Nella nostra carrellata sulle tecniche del risotto ci imbattiamo oggi nella scelta del riso da adoperare, fondamentale per la riuscita del piatto, e spesso anche di non facile definizione.
Ricordiamo velocemente le categorie merceologiche con cui si classificano i risi italiani: tondo, fino, semifino e superfino. A dispetto delle mode, lanciate soprattutto dai media sulla scorta di una superficiale conoscenza dei risi e del loro comportamento, anche un riso minuto e tondeggiante come l'Originario può dare un ottimo risotto: il chicco piccolo, solitamente ghettizzato in cucina, e riservato agli usi dolciari o a poche minestre tradizionali, è il più amato dai bambini, in primo luogo perché intenerisce bene senza rimanere troppo al dente, e poi perché è molto amidaceo e regala ottimi risottini all'onda. Ha anche dei costi molto contenuti (circa un euro per un kg di peso, anche per i risi di alta qualità) e il vantaggio di cuocere in tempi rapidi (circa 12, 13 minuti); è l'ideale da usare per i primissimi risotti a partire dallo svezzamento, o per creme e basi di omogeneizzati.
Stesso discorso per i risi semifini, sempre tondeggianti ma dal chicco più allungato. Il Maratelli, il riso della celebre paniscia, è stato fino agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso il simbolo del riso italiano e sinonimo in tutto il mondo del risotto. A lungo caduto in oblio a causa di frodi alimentari che ne intaccavano il nome, ritirato dall'Ente Risi dagli eredi Maratelli nel'82, oggi sta rinascendo a nuova vita grazie al paziente lavoro di Eusebio Francese, risicoltore della Cascina Canta di Gionzana (Novara) in accordo con l'ultimo erede Maratelli: nel 2014 si celebrerà il centenario della sua selezione. Il Vialone Nano, sempre un semifino, è considerato dagli integralisti del risotto alla milanese l'unico riso adatto ad interpretare il capolavoro della cucina meneghina, e comunque è fra i risi più apprezzabili per i risotti di qualsiasi genere.
Molto meno adatti i fini, come il Ribe o il Sant'Andrea, da usare piuttosto per piatti dall'effetto sgranato, dai timballi ai risi pilaf (per i quali costituiscono una valida alternativa ai risi orientali). Ottimi ma laboriosi da gestire tutti i superfini, adorati dalla ristorazione moderna, idolatrati dalla stampa di settore: dall'Arborio al Carnaroli, con le sue varietà pregiate ed invecchiate (una per tutti, l'Acquarello), passando per il meraviglioso Baldo (il riso in assoluto preferito dalla scrivente), sono risi impegnativi nel senso sia dei tempi di cottura (in media 18 minuti dopo la tostatura, s'intende) sia per quanto riguarda il controllo del chicco, che rimane al dente sino all'ultimo e in un attimo può clamorosamente scuocere. In cambio regalano, a chi li sa ben trattare, dei risotti superlativi. In ogni caso, passando alle zone di cultivar, una delle più fortunate per qualità è quella che fa capo al Consorzio di tutela del Riso di Baraggia biellese e vercellese, che non a caso per le sette varietà di riso tutelate ha ottenuto la DOP nel 1992.
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Terza puntata sul risotto
la scelta ottimale del riso fra le diverse tipologie merceologiche in commercio
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Papille gustative