Archivio Storico 2011-2017

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Il marigòsu

14 Giugno 2011
Gli amaretti sardi: una golosità
Nei miti greci si narra la leggenda sulle mandorle, associata alle storie d'amore. Si racconta che Demofoonte, figlio di Metanira e Celèo, chiese in sposa la figlia di Sitone (il re della Tracia), Fillide.
Per una disgrazia, Celèo morì e Demofoonte dovette tornare ad Atene per il funerale del padre, promettendo di tornare in tempo per il matrimonio. Tornò però tre mesi più tardi, e Fillide, nel periodo in cui aspettava l'amato, si convinse che non sarebbe più tornato e allora decise di impiccarsi. Gli dèi, commossi da tanto amore provato da Fillide, la trasformarono in un mandorlo.
Distrutto dal dolore, Demofoonte dichiarò il suo amore per Fillide e offrì un sacrificio al mandorlo. In quell'istante il mandorlo fiorì, come risposta alle sue parole. Così il mandorlo divenne simbolo dell'amore eterno.
Non solo, i fiori di mandorlo hanno ispirato diversi famosi pittori, uno per tutti Vincent Van Gogh, che, alla nascita di suo nipote dipinse 'Ramo di mandorlo in fiore'.
Nella storia, i Micenei, che ebbero scambi commerciali con i Sardi, importarono il mandorlo il cui seme, macinato, intero o a pezzetti, è presente nei dolci tipici per il matrimonio, e uno di questi è il marigòsu, meglio conosciuto come amaretto sardo.

Ecco la ricetta:

Si tritano finemente 700 gr di mandorle dolci(spellate) e 150 gr di mandorle amare, si versano in un contenitore, si aggiunge la scorza grattugiata di 2 limoni, 700 gr di zucchero e circa 8 albumi montati a neve. Si mescola tutto e se l'impasto risultasse troppo morbido, si aggiunge una o due cucchiaiate di semola fine. Dopo aver fatto riposare almeno un'ora l'impasto, si prepara una piccola ciotola con dell'acqua dove inumidirsi le mani per non far attaccare l'impasto, e si fanno delle palline della grandezza di una noce. Su un piatto si mette della semola che servirà solo per il fondo della pallina, appoggiandola lì sopra. Si affonda una mandorla intera al centro di ogni singolo amaretto e infine si collocano su una teglia, ben distaccati. S'infornano per circa 30 minuti, il tempo di dorarsi, a 150°.
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