Archivio Storico 2011-2017

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L'anidride solforosa

06 Settembre 2011
Il gas salvavino
Quando si pensa al vino, è facile incappare nel fraintendimento che identifica il prodotto più genuino con quello che meno ha subito l'intervento umano in termini di aggiunta di sostanze a posteriori.
Si ritiene che una stagione felice dal punto di vista climatico, una vendemmia puntuale e una vinificazione scrupolosa siano requisiti sufficienti a realizzare un prodotto enologico di qualità. L'uomo, in questa visione bucolica, può solo peggiorare ciò che madre natura ha elargito con infinita magnanimità.
Vero. Ma solo in parte.
Vinificare è certo un'arte, ma l'estro non basta. E' indispensabile rivolgersi (anche) alla chimica.

Attraverso le numerose fasi di passaggio dall'uva al vino si incontra diverse volte un protagonista poliedrico, l'anidride solforosa, un gas incolore e con odore piuttosto pungente, cruciale per la salute, la stabilità e la qualità. La sostanza entra in gioco sin dai primissimi istanti: è infatti in grado di bloccare l'attività dei lieviti indesiderati (quelli selvaggi), permettendo l'aggiunta di ceppi selezionati, ottimali per la vinificazione. L'azione antisettica prosegue contro lo sviluppo di batteri e microrganismi responsabili di svariate malattie del vino.

Si diceva della versatilità di questo composto: accanto ai poteri antimicrobici, gioca un ruolo fondamentale nella vinificazione dei rossi quando, durante le prime fasi della fermentazione, facilita la dissoluzione dei pigmenti presenti nelle bucce e ne accompagna il passaggio nel mosto, conferendo ricchezza al colore del liquido.

L'ossigeno ambientale non è amico del vino: in tutti i momenti di contatto con l'aria (travasi, filtrazioni e imbottigliamento), il vino uscirebbe danneggiato se non contenesse l'anidride solforosa ad agire da barriera antiossidante. Tale protezione è vitale in particolare nei vini bianchi, più delicati di natura rispetto ai rossi: un bianco senza solforosa diventerebbe in breve tempo un vino...bruno.
Ultima, ma non per importanza, è da ricordare la capacità di far precipitare le fecce, cioè le sostanze di scarto, favorendo così la limpidezza finale.

Anche se le proprietà illustrate fin qui appaiono necessarie, il composto solforoso ha un potenziale tossico e in enologia si utilizza a dosaggi molto bassi, non lesivi per l'uomo. A tal riguardo, esistono delle soglie massime consentite, leggermente più alte per i bianchi e i rosati, con la possibilità di innalzare i valori limite in annate sfavorevoli. Essendo un elemento esterno alla vinificazione, è fatto obbligo al produttore riportare in etichetta la dicitura 'contiene solfiti', ad indicare la presenza del gas disciolto e arrangiato in vario modo.

Spero che l'argomento piuttosto 'tecnico' non abbia causato troppo mal di testa ai lettori.
A proposito: chi non ha mai provato emicrania dopo aver bevuto (più o meno) vino? Beh, una delle cause possibili di questo disagio è legata all'azione dilatante dell'anidride solforosa sui vasi sanguigni cerebrali.
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