Il mio battesimo del fuoco a Cavolo Verde non poteva trovare occasione più ghiotta di questa!
Reduce dall’ultimo Vinitaly, mi trovo a tirare le somme ed a stilare una piccola personale graduatoria di quelli che sono stati i sorsi più nobili.
Come sempre succede, in vista della fiera veronese, ci si prefigge un percorso e ci si ripromette di rispettarlo a tutti i costi… Ciò nonostante questo non succede matematicamente mai!
Il 2013 era per me l’anno dei Pinot nero. Volevo affrontarli nelle loro diverse versioni, dai metodo classico dell’Oltrepò pavese ai Blauburgunder dell’Alto Adige ed infatti, appena varcate le soglie della fiera, “coerentemente “ diritto verso la meta, faccio il mio ingresso nel padiglione 11, quello dedicato al Vivit, lo stand dei vini naturali.
Da questo punto non si torna più indietro! Almeno non prima di qualche assaggio.
Mi ritrovo così al cospetto di Stanko Radikon, della moglie e del figlio Sasà.
Assaggiare un vino naturale assieme a chi lo produce è sicuramente un bel valore aggiunto, soprattutto quando i vini, come in questo caso, sono il frutto di un processo di maturazione del produttore stesso, risultato di un percorso evolutivo partito, non in concomitanza alle mode del momento, ma quasi diciotto anni fa.
Nel 1995 infatti, oltre ad abbandonare la chimica nei trattamenti in vigna, Stanko divorzia dall’acciaio e decide di riesumare i tini a tronco conico da 25-35 hl dove le uve bianche vengono fatte macerare per periodi via via sempre più lunghi.
I vini di Radikon non sono vini semplici, vini “mordi e fuggi” da trangugiarsi en passant al momento dell’aperitivo o ad una cena goliardica a casa dell’amico Trimalcione.
Certamente il merlot, ma soprattutto i bianchi, il Friulano Jakot, l’Oslavje (blend di Pinot Grigio, Sauvignon e Chardonnay) ed in particolar modo la Ribolla Gialla, sono il meraviglioso risultato di una viticoltura che Stanko definisce “senza compromessi”.
La Ribolla, principessa indiscussa di Oslavia, una piccola località del Collio goriziano, è il vino che più di tutti mi entusiasma e che per questo finisce a pieni voti sul podio della mia piccola classifica personale.
In una bottiglia dal design particolarmente ricercato, riposa un bianco di straordinaria eleganza e vigorosa potenza tanto olfattiva quanto gustativa.
Il 2005 ha colori ambrati, a tratti aranciati ed è stranamente limpido per un macerato.
Il naso è pieno di inattesi profumi dolci di miele e frutta, sia secca che a polpa gialla: noci, mandorle, albicocche ed una leggera nota mentolata.
In bocca, un’inaspettata durezza dovuta alla tipica acidità della ribolla e al tannino più che pronunciato.
La persistenza gusto-olfattiva è tanta ma ancor di più mi colpisce l’enorme pulizia che questo vino lascia in bocca. Ottimo per sgrassare formaggi stagionati o un buon piatto di passatelli in brodo.
Assaggiarla per la prima volta può lasciare perplessi, forse ad alcuni potrebbe far storcere il naso ma, in ogni caso, lascerà qualcosa; il desiderio, sicuramente la curiosità, di farsi assaggiare una seconda ed una terza volta.
Così si potrebbe definire un grande vino, un bicchiere che non si lascia scordare facilmente!
x5