All’undicesima edizione di Identità Golose Milano 2015 tanti gli interventi di chef i cui nomi sono scritti nel firmamento della gastronomia; alla base di tutto una “sana intelligenza” e una conoscenza globale di quello che mangiamo e quindi quello che siamo.
Non so dirvi se ho apprezzato di più il misticismo di chi per primo ha fatto conoscere un’alta cucina naturale, Pietro Leemann, o la conoscenza del “tempeh”, insaccato ottenuto dalla fermentazione dei fagioli di soia gialla di Simone Salvini, fondatore di Organic Academy, o i piatti naturali nonché opere d’arte di Daniela Cicioni vincitrice dell’edizione scorsa di The vegetarianchange.
Di sicuro sono rimasta toccata dall’intervento del grande Alain Ducasse, classe 1956, e, se mi permettete uno dei pilastri della storia dell'enogastronomia mondiale.
Lui che a settembre ha aperto Plaza Athénée a Parigi accompagnato dallo chef Romain Meder e che, in una terra di patè e fois gras, volatili decide di proporre un menù a base di pesce, verdure e legumi; l'esigenza di un approccio più responsabile verso le risorse ambientali, sul consumo di proteine animali, e sulla tutela della biodiversità. Da qui la voglia di raccontare la storia di un prodotto attraverso chi la produce, un piccolo mondo che si nasconde dietro quello che serve e ovviamente la capacità di proporlo in un menù superexpensive.
Piatti che hanno ovviamente un “contenuto”, una sostanza, come quello che ha presentato qui: una quinoa croccante con radici invernali olio di tartufo e una generosa dose di tartufo nero, vegetali poveri ma condimento ricco (e qui lo ammetto.. il profumo di quel piatto si è propagato per tutta l’auditorium!)
Ma se lui ovviamente riesce ad ammaliare il suo pubblico e ad innescare la curiosità dei clienti che arrivano a pagare tantissimo dei piatti “poveri”, noi quale insegnamento ne traiamo?!
Prendo mie le parole di Bottura “recuperare gli scarti non è degradante”, cercare sempre di essere aperti ad altre visioni, di curare di più quello che mangiamo, di recuperare quelli che sono i sapori di una volta, di quelli che sono considerati poveri ma che alla fine ci fanno star bene, non solo in pace con il nostro fisico ma anche con il mondo in cui viviamo.
Un’edizione di identità Golose che ci fa e ci deve far riflettere!