Uno degli autori per l'infanzia che mi sono più cari è Pinin Carpi. Sarà che era milanese come i miei, sarà che aveva cinque figli come me, sarà che nei suoi racconti finisce immancabilmente per parlare di qualcosa di buono da mangiare... insomma, ho un vero debole per questo delizioso scrittore scomparso nel 2004, e forse ancora troppo poco frequentato se non sui testi scolastici che attingono giustamente a piene mani dai suoi lavori. Figlio d'arte, spesso fu anche delicato illustratore dei suoi racconti, che – come racconta nella prefazione programmatica al 'Papà mangione' – sono poi le favole che lui stesso raccontava ai suoi bambini, ed ai loro amici, per tanti anni di fila, sera dopo sera, variandone forma e contenuto innumerevoli volte, prima di fissarle sulla carta nella redazione definitiva.
Uno dei suoi libri più belli – ma c'è veramente l'imbarazzo della scelta – è 'La minestra di cioccolata', uscita nel 1992; si tratta di un collage di otto racconti (o storie, come preferiva chiamarle Pinin) divisi in capitoletti, piccoli quadri narrativi in cui il protagonista, guarda caso, è già in partenza, o comunque finisce per diventarlo dopo una serie di fantastiche e pantagrueliche peripezie, un gran mangione.
Così, di volta in volta, pennellati dalla fantasia delicata e plastica di Pinin, cullati dal suo linguaggio gentile e a misura di bambino e incorniciati dai suoi famosi acquerelli, prendono vita dalle pagine personaggi surreali e accomunati dalla passione per questo o quel cibo in particolare. C'è Cino, il bambino che si nutre solo di miglio e che usa una tavolozza inusuale per dipingere, tutta fatta di dolciumi; c'è Vincenzo, la cui passione è correre a piedi nel traffico cittadino, e che raccoglie per strada formaggi, prosciutti, pentole piene di pasta al sugo, tutte leccornie abbandonate per incuria ma assolutamente ancora invitanti. Ci sono la Pina ed il Pino, due fidanzati che si fanno assumere come custodi di un giardino di fragole ed uva, e finalmente riescono a sposarsi, offrendo un pranzo di nozze luculliano... E ancora, il rinoceronte goloso di soncino – sì, perché i protagonisti del mondo immaginario di Pinin sono spesso anche animali, o anche esseri dotati di poteri magici, come le fate o persino i neonati -, e l'orso che si rimpinza di hamburger con lattuga maionese salsa rubra bacon senape e salsa tartara: l'intuizione artistica del mitico panino di Gualtiero Marchesi ha un precedente illustre in letteratura! E cosa dire del mendicante Gasparino che impazzisce per le oche arrosto, e che con somma fortuna riesce a diventare un famoso cuoco proprio di oche con le arance e le patatine? Da notare che l'oca, e il cultore delle tradizioni alimentari Pinin lo sapeva bene, è un tipico piatto autunnale della festa del contado milanese, forse un po' caduto nel dimenticatoio, che si usava fare in particolare per i giorni di San Martino.
Ma il mio preferito in assoluto è il biondo e grasso Crispino, il protagonista del racconto che intitola il libro. Povero in canna, pur essendo sistematicamente in bolletta e per giunta golosissimo, non fa fatica a cedere ogni giorno la metà del suo latte e del suo salame al micio di casa. Crispino di mestiere è un fattorino corri corri – oggi diremmo tranquillamente 'freelance' - al servizio di chiunque abbia bisogno all'occasione: la Mariannona gli chiede le nocciole per la torta e lui va in drogheria a procurargliele, la Bianca Serella ha bisogno di carciofini funghetti paté olivette galantina polli arrosto pesci fritti porchette allo spiedo polenta al forno col formaggio... e lui corre al negozio in via dell'Impinzata a riempire le cestone di ogni ben di Dio, anche se arrivato alla consegna si sente svenire per la gran fame; arrivato a stento a casa, cade tramortito in un sonno profondo e sogna un pranzo con un tripudio infinito di portate, fra cui una fantasmagorica polenta ai dodici formaggi!, pranzo che culmina in una minestra di cioccolata nella quale galleggiano cose deliziose: ma il cameriere sghignazzando gliela porta via in un baleno. Il cuore di Crispino batte all'impazzata per la disperazione... ma no, non è il suo cuore, sono i calci che il piccolo Fernandino, il figlio della signora Serella, sta dando alla sua porta. E' venuto a restituire tutta quella magnificenza comperata al negozio dell'Impinzata a Crispino, perché a lui le cose già morsicate una volta non le vuole più vedere: gli fanno schifo.
A Crispino no, no davvero, non fanno per niente schifo. Anzi, l'unica cosa che gli fa veramente schifo è buttare via le cose da mangiare. Non finisce nemmeno di scartare il pacco che lui ed il suo gatto si fanno la più solenne mangiata della loro vita. E da quel giorno, non solo Crispino, il piatto sempre assicurato, diventa il guru gastronomico del paese, indicando di volta in volta i menu migliori da far comparire in tavola nelle varie occasioni, ma si concede anche la grande soddisfazione di aver insegnato al suo amico Fernandino che il cibo è ancora migliore dopo il primo morsino.
Un bel libro davvero, concepito classicamente con la morale di chiusura ad ogni favola; un libro attualissimo che consiglio come lettura non solo serale per i più piccoli, ma anche come 'aperitivo' prima di pranzo o cena: perché decisamente, come tante pagine di Pinin Carpi, del quale vi parlerò ancora, non solo mette appetito, ma attribuisce alla tavola quel valore conviviale antico e quella sacralità intrinseca che oggi, per tanti motivi, spesso trascuriamo di insegnare ai nostri bambini.
Pinin Carpi
La minestra di cioccolata e altre storie di mangiate e di mangioni
llustrazioni dell'autore e di Marilena Rescaldani
Giunti Marzocco, 1992
euro 10,33
dai tre anni
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