In un'epoca in cui lo scontro etico tra cultori della carne e vegetariani sta raggiungendo livelli da record, la domanda sulla reale utilità della carne nella dieta umana sorge indubbiamente spontanea.
Per rispondervi, è necessario osservare non solo le motivazioni storiche di questo tipo di convinzioni, ma soprattutto analizzare le caratteristiche degli alimenti incriminati, valutandone la natura organica e la loro incidenza sulla salute dell’uomo.
Partiamo dagli albori della storia umana.
Benché ci sia una convinzione netta sul fatto che l’uomo nasca come essere onnivoro, dobbiamo fare un passo indietro ed osservare i nostri primi progenitori.
I primi esseri che possiamo riconoscere come nostri antenati infatti, erano ominidi che assomigliavano più ai primati che all’uomo moderno, a partire dal fatto che fino ad un certo stadio evolutivo erano privi del pollice opponibile.
Partendo dall’assunto che l’uomo ha iniziato a cacciare nel momento in cui ha potuto fabbricarsi gli utensili e le armi per poterlo fare, e quindi nel momento in cui era già dotato del pollice opponibile che consente una migliore prensione degli oggetti, possiamo pertanto presupporre che i nostri primi antenati avessero una dieta simile a quella dei primati odierni, che come sappiamo è prettamente vegetariana.
Quindi, è ragionevole pensare che l’uomo nasca come essere sì onnivoro, ma comunque prevalentemente orientato verso un’alimentazione a base vegetale.
Spostandoci nell’epoca che va dal periodo Neanderthal a quello Cro-Magnon, troviamo un uomo indiscutibilmente cacciatore. Tuttavia, possiamo comunque sostenere che anche l’uomo di allora avesse un’alimentazione molto ricca di vegetali.
Infatti, si può ragionevolmente supporre che la caccia non sempre avesse successo, che la carne ricavata dalle grandi battute di caccia venisse stoccata per essere utilizzata anche nei mesi invernali, e che ricerca e raccolta dei vegetali avessero comunque un peso non indifferente sulla qualità della vita dei nostri antenati.
Parimenti, è storicamente dimostrato che l’agricoltura sia stata scoperta prima dell’allevamento, introducendo nella dieta dei nostri progenitori un apporto di vegetali molto più importante rispetto a quello rappresentato dalla carne.
Il Dott. Peter D’Adamo, naturopata, in base al gruppo sanguigno ha ipotizzato una corrispondenza abbastanza precisa sul tipo di alimentazione “ideale” di un soggetto.
Il gruppo 0, riconosciuto universalmente come il più antico della storia umana, parrebbe giovare di un’alimentazione prettamente carnivora, in quanto nato nell’epoca in cui l’uomo era prevalentemente un cacciatore nomade.
L’avvento dell’agricoltura e dei primi insediamenti stanziali riequilibra l’alimentazione ed apre la strada al gruppo A, attualmente riconosciuto come quello che maggiormente giova di una dieta prettamente vegetariana.
Con il gruppo B nasce la pastorizia, e vengono introdotti nella dieta i latticini, potendo far conto su animali che producono latte.
Infine, con l’epoca moderna nasce il gruppo AB, che pare non presenti particolari restrizioni a livello alimentare.
Quindi, alla luce di questa breve introduzione storica, possiamo concludere che agli albori della nostra civiltà l’uomo facesse ampio uso di vegetali nella propria dieta, e che un’alimentazione quasi totalmente carnivora sia in realtà figlia dei tempi moderni, dell’allevamento intensivo e della sedentarietà.
Ma allora la carne fa bene o fa male?
Partendo dalla sponda dei detrattori, studi scientifici hanno evidenziato dati indubbiamente degni di considerazione.
Il brodo di carne, ad esempio, considerato universalmente una panacea in caso di disturbi comuni come influenza, debolezza e debilitazione, è stato analizzato presso il Bellevue Hospital College dal Dott. Austin Flint, che alla fine di un’accurata analisi chimica lo ha dichiarato nientemeno che un “concentrato di veleni”.
