Una terra ricca di cultura, l’Istria, con tradizioni dalle origini più varie, da una parte il patrimonio culturale della Venezia Giulia, Trieste, Istria e Dalmazia e dall’altra il mondo asburgico, che a sua volta riecheggia sapori ebraici, greci, ungheresi, boemi, balcanici e turchi, tramandati con amore e rispetto anche a chi, come me, è parte della famiglia da poco più di 30 anni. Gli esuli istriani, poi, proprio perché hanno perso la loro madrepatria (il 10 febbraio è stato il giorno del ricordo), si tengono in stretto contatto fra loro e sono particolarmente legati alle tradizioni, soprattutto quelle culinarie. Ecco allora che ogni occasione è buona per incontrarsi, scherzare, ricordare, “ciacolar” e “magnar”, e anche le nuove generazioni sono coinvolte, talvolta avendo in famiglia anche uno solo dei nonni istriani.
Uno dei primi piatti istriani che ho assaggiato, ancora fidanzata e del tutto inconsapevole di quelle che sarebbero diventate le tradizioni anche della mia vita, è stata la “jota”, una tipica minestra a base di crauti e fagioli. Al primo cucchiaio colpisce per quell’acidità che sembra coprire gli altri sapori, ma poi gustandola, si sprigiona quell’insieme di profumi che la compongono, soprattutto l’affumicato delle salsicce di Cragno, a grana grossa, prodotte originariamente nel territorio di Lubiana, ma molto diffuse anche nella vicina Istria e nel triestino. In passato, per iniziare un buon pranzo era d'obbligo la minestra. Oltre alla jota, molto amate erano anche le minestre a base di fagioli e granoturco (minestra di bobici) o di orzo e fagioli, anch’esse trasversali in tutto il territorio, in un raffinato viaggio fra sapori dove convivono mediterraneo e mitteleuropa.
Il ricettario che ho avuto in eredità da mia suocera è pieno di appunti ed aggiunte scritti a mano, frutto di esperimenti e modifiche personali: un libro vissuto, che sono onorata di possedere. Raccoglie ricette triestine, istriane e dalmate scritte da Iolanda de Vonderweid, ed è stato pubblicato nel ‘72 dall’editrice Lint di Trieste. Dopo anni passati a gustare la jota di mia suocera, abbiamo iniziato a sperimentare la nostra versione: l’approccio con questa ricetta è stato laborioso, ma di successo e con noi l’hanno gustata amici provenienti da tutte le parti d’Italia, con grande soddisfazione!
Ecco la ricetta tratta dal mio libro preferito, personalizzata secondo i nostri gusti.
Ingredienti: 750 gr di crauti cappucci acidi in scatola o “in mastella”, che sono ancora migliori, 500 gr di fagioli borlotti secchi, 3 patate, olio extra vergine di oliva, aglio, scalogno, 2 salsicce di Cragno o comunque delle buone salsicce senza finocchio, 100 gr di pancetta affumicata, brodo di carne oppure acqua, sale e pepe macinato al momento. La jota prevede di cuocere gli ingredienti in tre pentole separate, le patate, i fagioli, che vanno tenuti a bagno per una notte in acqua fresca e poi lessati ed i crauti, che vanno rosolati nel soffritto di aglio, scalogno e pancetta e poi cotti per un’oretta mescolando frequentemente per non farli attaccare alla pentola. All’inizio si aggiungono semi di cumino, una foglia di alloro e due dita di vino bianco secco e poi acqua,. Passare al passaverdure le patate e metà dei fagioli, unire ai crauti, aggiustare di sale e pepe ed aggiungere il resto dei fagioli bolliti. Unire circa mezzo litro di brodo o di acqua. La minestra deve risultare abbastanza densa ed è ancora più buona se mangiata il giorno dopo.
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