Se chiudo gli occhi e penso a Modena, all'Emilia, nella mente si affastellano immagini e ricordi tra i più disparati. Innanzitutto, l'impetuoso 'riff' di chitarra con cui inizia 'Rozzemilia', dei Cccp - Fedeli alla linea, con Giovanni Lindo Ferretti, il cantante, che attacca: 'Sazia e disperata/Con o senza TV/Piatta monotona moderna attrezzata benservita consumata/Afta epizootica nebbia calce copertoni bruciati/Cataste di maiali sacrificati...'. Poi penso alla Rossa, sulla pista di Fiorano, mentre frena 'in scalata', affronta l'ultima curva prima del rettilineo dei box e, in uscita, riapre il gas e 'butta giù' di nuovo le marce. Penso alla Ghirlandina, la torre campanaria geminiana, da anni imprigionata in un telo che non mi piace e che diventa sempre più sporco a causa dell'inquinamento. Poi mi viene in mente la trattoria di Ermes, in via Ganaceto a Modena, il mio secondo ventre materno. L'odore, durante le feste di paese o di partito, della carne di porco, impareggiabile idolo culinario padano. La sacralità dell'aceto balsamico tradizionale. L'immensa pianura che si distende verso il Po. La briscola. Francesco Guccini che canta 'Piccola città'. I caseifici. L'odore della campagna nelle lunghe e afose notti d'estate.
Potrei continuare all'infinito, sempre in ordine sparso. Decido, invece, di fermarmi al Lambrusco, il grande vino rosso frizzante di Modena. È il vino che celebra la giovinezza, perché muore prima d'invecchiare. Atletico, ginnico, poliedrico, sa abbinarsi con successo a molteplici piatti regionali italiani. Un vino che, appena lo si versa nel bicchiere, diviene motivo di allegria. Beverino, senza complessi. Schietto, come la gente che lo produce. Il nostro 'red Champagne' è divenuto, a giusta ragione, il vino rosso italiano più venduto nel mondo. Un successo senza pari, che parla da solo. Se penso a Modena, dunque, penso anche al Lambrusco. Di Sorbara. Perché per me, il Lambrusco - senza nulla togliere alle altre varietà - è quello di Sorbara. Un vino antico nato moderno, come ha scritto mille volte il giornalista e gourmet Sandro Bellei, in tempi non sospetti, suggerendo uno slogan che il marketing locale non ha mai raccolto. Il Sorbara racchiude in sé passato e futuro. Il suo sapore asprigno, la sua spuma vivace, il suo fresco profumo di violetta e il suo colore (lo stesso delle auto da corsa più famose al mondo), ne fanno il perfetto paradigma di una terra, quella modenese, che sa sempre rinnovarsi, adattarsi a qualunque situazione, farsi volere bene, socializzare, costruire, guardare al futuro con fiducia, mantenendo però i piedi ben saldi a terra.
In vino veritas, in Sorbara felicitas!
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