongono nella più semplice frolla, a regalarci una possibile risposta. La frolla è una pasta maneggevole e tradizionale, da sempre usata per i biscotti fatti in casa; anzi, nella sua versione più antica, come riporta del resto l'Artusi, è realizzata con lo strutto, comunemente presente nelle dispense più povere.

Potrebbe dunque darsi che questi cammelli siano la versione nobile di un dolce molto più antico e popolare, di frolla o di pasta di pane. Ad esempio, uno di quei dolci zoomorfi di frolla che attraversano la Pianura Padana in tante fogge diverse, e che sono tipici delle festività ricorrenti nel lungo periodo invernale che inizia a San Martino (11 di novembre) e si conclude con la Candelora e San Biagio (2 e 3 febbraio). Qualche esempio simile? Proprio il cavaliere di San Martino, tipico di Verona. Fatto sta che la leggenda ci ricorda che dal Varesotto passarono nel XII secolo le reliquie dei Magi, un tempo custodite a Milano nella cattedrale di Sant'Eustorgio, poi trafugate dal Barbarossa e da lui donati all'arcivescovo di Colonia: costui, nel portarle nella sede tedesca definitiva, attraversò secondo le novelle locali i dintorni di Varese, anche se i documenti storici non ne fanno menzione e citano piuttosto un percorso tutto piemontese. Che sia verità o, appunto, fantasia, la presenza delle reliquie dei Magi in territorio bosino fece galoppare la fantasia dei contemporanei, tant'è vero che a partire dal XIII secolo fiorirono i cortei dedicati ai tre re orientali – i cui nomi si devono alla fantasia del venerabile Beda, l'ultimo padre della chiesa occidentale - nella solennità dell'Epifania. Resta comunque da chiarire il perché di questo dolce sia rimasta una traccia così indelebile solamente nel capoluogo.
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