Il 13 novembre si è svolto a Mestre al ristorante Baccalà Divino un interessante show cooking di Igles Corelli, da sempre considerato una tra le figure più geniali della cucina italiana. (Di questo, però, vi parlerò in un altro articolo, prossimamente) che ha visto protagonista la Vastedda della Valle del Belìce Dop, un formaggio siciliano di pecora a pasta filata, che viene prodotta nelle province di Trapani, Agrigento e Palermo. Il latte proviene da pecore autoctone della valle del Belìce.
Ha il riconoscimento dop ed è prodotta secondo l'antica tradizione, con latte e caglio prodotti esclusivamente in loco.
Il disciplinare è abbastanza rigido: il latte crudo ovino intero di una o al massimo due mungiture viene riscaldato in caldaie di rame, poi innestato con caglio di agnello, sempre appartenente alla stessa razza, quindi la cagliata viene rotta in minuscoli pezzi e lasciata rassodare per qualche minuto. La pasta ottenuta è depositata in canestri di giungo e lasciata maturare qualche ora, infine viene tagliata a fette, messa in tinozze in legno, ricoperta di acqua calda sugli 80°, poi dopo 7-8 minuti viene filata con l'ausilio di una paletta di legno. Quando ha raggiunto giusta, i casari staccano delle porzioni che lavorano a sfera e richiudono nel punto di distacco per non far entrare aria. Infine le vastedde vengono messe in un piatto fondo di ceramica. Dopo dodici ore vengono salate da 30 minuti a 2 ore in salamoia, messe ad asciugare per un giorno, ed ecco la Vastedda pronta per esser consumata.
Va mangiata fresca, non si presta a stagionatura. L'abbinamento ideale è con marmellate e gelatine, ma meglio, a mio parere, nel modo tradizionale: un filo di olio, sale e origano sul pane.
Per salvaguardarla è stato istituito un Consorzio di tutela con sede ad Agrigento, il cui presidente è Massimo Todaro, che ha ottenuto la dop ed è riuscito a farla diventare un Presidio Slowfood, in quanto questo, che è uno dei pochissimi formaggi ovini a pasta filata, si presenta come testimone e patrimonio culturale del territorio.
La produzione di quest'eccellenza è abbastanza limitata: vi sono nella Valle del Belìce 7 allevamenti con una media di 4-500 pecore ciascuno. Ogni allevamento ha il suo caseificio e trasforma subito il latte crudo.
Attrezzature e tipologia di lavorazione sono tradizionali. Infatti, questi produttori sono riusciti a ottenere la deroga alle norme vigenti in modo da poter continuare a utilizzare il legno, nei pori dei quali si annidano batteri caseari che danno a questo formaggio profumi e sapori veramente particolari.
Grazie a Selecta per averci fatto degustare quest'eccellenza di una terra lontana.
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Vastedda della valle del Belìce
Dalla Sicilia, un formaggio ovino a pasta filata
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Papille gustative