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Carnem Levare. C’era una volta il Carnevale

10 Marzo 2011
Il cibo simbolo di gioia e di trasgressione
Ebbene sì, una festa che ha per soggetto il cibo… che si saluta in attesa della resurrezione di Pasqua.
La parola Carnevale, è oramai abbastanza noto, significa Carnem Levare, Levare la Carne.
Il termine nasce nel Medioevo quando la Chiesa imponeva l’astinenza dal consumo di carne durante tutto il periodo di Quaresima.
Quei quaranta giorni che separavano dalla Pasqua dovevano servire a purificare gli animi dei peccatori e a prepararli alla resurrezione del Signore nel migliore dei modi.
Si può quindi immaginare il significato particolare che assumeva così quel giorno di festa che allora riguardava solo il martedì detto “grasso”. Era il comprensibile unico momento di follia che il popolo poteva concedersi in un epoca dove ogni cosa fuori dal lavoro e dalla preghiera era considerata peccato.
Il cibo, la carne e i dolci erano quindi elementi impuri, quando non essenziali alla mera sopravvivenza.
In quel giorno ogni cosa era stravolta. I padroni diventavano schiavi e gli schiavi padroni. Ci si poteva camuffare da diavoli o da angeli. Si poteva ubriacarsi a volontà e si mangiava a dismisura.
Il Carnevale cadeva in prossimità del periodo di macellazione del maiale. La carne era quindi molto presente sulla tavola dei contadini, cosa certo non possibile per la maggior parte del resto dell’anno.
Alle sfilate era sempre il cibo ad essere uno dei protagonisti: I dolci, ma anche pezzi di carne, venivano gettati al popolo lungo le strade. Ancor oggi, in molte tradizioni in cui alla fine della giornata viene bruciato il fantoccio, questi fa una sorta di testamento in cui è ancora una volta il cibo l’argomento principale.
Curioso notare come i primi carri erano carri dell’Abbondanza, ricoperti di leccornie e fatti sfilare sotto gli occhi e le acquoline della popolazione festante.
Dolci e piatti tipici carnevaleschi sono presenti in quasi tutte le città Italiane ed europee. Lo zucchero, il miele e le allegre fritture sono quelli che più di tutti dominano le ricette tradizionali.
Il cibo ancora una volta quindi simbolo. Simbolo del peccato da evitare in Quaresima, simbolo di gioia e di trasgressione del Carnevale. Il cibo può imprigionare o liberare, anche se per un solo giorno all’anno.
Non ha caso la Chiesa ha messo la gola tra i peccati capitali e riserva un girone infernale apposito a chi trasgredisce il precetto della morigeratezza.
Oggi anche le indicazioni religiose sono cambiate, assieme alla nostra mutevole società. La carne viene mangiata anche in Quaresima escluso ogni venerdì tra Carnevale e Pasqua. Ad ogni modo al posto di un buon piatto di caseula o di abbacchio, in quei venerdì ci si può concedere un altrettanto squisito piatto a base di pesce e ci si può sbizzarrire liberamente tra salmone e orate. Anche in Quaresima dunque la pace dello Spirito e quella dello stomaco sono entrambe felicemente soddisfatte e quei giorni di purificazione possono passare in fretta, in attesa dell’immancabile altro cibo simbolico denso di significati profondi: l’agnello al forno che sarà il principe delle tavole nel giorno di Pasqua.
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