Bollicine.
Parola suggestiva, onomatopeica, parola che unisce e al contempo divide, ma che non può lasciare indifferenti. Unisce i cultori, gli amanti del calice con le catenelle di spuma, allontana i puristi, che non cedono alla seduzione del nome, ritenuto obsoleto, fuorviante, privo di futuro, e preferiscono evidenziare la zona di produzione.
E’ innegabile però, che il termine “bollicine” evochi atmosfere, allegria, convivialità. Indipendentemente dal tipo di vino e dalla zona, dal tipo di vinificazione e dall’esito finale. Bollicine è gioco, è amicizia, seduzione, festa, celebrazione.
E ad esse, comunque le si vogliano chiamare, è stata dedicata ieri un’intera giornata nel corso della rassegna “Bollicine a Marostica”, fatalmente il 2 giugno, data importante e celebrativa per il nostro popolo.
Si scrive Marostica ma si legge Mason Vicentino, dove la manifestazione ha eletto la propria sede, in un luogo pregno di storia e di altrettanto fascino, Villa San Biagio.
Sotto i portici del monastero benedettino medievale, nel tempo valorizzato e restaurato con cura, bottiglie vestite a festa hanno fatto bella mostra di sé, adagiate in secchielli, immerse in cubi di ghiaccio, accompagnate, stappate e offerte da abili mani di produttori e sommelieres.
Stappate con il botto, stappate con il leggero rumore di un sospiro, purché stappate e degustate. Questo l’imperativo categorico della giornata. Un calice dopo l’altro, un calice accanto all’altro.
Assaggiare, degustare, confrontare, assaporare.
Metodo Classico, metodo Charmat, liquer de tirage, sboccatura, riposo sui lieviti, cuvèe, millesimi, sans annèe, residuo zuccherino, brut, pas dosè: un tripudio di nomi, un’antologia di voci, di storie, di vite.
Ognuno ha la sua da raccontare, ognuno merita ascolto e attenzione, perché dentro ogni singola bottiglia c’è un pezzo di vita, qualche scelta, alcune rinunce, dei frammenti di cuore.
Ma anche un tocco di eleganza, di frivolezza, di estetica.
Ecco perché l’organizzazione della rassegna, magistralmente guidata dalla poliedrica e altrettanto spumeggiante Roberta, ha deciso di istituire, tra gli altri, un premio per la bottiglia meglio vestita. Forse perché non è sempre vero che l’abito non fa il monaco. Forse perché i nostri occhi hanno sempre bisogno di essere sollecitati, al pari degli altri sensi. Forse perché in momenti difficili c’è bisogno di pensare anche al bello.
E’ il Lessini Durello Doc Metodo Classico dell’azienda agricola Sandro de Bruno di Montecchia di Crosara (VR) la bottiglia meglio vestita della manifestazione per sobrietà ed essenzialità.
Scelta di gusto, di stile, e di vita che evidentemente paga.
Lessini Durello DOC Metodo Classico
Origini del nome: nome del vitigno autoctono.
Vigneto: proviene da piccoli appezzamenti di terreno collocati sulle pendici del Monte Calvarina.
Zona di produzione: Monte Calvarina – Loc. Brenton (500 m s.l.m.).
Uvaggio: 85% Durella – 15% Pinot Bianco.
Ceppi per ettaro: 4.000.
Anno di impianto: 1980.
Sistema allevamento: pergoletta veronese.
Esposizione al sole: Sud.
Suolo: vulcanico (Monte Calvarina).
Resa: 100 ql. uva per ha.
Bottiglie prodotte: 7.500.
Vinificazione: vendemmia in cassette, selezione dei grappoli, diraspatura, selezione degli acini, pigiatura e pressatura soffice in saturazione d’azoto.
Fermentazione: in acciaio per l’uva Durella, Pinot Bianco in botte di rovere.
Colore: giallo paglierino carico.
Profumo: intenso di fiori bianchi, agrumi,con sentori di sali minerali.
Sapore: cremoso, sapido con una spiccata vena minerale.
Gradazione alcolica: 12,5%.
Temperatura di servizio: 4° - 6°.
Longevità: 10 anni.
Abbinamenti consigliati: da ottimo aperitivo, può accompagnare tutto il pasto soprattutto con piatti di pesce; eccellente con baccalà alla vicentina.
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