Archivio Storico 2011-2017

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Il caffè

28 Aprile 2011
Soprattutto un gesto di amicizia
La mia storia d'amore con il caffè è iniziata nel 1983 quando nei caldi pomeriggi di luglio con la mia amica Rosanna ci si dava da fare per prepararci al fatidico esame di stato. Rosanna che era già un'accanita fumatrice, accompagnava le sigarette a sorseggi di caffè, io invece non lo mettevo nemmeno nel latte a colazione. Finché un giorno abbiamo deciso di studiare in gruppo e ci siamo riunite in otto a casa di Rosanna, inutile dire che non abbiamo studiato affatto, perchè ad ogni pausa con il caffè c'era qualche intrallazzo da raccontare, come se quella tazzina di caffè fosse l'incipit ad aprire il cuore alle altre.
Così senza nemmeno rendermene conto, mi sono ritrovata con la tazzina tra le mani ed il piacere immenso di raccontarmi alle mie amiche.
Può sembrare un banale luogo comune ma a Napoli il caffè è questo: un atto di socievolezza, un piccolo spazio quotidiano in cui aprirsi all'altro, un gesto d'amicizia. Infatti fino a qualche anno fa c'era la consuetudine del "caffè sospeso" ovvero quando una persona entrava al bar e consumava caffè, ne pagava uno in più per una persona che sarebbe passata successivamente e c'era addirittura chi ne pagava 3 o 4 in più.
A Napoli il caffè ha una ritualità antropologica che per la sua importanza è stato spesso decantato nella letteratura teatrale partenopea, (indimenticabile la scena della commedia "questi fantasmi", in cui Eduardo dà una vera lezione per come realizzare un buon caffè), nella musica con molte canzoni e anche nella cinematografia.
Recentemente è uscito il film: "Benvenuti al sud" in cui più volte si evidenzia la consuetudine dei napoletani ad offrire un caffè per mostrare la propria amicizia.
Detto questo non vuol dire che a Napoli ovunque si beve un caffè è buono; essendo un atto rituale, per avere un buon risultato finale deve seguire delle regole precise: innanzitutto è importante la persona che lo prepara, la quale deve farlo con amore, se fatto tanto per... Allora meglio optare per un thè.
Dunque, se entrate in un bar osservate innanzitutto l'accoglienza del barista che, senza chiedervelo, vi offrirà un bicchier d'acqua e poi si accingerà a prepararvi il caffè, se invece dovete chiederla l'acqua, mi dispiace avete beccato il bar sbagliato.
Altra regola importante, il caffè deve essere amaro, deciderete voi se e quanto zuccherarlo, se ve lo porgono già zuccherato nasconde un retrogusto amaro, tipico dei filtri riciclati: il caffè va cambiato ad ogni tazzina.
Se invece vi offrono o vi preparate un caffè in casa allora le regole cambiano, solo la dose d'amore di chi lo prepara è uguale, l'acqua deve essere fresca di rubinetto; mai usare l'acqua calda per abbreviare il tempo; se non ne avete di tempo non prendete il caffè, la giusta quantità si ha quando, mettendo il filtro sulla caldaia con l'acqua, ne rimane un po' sul fondo del filtro stesso.
La dose di caffè è ad occhio, si riempie il filtro e poi si schiaccia leggermente con il cucchiaino, poi tenendo tra il pollice e l'indice della mano il filtro, si aggiunge altro caffè fino a formare un monticello sul quale si fanno tre forellini con uno stuzzicadenti, poi si chiude bene la caldaia e si ripone sul fuoco basso.
Appena comincia a borbottare ed il caffè inizia a salire, si spegne il fuoco e si lascia terminare la risalita del caffè a fuoco spento.
A questo punto si serve il caffè nelle tazzine (mai nei bicchierini di carta), e si dolcifica a piacere, molti apprezzano i bicchierini di vetro.
La caffettiera non si lava mai con il detersivo e più invecchia più rende il caffè buono, perciò va usata tanto.
Ricordate sempre che il caffè è un gesto d'amore per l'anima ed un piacere per le papille gustative, pertanto se non è buono è un doppio danno.
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