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Le zeppole del duca

21 Febbraio 2012
un brano di storia della cucina partenopea
Il carnevale è una festa celebrata di solito nei paesi di fede cattolica, in quanto rappresenta quel periodo che precede la Quaresima, ossia quei quarantaquattro giorni che vanno dal mercoledì delle Ceneri fino alla Pasqua e durante il quale andrebbero osservate varie forme di penitenza, spirituali e fisiche. Infatti la parola Carnevale sembra derivi dal latino 'carnem levare', espressione con cui la chiesa nel medioevo indicava di astenersi dal mangiare carne dal primo giorno di Quaresima in poi.
Agli elementi religiosi del Carnevale si affiancano caratteristiche ludiche e festose, fatte di eccessi e concessioni di ogni sorta, tali da renderlo un evento particolarmente ricco di manifestazioni folkloristiche. Intorno a queste espressioni folkloristiche, negli anni si sono consolidate tradizioni gastronomiche tipiche.
Infatti in Italia ogni regione vanta le sue specialità carnevalesche.
A Napoli è consuetudine preparare le chiacchiere, il sanguinaccio, il migliaccio, la succulenta lasagna e le famose zeppole del duca.
Il duca in questione è Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, il quale nel 1837 dedica un trattato alla cucina napoletana.
Da questa opera traggono la loro origine molte preparazioni partenopee ancora attuate, come le zeppole citate, che sono definite zeppole semplici in quanto composte semplicemente di farina ed acqua e rivestite di miele o zucchero.
In molte famiglie si preparano seguendo la ricetta originale del Cavalcanti, riportata ancora in molti testi di cucina moderni.

Il testo originale recita così:

Miette ncoppa a lo ffuoco na cazzarola co meza carrafa d'acqua fresca, e no bicchieredevino janco, e quanno vide ch'accommenz'a fa lle campanelle, e sta p'ascì a bollere nce mine a poco a poco miezo ruotolo, o duje tierze de sciore fino, votanno sempe co lo laniaturo; e quanno1a pasta se scosta da tuorno a la cazzarola, allora è fatta, e la lieve mettennola ncoppa a lo tavolillo, co na sodonta d'uoglio; quanno è mezza fredda, che 1a può manià, la mine co lle mmane per farla schianà si pe caso nce fosse quacche pallottola de sciore: ne farraje tanta tortanelli come sono li zeppole, e le friarraje, o co l'uoglio, o co la nzogna, che veneno meglio, attiento che la tiella s'avesse da abbruscià; po co no spruoccolo appuntuto le pugnarraje pe farle squiglià, e farle veni vacante da dinto; l'accuonce dinto a lo piatto co zuccaro, e mele. Pe farle venì chiù tennere farraje la pasta na jurnata primma.


2 bicchieri d'acqua, 2 bicchieri di farina, 2 bicchierini di vino bianco, sale, 3 o 4 cucchiai d'olio evo, olio per friggere, zucchero oppure 3 o 4 cucchiai di miele.

Metti sul fuoco una casseruola con l'acqua e il vino bianco, quando accenna al bollore, versa la farina, mescola bene con un cucchiaio di legno ed appena si stacca dal fondo versa l'impasto su un piano unto con l'olio, fai intiepidire e comincia a lavorare l'impasto fino a renderlo liscio e morbido. Sarebbe opportuno farlo riposare un giorno. Dopo preleva piccoli pezzi, stendili formando dei bastoncini spessi come il mignolo e lunghi circa 15 cm, dagli la forma di ciambella e friggili in olio caldo, infine passali nello zucchero oppure metti il miele in una casseruola, lascialo sciogliere, unisci le zeppole e girale fino a che si coprono completamente.

Le zeppole del duca hanno una particolare rilevanza nella letteratura gastronomica in quanto rappresentano il primo documento scritto esistente sull'argomento e forse una delle poche ricette ancora riportate integralmente nei testi di cucina.
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