La celiachia è un disturbo molto più frequente di quanto si immagini. In Italia ne soffre una persona su 150.
La celiachia è la permanente intolleranza ad un gruppo di proteine chiamato glutine, che si trova nel frumento, nell'orzo, nella segale, nel farro e nel kamut. Si sta recentemente valutando l’avena, poiché non si è ancora stabilito se sia o meno da evitare per chi soffre di celiachia.
Curiosamente è stata necessaria la seconda guerra mondiale per riuscire a individuare questo male. La mancanza di grano e di conseguenza di pane e una dieta basata sulle patate, più reperibili in quel periodo difficile, è stata sorprendentemente salutare per alcuni pazienti. Il pediatra olandese Willem Karel Dicke intuì così il ruolo negativo del glutine e la sua causa in molte manifestazioni di disturbi gastrointestinali.
I disturbi causati dalla celiachia non si limitano a quelli gastrointestinali come dolori addominali, nausea, vomito, costipazione, gonfiore. La malattia può giungere a distruggere i villi intestinali, distruggere le pareti del duodeno, alla formazione di linfomi intestinali, ma anche all’infertilità e agli aborti spontanei.
Esiste poi il rischio di sintomi quali osteoporosi, anemia da carenza di ferro, dolori articolari, artrite, intorpidimento degli arti, convulsioni, amenorrea, eruzioni cutanee e afte nella bocca.
Le persone a cui viene diagnosticata la celiachia si trovano improvvisamente e definitivamente a stravolgere il loro stile di vita. Non sono concessi strappi alla regola e distrazioni. Devono continuamente preoccuparsi di non ingerire, volontariamente o involontariamente, del glutine. Il rischio è quello che la malattia, in remissione nel 75% dei casi attraverso una dieta senza glutine, si ripresenti al minimo contatto con la sostanza intollerante.
Non è permesso neppure cuocere il proprio cibo in pentole dove sono stati precedentemente cotti alimenti contenenti glutine.
Il cibo è l’elemento aggregante per eccezione. Pranzi e cene sociali sono il momento di unione e rinsaldamento di ogni gruppo: lavorativo, di svago o di qualsiasi altro genere sia. Questo aspetto del cibo ha una rilevanza negativa per il celiaco, che si trova ad affrontare spesso situazioni in cui si sente obbligato a rifiutare inviti o a provare imbarazzo nel condizionare le persone attorno a lui, scegliendo ad esempio un certo tipo di ristorante o facendo preparare piatti particolari solo per lui.
Questo aspetto della malattia ha spesso ripercussioni psicologiche gravi in chi ne è colpito. Ansia e soprattutto depressione sono i disturbi che maggiormente vengono riscontrati, ma si devono aggiungere spesso anche fobia e agorafobia.
L’età in cui viene fatta la diagnosi è una variabile importante nell’insorgenza di disturbi psicologici associati.
Nel caso in cui sia un bambino molto piccolo a risultare celiaco, il disagio maggiore sarà vissuto dai genitori, che dovranno affrontare e costruire uno stile di vita particolare per il loro bimbo.
Il piccolo paziente non conoscerà altra vita se non quella già impostata sul regime alimentare privo di glutine e farà meno fatica ad accettare la malattia. Depressione e ansia sono quindi più rari in questo caso. Più facilmente questi disturbi possono colpire i genitori che lo accudiscono.
Quando a ricevere la diagnosi è un adolescente, il rischio di problematiche associate si alza notevolmente.
L’adolescenza è già di per sé un momento molto particolare della vita di una persona. C’è la continua ricerca dell’autonomia e dell’indipendenza dalle figure genitoriali. Contemporaneamente c’è la ricerca dell’accettazione del gruppo dei pari. Fare parte del gruppo diventa spesso indispensabile e di primaria importanza per l’adolescente.
Il rischio di depressione è notevolmente alto se il ragazzo vede la malattia come una ricaduta alla dipendenza e un allontanamento dai compagni. Non poter partecipare a gite o alle prime serate in pizzeria o paninoteca può avere effetti davvero devastanti su un giovane. Inoltre spesso l’adolescente rifiuta l’aiuto di uno psicologo così come rifiuta i genitori proprio per mantenere la sua idea di indipendenza.
E’ davvero importante prendersi cura anche psicologicamente di un adolescente celiaco.
Per quel che riguarda un adulto, la risposta psicologica alla malattia risente imprescindibilmente dalle esperienze di vita e dal carattere della persona.
E’ sempre importante aiutare a far capire che seguendo le accurate indicazioni alimentari, ogni celiaco può vivere una vita perfettamente normale.
Utile è ricordare che con la celiachia si vive, con si sopravvive soltanto!
Una strana curiosità, che dimostra quanta strada ci sia ancora da fare per non incappare in discriminazioni (anche involontarie), viene dalla Chiesa.
Chi è celiaco non può prendere i voti e diventare sacerdote. La Chiesa impone che il rito eucaristico preveda l’assunzione dell’ostia.
Non potendo creare ostie totalmente prive di glutine si impedisce così ai celiaci di seguire la vocazione.
Sono fiduciosa che prima o poi si potrà trovare un giusto accordo per non creare ulteriori disagi e sacrifici a chi già deve rinunciare ogni giorno a “il nostro pane quotidiano”.
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Celiachia, psicologia di un modo di vivere
L’intolleranza al glutine e le sue implicazioni nel quotidiano
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Il cibo in testa