Archivio Storico 2011-2017

x5

È nato WhiskyClub Italia. Whisky, ma non solo

27 Novembre 2014

Intervista a Claudio Riva

Tutto nasce dalle passione. Così è stato per Claudio Riva, divulgatore esperto del settore, e per Davide Terziotti, conoscitore appassionato e autore del blog Angel’s Share dall’inglese “la quota degli angeli”, in riferimento al distillato che evapora durante l’invecchiamento in botte.

Insieme, uniti dal desiderio di promuovere la cultura e la conoscenza dei distillati di qualità, hanno dato vita al WhiskyClub Italia. L’8 Novembre scorso, presso la Club-House del Golf Villa D’Este di Montorfano, in provincia di Como, si è svolto un meeting tra persone accomunate da questa passione. L’evento, iniziato con un banco di assaggio di whisky selezionati, si è concluso con una cena a cura dello chef Corrado Radice a base di piatti abbinati a tre birre di micro-birrifici: Extraomnes, Menaresta e Pavese, maturate in botti QuarterCasks ex Laphroaig.

Ho voluto rivolgere due domande a Claudio Riva per capire attraverso le sue parole gli obiettivi del Club. 

D) Claudio, questo Club nasce dalla tua passione per il whisky, ma non solo. Cosa ti prefiggi, ma soprattutto, quali iniziative intendi promuovere attraverso di esso?

R) L’obiettivo del club è quello di diffondere la cultura del buon distillato attraverso la sua massima eccellenza, lo Scotch Whisky. E di farlo in modo moderno, si siamo definiti l’era 2.0 del whisky in Italia. Non più la vecchia concezione di club esclusivo e in cui si può entrare solo se invitati, ma una concezione molto più aperta e moderna che passa anche dalla collaborazione con altri professionisti o appassionati. Ieri è stata la volta delle birre, prossimamente torneremo ad esploreremo l’abbinamento con i formaggi, poi con Giorgio Cabella (Chef e Cultura che ti ho presentato durante la serata) c’è il progetto di esplorare in modo serio l’abbinamento whisky-cibo, oggi assolutamente territorio vergine, soprattutto qui in Italia. Faremo serate cocktail, impensabili per un whisky club vecchio stampo, io sono dell’idea che ogni ragazzo che alle 7 di sera si beve un gin&tonic abbia il diritto di pretendere materie prime di qualità e che sicuramente riesca ad apprezzare un prodotto fatto bene rispetto al prodotto di pessima fattura che sino ad oggi gli è stato propinato. Ignorare questo problema significa lasciare il mercato del distillato in mano a poche aziende che abbassano la qualità a livelli inaccettabili e chiudersi in una nicchia che ci farebbe tornare velocemente verso l’1.0.

D) E’ mia abitudine, quando partecipo ad una serata, interagire con le persone che mi seguono con eventuali quesiti. Ebbene, durante gli assaggi l’amico cuoco Matteo Scibilia, mi ha sottolineato la distinzione tra whisky di mare e whisky di terra. Una classificazione tra l’altro che non conoscevo. Rivolgo a te la domanda. Puoi spiegarmi la differenza?

R) Per quanto riguarda la distinzione tra whisky di mare e whisky di terra, premetto che questa “classificazione” non esiste. Però rappresenta, con buona approssimazione, la doppia anima dello Scotch, quella che di solito porta a distinguere tra whisky torbato e non torbato. La distinzione nasce ovviamente dal luogo in cui matura la botte. In effetti la botte evaporando (angel’s share) consente l’ingresso all’aria dell’ecosistema in cui sta maturando. Se sei al mare questa aria sarà salmastra, con sentori di iodio e medicinali, se sei vicina alle montagne avrà sentori più floreali, fruttati, di miele. Mediamente la maturazione dello Scotch è parecchi lunga – per esempio 15 anni – ed è in questo periodo che la continuazione interazione con il legno della botte e con l’ambiente forma il carattere del malto. Questo desiderio di rallentare il processo di evoluzione dello Scotch è la ragione per cui lo Scotch può avere una sorta di terroir ed è la ragione per cui è un prodotto unico ed irripetibile altrove. Poi gli whisky isolani hanno un carattere diverso perché gli isolani sono un po’ più folli degli Scozzesi di terra ferma ;-) e perché sulle isole non ci sono piante, il processo di maltaggio dell’orzo viene fatto con l’unico combustibile che hanno a disposizione in abbondanza che è la torba. Il fumo di torba è molto più acre e penetrante rispetto a quello del carbone e questa caratteristica entra talmente in profondità nel chicco di orzo da resistere all’ammostamento, alla fermentazione, a due distillazioni e alla maturazione in botte. Ne consegue che negli whisky isolani di solito (quasi sempre) la presenze della torba è molto più importante rispetto a quella degli altri malti della terra ferma.

Ringraziando Claudio in conclusione posso dirvi che, fra i tanti assaggi, il mio preferito è stato quello dell’OctomoreBruichladdich, l'whisky più torbato al mondo. Un distillato che nasce in una distilleria edificata nel 1881 situata sull’isola di Islay, nella parte più occidentale della Scozia. Strepitoso! 

 

 

primi sui motori con e-max.it
primi sui motori con e-max.it