Un’esagerazione? Forse no.
Le analisi sono state condotte in parallelo su brodo di manzo, di carne mista, di pollo e di bollito magro, e il risultato delle analisi rivela in tutti e quattro i casi una composizione chimica paragonabile a quello dell’urina dei corrispondenti animali, in quanto la bollitura, soprattutto se protratta a lungo, determina una distruzione delle fibre muscolari e dei nutrienti potenzialmente contenuti nella carne.
Il brodo di carne appare quindi come un insieme condensato di tessuti disintegrati, esattamente come l’urina, che è l’insieme dei prodotti di rifiuto disintegrati dal metabolismo, senza proprietà nutritive particolarmente degne di rilievo.
Vediamo un altro parere.
Il Dott. Bouchard, nutrizionista, condusse delle ricerche in parallelo su due campioni di pazienti, utilizzando soggetti perfettamente in salute, e somministrò ad un gruppo una dieta ricca di carne, mentre all’altro una dieta ricca di verdure.
Bouchard valutò che con una dieta ricca di carne la tossicità dell’urina aumentava del 400%, e che il contenuto dell’acido urico, riconosciuto come una delle sostanze più attive tra quelle che provocano l’insorgenza di malattie di ogni genere, tra cui il cancro, triplicava.
Infine, venne studiata da vari specialisti l’incidenza della carne nella dieta dei malati di tisi.
La carne era infatti ritenuta particolarmente indicata nella cura di questa patologia, ma gli esami post-morte rivelarono che tutti i pazienti avevano i reni gravemente danneggiati.
Parimenti, furono analizzati i reni di pazienti la cui dieta comprendeva un’elevata percentuale di carne, e in tutti i casi furono rilevati gravi danni all’apparato renale.
Pertanto, possiamo concludere con una certa precisione che effettivamente un consumo eccessivo di alimenti proteici possa sovraffaticare l’apparato renale, causandone un progressivo danneggiamento.
Le stesse conclusioni sono state tratte per i malati di diabete, per i quali per molto tempo è stata consigliata una dieta ricca di carne.
E’ stato invece rilevato che questo tipo di alimentazione spesso provoca un’impennata del picco glicemico nel sangue dei pazienti, peggiorandone rapidamente lo stato di salute generale.
In soggetti sottoposti a livello sperimentale ad una dieta composta esclusivamente da alimenti proteici, anche protratta per tempi brevi, hanno evidenziato una rapida insorgenza di disturbi tra cui diarrea, meteorismo, gastrite, gastroenterite e predisposizione all’ulcera.
Da qui la conclusione che una dieta troppo ricca di alimenti proteici non solo sovraffatica l’apparato digerente, ma provoca una stagnazione di sostanze putrefattive che vanno ad intossicare vari livelli del percorso digestivo, predisponendo l’organismo a vari tipi di disturbi.
Sempre in base a studi condotti su soggetti volontari, è stato rilevato che una dieta troppo ricca di proteine provoca un’accelerazione del battito cardiaco che va dal 25% al 50% in più rispetto ad un soggetto che segue una dieta bilanciata, anche in condizioni di riposo.
Un’altra prova del fatto che una dieta basata su un forte consumo di alimenti proteici non è salutare per l’uomo, è che nell’ultima guerra, a causa delle razzie di bestiame ad opera dei tedeschi, una forte porzione di popolazione si trovò a doversi sfamare prevalentemente con frutta, verdura, soprattutto coltivate a livello familiare o addirittura spontanee.
Nonostante i molti casi di denutrizione, è comunque un dato certo che l’insorgenza di malattie come diabete, gotta, insufficienza renale, insufficienza epatica e disturbi digestivi subì un brusco arresto.
Pertanto, possiamo senz’altro, alla luce di questi dati, riconoscere ai detrattori della carne un’indubbia “quota” di ragione.
