Era un giovedì qualsiasi, un giovedì come un altro. A pensarci bene, però, forse non era un giovedì così banale; era il 28 dicembre e, come ogni anno, ero impegnata nella difficile e nobile arte del riciclo post natalizio.
Arancini di risotto, polpette d’arrosto, insalate di bollito e cappone, zuccotto di panettone e spuma di mandorlato si susseguivano incalzanti sulla mia tavola con crescente preoccupazione dei componenti della famiglia. “Aiuto, quando finirà questa sofferenza?” Era questo, sono sicura, il loro pensiero sotto gli apparenti sorrisi di circostanza. Il pericolo reale di mangiare a Pasqua un po’ del pranzo di Natale, stava diventando sempre più concreto. “Stop, basta con il riciclo, adesso mi guardo Masterchef, magari prendo ispirazione per qualcosa di nuovo”, pensai convinta.
Squilla il telefono; è Teresa, la direttrice del Coro parrocchiale: “Roberta, stasera ci sono le prove. Vieni?” Panico, proprio stasera che c’è Masterchef, che disdetta! “Mi dispiace Teresa” rispondo mentendo sapendo di mentire “ho un terribile mal di testa. Se mi passa, vengo di sicuro.” Ecco, pericolo passato. Adesso devo solo convincere i miei uomini a cedermi il televisore abilitato SKY. Tranquilli i miei uomini sono marito e figlio, nulla di dissacrante; non sono mica Daiana Cecconi io!
Andrea deve uscire e Loris, come lo convinco? Beh qualche argomento nonostante l’età matura ce l’ho ancora. Voi lo chiamate ricatto? Io la chiamo promessa di coccole e sono sicura che anche lui, alla fine, sarà contento di essersi perso il film! Ho letto tante critiche a questo programma, qualcuno lo chiama tv spazzatura, altri dicono che sia una trasmissione inutile perché non insegna nulla e si limita a disprezzare senza spiegare l’errore e senza proporne la soluzione. Io credo che i tre giudici debbano in qualche modo recitare il loro ruolo. A volte magari esagerano con le parole e i gesti, ma fa parte del gioco.
Tutto risolto, dunque. Accoccolata sulla poltrona, copertina di pile fino al collo, scorta di mandarini sul tavolino e anche un bel grappino di prosecco a portata di mano mi sento in paradiso; ragazzi, cosa posso desiderare di più? “Magari qualche pezzettino di cioccolata di Modica al peperoncino, non sarebbe male” chiedo a mio marito. Il suo sguardo ironico è tutto un programma: ”Sei proprio candidata al girone dei golosi.” Replica; si alza, però, e va a prenderlo. Se questo non è amore!
Il tema dell’Invention Test di questa sera è scelto da Suien, vincitrice della prova “Mistery Box” con i suoi ravioli euro asiatici al vapore. Si tratta di una “Terrina di peperoni con uovo in doppia cottura”, ricetta di Spiros, il vincitore dell’anno scorso; è davvero complicata soprattutto per chi non ha avuto il vantaggio di conoscere i suggerimenti dei giudici. L'unico uovo cotto due volte che conosco è lo Scotch Egg che mi facevano in Inghilterra, ma più che un secondo era un pugno nello stomaco! Siuen vince anche questa prova, mentre è un disastro per quasi tutti gli altri. A farne le spese è Regina. Con i suoi gnocchi aveva stupito anche gli chef, ma questa volta deve cedere il grembiule. Peccato, l’avevo messa tra i probabili vincitori.
L’uovo mi piace, fa proprio al caso mio, sono un’esperta del settore. Ho gestito con mio marito un allevamento di polli in Romagna, sono stata finalista di Miss Tagliatella, ho fatto il dolce di nozze di mia figlia impiegando la bellezza di 250 uova tra Pan di Spagna e crema pasticcera e, soprattutto, sono padovana. E qual è la gallina che più gallina non si può? Ma la gallina padovana, naturalmente!
Mio marito si è appassionato al programma e mi sfida: “Saresti uscita anche tu, non mi hai mai fatto un uovo in camicia. Significa che non sei capace. Friggerlo poi, impossibile. Secondo me si sarebbe rotto, non hai abbastanza delicatezza e manualità.” Ma guarda un po’ che antipatico. È la sua sottile vendetta per essersi alzato a prendermi la cioccolata, per caso? Glielo faccio vedere io di cosa sono capace. Dopo quarant’anni di pranzi e cene nelle quali ho cucinato di tutto, dalle lepri alle anguille, dal baccalà alla vicentina fino alle trippe e al “musso in tecia con polenta”, sempre pronta ad accogliere orde di amici affamati, lui, l’ingrato, osa mettere in dubbio le mie arti culinarie. Non sopporterò più a lungo l’offesa, accetto la sfida, caro il mio maritino, e vincerò.
L’uovo in camicia riesce al primo colpo, il problema è come far attaccare bene il pane e le olive. La superficie dell’uovo è liscia, così scivolosa che il soggetto mi sfugge dalle mani. Loris ridacchia. L’infame denigratore sembra contento del mio insuccesso. Ma l’uovo non si è rotto e il tuorlo s’intravede oscillare sotto l’albume rappreso; significa che è ancora liquido. Ben ti sta, vile traditore di mogli indifese! Mi viene un’idea. Quando si fanno le cotolette di pollo, prima s’infarinano, si passano nell’uovo sbattuto e poi nel pane. Magari è questo il segreto dello chef. Escludo la farina, rischio il mappazzone; provo solo con l’albume, la parte più collosa dell’uovo e pare che funzioni. Il risultato è sufficientemente buono, ma non perfetto. Intanto il consorte si è convinto che me la sono cavata, ma non mi dà piena soddisfazione. “Senza infamia e senza lode” canticchia il ragazzaccio.
Passa qualche giorno e riprovo; questa volta passo l’uovo in camicia nell’uovo intero, ben sbattuto e leggermente salato. Bingo! È meraviglioso, c’è l’ho fatta, la crosticina è omogenea e compatta. Ebbene sì, sono un genio!
Che bella storia, vero? Peccato che io le bugie non le sappia proprio dire. È tutto vero, ma la dritta di usare l'uovo intero non è farina del mio sacco, lo ammetto; me l'ha data uno chef molto, molto, ma molto simpatico. Non vi dirò mai chi è. I segreti li so mantenere, io! Accontentatevi delle istruzioni.
A proposito dell'uovo, vale la pena di fare tutto questo lavoro perché cotto in questo modo è davvero buono, leggero e saporito. Provate anche voi!
x5
L’uovo di Spiros e la gallina padovana
Il segreto per evitare il mappazzone
Pubblicato in
Papille gustative