La neve ha già fatto la sua comparsa. Le temperature, dopo un autunno lungo e stupendo, sono precipitate. A chi segue su CavoloVerde le mie idee ronzanti e mellifere forse sarà sorta nel tempo, qualche volta, una domanda: ma cosa fanno le api in inverno? Dove spariscono? Come superano questa difficile parte dell'anno?
Già avevo accennato in altri articoli ad una parola strana e a molti di voi, immagino,sconosciuta. Il glomere. Cos'è questa strana parola legata in modo speciale alle api ed al loro geniale istinto di sopravvivenza?
Partiamo da alcune considerazioni. Le api formano una comunità , lo sciame, che può arrivare a 50-60 mila insetti uniti attorno ad un'unica ape regina madre. Tutte insieme, la regina, le api, i fuchi, formano un vero e proprio super organismo che ragiona e rinasce, si potrebbe dire, in eterno. Tanto in estate l'attività di produzione di miele, polline e larve che diverranno nuove api è massima, tanto in inverno il tutto si ferma, rallenta si spegne, ma solo per accendersi da un'altra parte.
Le api infatti non escono più dall'alveare quando la temperatura esterna scende sotto i 10-12 gradi. Ma cosa fanno dentro l'alveare? Come riescono a vivere anche quando le temperature esterne possono arrivare a 10-20 gradi sotto zero?
Dentro l'alveare, che il pastore delle api, l'apicoltore, in inverno pone in zone in genere più riparate, protette e pronte a ricevere in pieno ogni piccolo, fugace raggio solare eventuale, succede una cosa direi quasi magica. Qualcosa che assomiglia ad una danza del fuoco, ad un abbraccio caldo, immenso e infinito. Qualcosa che mette al centro dell'azione e dell'attenzione comune delle migliaia di api della famiglia la salvaguardia della regina e perciò della vita che questa può e deve garantire allo sciame. Le api così, ad un certo punto, sentendo, con le loro antenne, che sono piccoli termometri di precisione, la temperatura all'interno dell'alveare diminuire, si dispongono, si preparano e formano il glomere; un ammasso di decine di migliaia di api tutte strettamente legate l'una alle altre in una specie di palla viva, un pianeta ronzante, con al centro nel suo nucleo la regina. Questa palla di vita al suo interno rimane costantemente, per tutto l'inverno, a quasi 30 gradi in modo che la regina e gran parte delle api interne al glomere siano sempre al caldo vitale che permette loro di superare l'inverno esterno rigido e gelato. E qui entra in gioco l'amore dell'uomo verso questi insetti, per i quali l'apicoltore predispone e garantisce una casa sicura, protetta e salvifica in cambio dei mieli che gli sono stati regalati durante la stagione dell'abbondanza.
Ma questa specie di "stufetta vivente", il glomere, quale strana energia usa per alimentare il suo fuoco invisibile?
Facciamo ancora insieme, se mi volete seguire, un passo indietro. Andiamo ad un tempo nel quale noi esseri umani non esistevamo, ma le api sì. Loro, riunite in un super organismo la cui intelligenza era ed è molto più della somma delle intelligenze dei singoli, capirono che il sole, la stella dalla cui energia dipende la vita sulla terra, dialogava energeticamente con i fiori e gli alberi e loro, le api, riuscivano a capire la sottile e precisa lingua telepatica dei vegetali. Loro, gli esseri viventi vegetali, catturavano l'energia vitale del sole dentro nettari e linfe; le api, su invito dei fiori e dei grandi alberi, prendevano il "sole liquido" dei nettari e delle linfe e lo trasformavano in... mieli.
Il miele è il carburante di quella stufetta ad energia solare che si chiama Glomere. Le api bruciano "miele di sole" dentro se stesse e producono calore. Il sole così torna a splendere in microscopici soli interni. Migliaia di soli in migliaia di api. Come?
Le api, utilizzando e mangiando la loro scorta di sole incamerata nei mieli che loro hanno immagazzinato nel favi del loro nido, usano questa energia per far vibrare i loro muscoli più potenti: quelli del volo. Quelli che attivano e fanno vibrare sonoramente le ali. Questi muscoli potenti e speciali, allenati da ore di volo, possono essere scollegati dal battito alare e vibrare in stand by, senza volo, come farebbe un motore di aereo che si preriscalda in pista.
In questo modo l'ape produce calore. Lo può fare per circa 30 minuti consecutivi poi cede, stremata.
Deve riposare, rifocillarsi nuovamente, dormire.
Ma subito un'altra sorella o sorellastra vicina prende il suo posto, inizia a sua volta a vibrare, a scaldare. Così il bio-reattore solare non si spegne mai.
L'ape che ha riscaldato le sorelle emigra piano piano verso la periferia del glomere per rifocillarsi e riposarsi. Altre che erano più esterne certamente infreddolite, ma sazie dopo aver mangiato mieli, rientrano nel Glomere scaldandosi e poi riscaldando a loro volta bruciando miele; il loro sole interno.
Nessuna scoria, nessun fumo, nessun inquinamento, solo vita calda... da miele. Tutto ciò porta la famiglia, certo con tante perdite di vite da parte delle operaie riscaldatrici, ad uscire sempre o quasi sempre vittoriose dal gelido inverno. Poi quando in primavera il sole tornerà potente e diretto a riscaldare aria, prati ed arnie, il ciclo di cattura del sole che diventa mieli ricomincerà. Eterno. Noi apicoltori cerchiamo e amiamo entrare in punta di piedi in questo gioco sacro del sole, dei fiori, delle api e della vita. Ne chiediamo un poco in regalo di questa vita dolce. Dolce e profumata. Lo facciamo in grande maggioranza per amore, per noi stessi e per voi. Si chiamano mieli questi regali magici delle api.
Ricordatevelo quando avrete in bocca un po' di "sole dolce". È un regalo sacro di collaborazione amorevole tra i fiori, gli alberi e le api, per il quale dovremmo ogni volta dire grazie in una vera preghiera.
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