Tuttavia, dopo aver analizzato i pareri contrari, diamo un’occhiata a quelli a favore.
La carne viene ritenuta da una buona metà dei nutrizionisti un alimento indispensabile per la buona salute dell’uomo, grazie alla sua ricchezza in sali minerali e in proteine nobili.
Non è contestabile il fatto che le proteine siano i “mattoni” del nostro corpo, e le proteine contenute nella carne, provenienti da tessuti simili a quelli che compongono l’organismo umano, sono facilmente assimilabili dal metabolismo e quindi utilizzabili in tempi brevi, oltre ad essere ritenute quelle di maggior valore biologico grazie al loro elevato contenuto in aminoacidi essenziali.
Costituita da tessuti connettivi con una percentuale d’acqua che varia dal 50% all'80%, la carne presenta un buon contenuto di lipidi, o grassi semplici, racchiusi di solito sotto forma di grasso muscolare o adiposo, utili per essere stoccati velocemente come riserve biologiche ed utilizzati dall’organismo, spesso al posto degli zuccheri per il nutrimento dei muscoli, in situazioni di necessità, quando il poco zucchero disponibile viene destinato al nutrimento delle cellule celebrali.
La carne è fonte privilegiata di una vitamina particolare, la B12, che interviene a livello metabolico nei processi respiratori, digestivi e nervosi, e di sali minerali, in particolare di ferro.
Indispensabile per la formazione dei componenti del sangue, in particolare dei globuli rossi, il ferro viene solo raramente eliminato dall’organismo, infatti più spesso viene “riciclato” nella milza.
Tuttavia, il corpo umano ha bisogno comunque di un periodico approvvigionamento di questo materiale così prezioso, e la carne, che è costituita da tessuti che contenevano molto sangue, ne è indubbiamente una fonte insostituibile, soprattutto per i soggetti anemici, che si contraddistinguono per una produzione spesso insufficiente di globuli rossi.
Sempre per il fatto che proviene da tessuti simili a quelli umani, il ferro contenuto nella carne si presente in forma altamente assimilabile per il metabolismo dell’uomo.
La carne viene solitamente classificata in base agli animali da cui proviene, e viene suddivisa in bianca, rossa e nera.
La carne bianca proviene generalmente da pollame e conigli, e presenta fibre muscolari più fini e sottili, facilmente digeribili, con un contenuto in grassi e colesterolo abbastanza ridotto, ma con un contenuto in minerali più elevato rispetto alla carne rossa, eccezion fatta per il ferro.
La carne rossa invece proviene in genere da animali di grandi dimensioni, tra cui manzo, bue e maiale.
E’ quella con il maggior contenuto in ferro e vitamina B12, si presenta con fibre muscolari lunghe e spesse, che necessitano di una cottura più lunga per essere rese meglio digeribili, ed un contenuto in grassi più elevato, in particolare per quel che riguarda la carne di maiale.
Un discorso a parte meritano le carni di vitello, agnello e capretto.
Sono state a lungo considerate “carni bianche” per via del loro colore più chiaro e rosato, ma è stato recentemente dimostrato che questo aspetto viene provocato inducendo gli animali all’anemia, abbassandone quindi drasticamente il contenuto in ferro e privandole pertanto di una delle loro principali valenze alimentari.
Pur essendo quindi carni più digeribili, perché provengono da animali giovani, è comunque consigliabile diffidare di carni troppo chiare (che spesso vengono sbiancate con la candeggina da macellai con pochi scrupoli), e considerarle, seppure più magre, allo stesso livello delle carni rosse.
L’ultima categoria di carni, le carni nere, è costituita dalla selvaggina.
Queste carni devono il loro colore scuro allo stato selvatico degli animali di provenienza, e necessitano di un lungo periodo di frollatura per diventare masticabili e digeribili.
Contengono pochi grassi ed hanno fibre lunghe, grosse e dure, ed è stato ormai universalmente riconosciuto che non presentano nessuna utilità a livello alimentare.
