Archivio Storico 2011-2017

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Carciofi alla romana

31 Gennaio 2011
"vegetale armato, tenero cuore vestito da guerriero"
Che sia alla romana o alla giudia, cotto alla brace o fritto in pastella, il carciofo nel Lazio gode di un apprezzamento fuori dal comune.
Qui il Carciofo (Cynara scolymus) è quello Romanesco del Lazio, detto cimarolo o mammola, che l’Unione Europea ha fregiato con l’Igp (indicazione di origine protetta).
Si tratta di una varietà di carciofi non spinosi, dalla forma tondeggiante e compatta, di peso e dimensioni notevoli. Le foglie morbide, di colore verde cenerino con sfumature violette, sono piuttosto carnose, dal sapore dolce e gradevole.
Viene coltivato in varie zone della regione, in particolar modo tra Roma e Civitavecchia, i più conosciuti sono quelli di Cerveteri, Ladispoli, Allumiere, Campagnano di Roma, Fiumicino, Santa Marinella, Tolfa, Lariano e Sezze.
Molte sono le sagre che tra aprile e maggio celebrano questo saporitissimo ortaggio, tra queste la Sagra del Carciofo Romanesco di Ladispoli è forse la più rinomata. Giunta alla sessantesima edizione, si svolge nella seconda decade di aprile, promuovendo prodotti e piatti dell’enogastronomia tradizionale romanesca in un crogiuolo di profumi, sapori, delizie ed eccellenze.
Qui il carciofo viene utilizzato anche per addobbare gli stand allestiti sulla piazza principale oltre ad essere cucinato all’aperto nei padelloni o sulla brace in svariati modi.
A Lariano il carciofo viene omaggiato il giorno della festa dei lavoratori e cotto sulle cosiddette “matticelle” di legna di vite su un letto di brace ed accompagnato dal famoso pane di Lariano e da vino locale.
E ancora la Festa del Baccanale a Campagnano di Roma che culmina con la “Scarciofata alla campagnanese” o la Sagra del Carciofo di Sezze che annovera tra le sue specialità a base di carciofo anche l’Elisir, Amaro al Carciofo Setino.
Il carciofo è noto fin dall’antichità, Lucio Giunio Columella, scrittore romano di agricoltura vissuto nel primo secolo d.C., racconta che il terreno di coltivazione del carciofo veniva cosparso di cenere, da quì il nome Cynara, mentre per la mitologia Cynara deriverebbe dai capelli color cenere di una fanciulla della quale si era innamorato Giove che la trasformò in una pianta di carciofo.
Tracce del carciofo romanesco sono state trovate in alcune tombe della necropoli di Tarquinia, dove sono raffigurate le foglie delle mammole.
Ma i carciofi hanno stuzzicato spesso anche il verseggiare dei poeti, Pablo Neruda lo ha definito “vegetale armato, tenero cuore vestito da guerriero”
E sentite come Giuliano Malizia, poeta e cultore delle tradizioni romane, decanta i carciofi alla romana:

"Si voi magnà un carciofolo speciale,
lo sceji romanesco cimarolo
sur banco de Checchino er vignarolo,
che venne tutta robba vegetale.
Lo capi assieme al trozo e lassi solo
la parte tenerella, su la quale
strofini un pò de pepe e un pò de sale.
Ner bucio poi ce ficchi, uso cannolo,
no spicchio d'ajo, la mintuccia e sopra
ce butti l'ojo, che va un pò allungato
coll'acqua necessaria che lo copra.
Sur foco lo rigiri in cazzarola
e, quanno er sugo è bell'e ritirato,
te pòi permette de peccà de gola".


CARCIOFI ALLA ROMANA

8 carciofi cimaroli
1 limone
1 spicchio d’aglio
2 cucchiai di menta romana
2 cucchiai di prezzemolo
50 gr di pangrattato (facoltativo)
olio extra vergine di oliva
sale

Come scegliere i carciofi romaneschi.
I carciofi devono essere pesanti, compatti con le punte ben chiuse, le foglie consistenti, carnose e di colore intenso. Il gambo deve risultare sodo al tatto e, una volta aperta la testa del carciofo, il fieno o peluria all’interno di essa non deve essere abbondante.

Pulire i carciofi con dei guanti o strofinandosi preventivamente le mani con del limone per evitare che si macchino. Togliere le foglie esterne più dure in senso rotatorio, tagliare il gambo lasciandone circa 4 centimetri e sfilarlo, alleggerendolo della parte più coriacea, con un pelapatate o un coltellino affilato.
Cimare il carciofo a circa 2/3 della sua altezza tagliando così le punte e metterlo in acqua e limone affinché non si anneriscano.
Lasciare i carciofi nell’acqua per circa 20 minuti nel frattempo preparare un trito di prezzemolo, menta romana, aglio e mescolarlo con olio, sale e pangrattato (facoltativo).
A questo punto prendere i carciofi aprirli al centro come un fiore e togliere l’eventuale peluria con un cucchiaino, quindi riempirli con il trito preparato in precedenza.
Disporre i carciofi a testa in giù in una casseruola con un dito abbondante d’olio, mettere la pentola sul fuoco a fiamma viva per circa due minuti in modo da far abbrustolire la punta dei carciofi, dopodiché abbassare un poco la fiamma ed aggiungere circa un bicchiere d’acqua, fino a metà della testa dei carciofi, coprire con un coperchio e lasciare cuocere per 20/30 minuti.
Controllare la cottura pungendo i gambi con una forchetta e servire sia caldi che freddi cosparsi con il sughetto di cottura.
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