Me lo hanno fatto conoscere i gentili produttori dell’azienda “Speranza” di Giano dell’Umbria, incontrati in occasione della Fiera “ViniVeri” a Cerea.
La parola zafferano deriva dal latino safranum, che a sua volta deriva dall’arabo asfar, che tradotto indica il colore giallo. E’ originario dell’area compresa tra Creta e il Medio Oriente. In Italia alcuni testi attribuiscono il suo arrivo grazie ad un monaco che, arrivato dall’Oriente con i primi bulbi, si è fermato in terra aquilana.
Questa spezia ha origine dagli stimmi contenuti nel fiore violaceo nato da bulbi-tuberi piantati nel mese di Agosto e raccolti ad Ottobre.
Ottenere lo zafferano richiede una paziente e lunga manodopera.
I fiori vanno raccolti a mano uno ad uno la mattina, quando sono ancora chiusi.
In ognuno sono presenti dai tre ai cinque stimmi che, una volta estratti, vengono messi ad essiccare. Pensate che in una bustina ci sono circa sessanta pistilli, e che, per ottenere un chilogrammo di zafferano, sono necessari almeno centocinquantamila fiori. Motivo per cui è facilmente comprensibile la sua definizione di “oro giallo”.
Le virtù terapeutiche di questa pianta sono ben note fin dai tempi dei Fenici e degli Egizi che lo utilizzavano come unguento e profumo. Contrasta l’invecchiamento cellulare, è decongestionante, antidepressivo, e, dulcis in fundo... è afrodisiaco.
Ma non dimentichiamo i suoi molteplici usi in cucina. Mia nonna paterna ad esempio lo utilizzava per condire le tagliatelle che, da buona mantovana, preparava rigorosamente a mano. Faceva soffriggere lentamente nel burro la cipolla tagliata sottile e in abbondanza fino ad imbiondirla. Aggiungeva poi del brodo e una bustina di zafferano. Cinque minuti di cottura giusto per amalgamare gli ingredienti, e… voilà, les jeux son fait. Buon appetito!
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Lo zafferano, pianta dalla fragranza incomparabile e inebriante
Le tagliatelle con gli stimmi afrodisiaci
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Papille gustative