La carne presenta quindi molte caratteristiche interessanti dal punto di vista dell’alimentazione umana, ma manca comunque di molte altre che sono invece tipiche degli alimenti di origine vegetale.
E’ povera infatti di quasi tutta la gamma vitaminica, contenuta invece in abbondanza in frutta e verdura, mentre i latticini di origine animale, che sono solitamente considerati utili per il loro elevato contenuto in calcio che interviene nella formazione della struttura ossea, sono stati comunque identificati come la prima causa dei disturbi gastrointestinali, a casa del fatto che danno origine a molte scorie putrescenti che vanno ad intossicare vari tratti del percorso digestivo.
Benché sia quindi assolutamente dimostrabile che gli alimenti di origine animale possano rivestire un ruolo importante dal punto di vista nutrizionale, può essere interessante valutare quali alimenti possano sostituirli in una dieta bilanciata.
Tra di essi uno dei più famosi è senz’altro la soia.
Della famiglia delle leguminose, la soia condivide con i legumi di uso comune il contenuto di proteine, vitamine, grassi e minerali, inoltre presenta particolari e preziose caratteristiche a livello di qualità per quel che riguarda le proteine ed i grassi.
Rispetto ai legumi nostrani contiene il 40% in più di proteine e il 50% in meno di grassi, di cui 90% costituito da grassi insaturi, prezioso carburante per l’organismo.
Ricca di acido folico e isoflavonoidi, la soia si rivela utilissima per contrastare l’aumento di peso dovuto a squilibri ormonali (per esempio in menopausa o in caso di cure per la fertilità).
Infine, i grassi insaturi contenuti nella soia abbassano il tasso di colesterolo nel sangue e prevengono l’arteriosclerosi.
Il contenuto in sali minerali evidenzia nella sua composizione la presenza di ferro, fosforo, calcio e potassio.
E’ quindi un alimento remineralizzante, utile in condizioni di affaticamento e stress, che oltre a compensare l’assenza di carne dalla dieta può controbilanciarne gli effetti negativi sull’alimentazione.
Gli effetti benefici di un regolare consumo di soia sono evidenti soprattutto a livello cutaneo poiché aiuta a mantenere la pelle giovane, elastica e luminosa, ed evita lo sviluppo di fenomeni come eczemi, dermatosi e foruncoli, favorendone in alcuni casi la guarigione.
Aiuta a prevenire couperose e desquamazione dell’epidermide, e sembra che un consumo abituale di questo legume limiti la proliferazione dei nei, prevenendone le cronicizzazione che può portare alla formazione di tumori della pelle.
All’elevato consumo di soia è attribuita la carenza di tumori cutanei nei paesi orientali, e anche la particolare bellezza della pelle delle donne del sol levante.
Le varietà più diffuse in occidente sono quelle a seme giallo, utili al consumo diretto, molto versatili e adatte alla trasformazione in tempeh (un alimento fermentato ricco di fibre, proteine, calcio, ferro, acidi grassi e vitamine del gruppo B che può essere considerato un valido sostituto della carne, almeno a livello nutrizionale), e in tofu (formaggio ricavato dal latte di soia che oltre a presentare un contenuto in proteine, vitamine e ferro pari a quello del latte vaccino, è decisamente meno ricco di colesterolo e quindi meno ingrassante del latte tradizionale).
Tuttavia negli ultimi anni sono state introdotte sul mercato anche le varietà a seme verde, adatte per ricavarne germogli, o a seme rosso (fagioli azuky), utilizzate per la preparazione di marmellate.
Gli alimenti ricavati dalla soia ed utilizzabili come sostitutivi della carne vengono generalmente arricchiti in vitamina B12, l’unica finora che manca all’appello nel loro assortimento nutrizionale, ma anche senza questo artificio possono risultare estremamente efficaci per condurre una dieta priva di alimenti di origine animale.
