Archivio Storico 2011-2017

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I piaceri del cibo nelle pagine della letteratura

26 Marzo 2013
Quanto il piacere è legato al gusto?
Quanto il piacere è legato al gusto? Molto di più di quello che pensiamo… Si brinda per suggellare un patto, per un incontro, per festeggiare… Il piacere del cibo legato alla convivialità… Il piacere di cucinare per chi si ama…

Voglio condividere con voi un breve percorso emozionale nelle pagine della letteratura italiana e non, dove il cibo è celebrazione e piacere dei sensi…

• da L’oro di Napoli di Giuseppe Marotta

“Il ragù non si cuoce ma si consegue, non è una salsa ma la storia di una salsa. Dal momento in cui il tegame viene deposto sul fornello e la cucchiaiata di strutto dubita, si commuove e slitta cominciando a fondersi, fino al momento in cui il ragù è veramente pronto, tutto può succedere e può non succedere a danno o vantaggio di questa laboriosissima salsa che impegna chi la prepara come un quadro impegna il pittore. In nessuna fase della sua cottura il ragù deve essere abbandonato a se stesso; come una musica interrotta e ripresa non è più una musica, così un ragù negletto cessa di essere un ragù e anzi perde ogni possibilità di diventarlo… Il ragù non bolle, pensa; bisogna soltanto rimuovere col cucchiaio i suoi pensieri più profondi, e aver cura che il fuoco sia lento, lento…”

• da Un filo d’olio di Agnello Hornby Simonetta

“Seduti sulla coperta stesa ai piedi di uno di quegli olivi, le spalle appoggiate al tronco, ci godevamo la vista, i suoni e i profumi della campagna arsa… Poi mangiavamo. Io sceglievo sempre le merende più saporite, come pane e acciughe, un velo di polpa di acciuga schiacciata tra due fette di pane stagionato su cui era stato spremuto mezzo limone. Certo poche adatte alla calura: facevano venire una gran sete. Giuliana se ne accorgeva e tirava fuori dalla sacca susine dolci, fichi verdi e perine profumate che rinfrescavano il palato…”

• da Afrodita di Isabelle Allende

“Durante il breve periodo del nubilato successivo al suo terzo divorzio, Hanna rispose a uno di quegli annunci matrimoniali dei giornali. Al telefono l’uomo sembrava perfetto… Lei sperava in una versione matura di Che Guevara, ma si presentò una copia di Van Gogh… Quello sconosciuto dai capelli color carota e dagli occhi spauriti fu una vera delusione. Si pentì appena lo vide. Aveva lume di candela e un lento samba brasiliano, ma non volendo spingere l’ospite a prendere iniziative incresciose saltò a piè pari il bicchiere di vino preliminare e le altre cortesie d’obbligo e lo condusse direttamente in cucina. L’uomo la seguì docilmente come chi è abituato ad essere trattato in modo sbrigativo; ma una volta in cucina, qualcosa cambiò. “Mi permette”, disse, e senza dare ad Hanna la possibilità di contraddirlo, delicatamente le tolse il grembiule di mano, se lo annodò in vita e la fece accomodare su una sedia. Van Gogh armeggiò con le pentole e padelle come se si fosse sempre mosso tra quelle quattro mura. Con grazie e destrezza inattese fece volteggiare i coltelli per tagliare le verdure e i frutti di mare che indorò poi in un filo d’olio, calò i tagliolini nell’acqua bollente e in un attimo preparò una luminosa salsa di coriandolo e limone… In pochi minuti quell’omino un po’ patetico si trasformò… E quando Van Gogh servì in tavola i fumanti tagliolini, lei sospirò vinta.”

• da Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

“Il Principe aveva troppa esperienza per offrire a degli invitati siciliani in un paese dell’interno, un pranzo che iniziasse con un potage, e infrangeva tanto più facilmente le regole dell’alta cucina in quanto ciò corrispondeva ai propri gusti. Ma le informazioni sulla barbarica usanza forestiera di servire una brodaglia come primo piatto erano giunte con troppa insistenza ai maggiorenti di Donnafugata perché un residuo timore non palpitasse in loro all’inizio di ognuno di quei pranzi solenni. Perciò quando tre servitori in verde, oro e cipria entrarono recando ciascuno uno smisurato piatto d’argento che conteneva un torreggiante timballo di maccheroni, soltanto quattro su venti persone si astennero dal manifestare una lieta sorpresa…Buone creanze a parte, però, l’aspetto di quei babelici pasticci era ben degno di evocare fremiti di ammirazione. L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che ne emanava non erano che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un vapore carico di aromi, si scorgevano poi i fegatini di pollo, gli ovetti duri, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi impigliate nella massa untuosa, caldissima dei maccheroncini corti cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio…”

“Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com’è fatta: purché sia una cucina, un posto dive si fa da mangiare, io sto bene…”

da Kitchen, Ryumei Yoshimoto


Ringrazio gli amici del Ristorante “Il Fauno” di Cesano Maderno per la gentile concessione dei testi.
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