Attualmente, comunque, l’alimento disponibile più simile alla carne è il seitan.
Questo alimento, tipicamente orientale, viene ricavato dalla farina di glutine e in seguito cotto, insaporendolo con salsa di soia, alghe in polvere e sale.
Il risultato è un panetto gommoso con una consistenza ed un sapore simile a quelli della carne, e un apporto calorico che, pur essendo leggermente inferiore, può competere con quello di una bistecca.
A pari quantità di carne, il seitan contiene il 18% di proteine e l’1.5% in grassi, con un apporto di circa 120 calorie ogni 100 gr di prodotto.
Pur non essendo un alimento completo, in quanto scarseggia di amminoacidi essenziali tipici degli alimenti di origine animale, inserito in una dieta vegetariana correttamente bilanciata può essere un valido aiuto per colmare le carenze legate alla mancata assunzione di alimenti proteici, inoltre, lo scarso apporto calorico lo rende un alimento adatto a diete particolarmente restrittive, o a chi desidera un’alimentazione meno ricca di colesterolo, sostanza praticamente assente nel seitan.
Sull’onda della new age e dell’alimentazione macrobiotica, il seitan è ormai disponibile sul mercato al naturale, oppure alla piastra, a cubetti, aromatizzato o affumicato.
Recentemente è comparsa anche la versione “wurstel”, di sapore effettivamente molto simile all’alimento originale.
Altamente digeribile, il seitan è adatto anche a bambini ed anziani, e può essere preparato in molti modi con ricette simili a quelle usate per la carne.
Il suo sapore delicato si sposa bene con i legumi, i condimenti a base di verdure e con l’olio d’oliva, ma la sua preparazione è più rapida rispetto ala carne, perché il seitan è un alimento già cotto.
Infine, tra gli alimenti che possono essere proposti come surrogati della carne, troviamo il miglio, un cereale nostrano ed altamente nutriente ma ormai scomparso dalle nostre tavole, e la quinoa, un cereale proveniente dall’America Latina, molto utilizzato nella preparazione di prodotti gluten-free.
Quindi, abbiamo potuto osservare che non solo i sostituti della carne esistono, ma possono essere una valida alternativa a livello nutrizionale non solo per chi desidera condurre una dieta priva di alimenti di origine animale, ma anche per chi volesse un’alimentazione più variata e sana.
Gli stessi medici, dei quali torniamo ad ascoltare il parere nella fase conclusiva di questa “inchiesta”, sostengono che la carne andrebbe sì consumata regolarmente, ma non più di quattro volte in una settimana, e che la dieta attuale è effettivamente troppo ricca di proteine di origine animale, che farebbero aumentare in maniera esponenziale l’incidenza di problemi di tipo digestivo, renale, epatico, respiratorio e cardiocircolatorio.
Perciò, il problema dell’eliminare la carne non è un problema legato al “come”, ma è legato al “se”.
Sostituire la carne, avendo cura di bilanciarne la mancanza con alimenti che la equivalgano ed integrando la propria alimentazione con frutta e verdura che, al contrario della carne, non possono essere sostituite in alcun modo, si può.
E’ quindi necessario valutare attentamente le proprie necessità nutrizionali, magari con l’assistenza del proprio medico di fiducia, e stabilire con attenzione ed obbiettività i pro ed i contro della carne, senza demonizzarla se non si desidera rinunciarvi, ma senza farsi scudo con l’idea che sia l’alimento “indispensabile” che, come abbiamo appena dimostrato, evidentemente non è.
Al di là delle proprie condizioni di tipo etico, possiamo quindi concludere che la carne è sì un alimento che può rivelarsi utile nell’alimentazione umana, ma che deve essere inserito all’interno di una dieta variata, della quale non può, e non deve, essere il perno centrale.
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Piccola inchiesta sulla carne: fa bene o male?
I pro e i contro, e un invito ad un'alimentazione equilibrata
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Il cibo in testa