Appena chiuso il sipario su questa ultima edizione di Taste of Milano, quest’anno all’insegna della sostenibilità e del green, con chef e ristoranti che usano prodotti DS-gluten free (uno dei partner di Taste), mi chiedo se una manifestazione così possa continuare ad avere lo stesso successo che ha avuto negli scorsi anni.
Personalmente amo questo tipo di downstream cooking culture, ossia il fatto che alcuni degli chef più importanti di Milano e dintorni mettano a disposizione di un pubblico eterogeneo la loro professionalità e i loro collaboratori per dare a tutti la possibilità di degustare i loro piatti ad un prezzo accettabile e in un contesto credibile.
Ci sono state new entries come L’Alchimista o Larte, riconferme classiche come Ilario Vinciguerra, Andrea Aprea con il Vun, Andrea Provenzani patron del Liberty, Matteo Torretta con il nuovo ristorante L’Asola, Il Piccolo Lago di Marco Sacco, Wicky’s. Anche se comunque io ho sentito la mancanza di Innocenti Evasioni, Alice, Tano passami l’olio, Oldani.
I ristoranti da 12 del 2012 sono passati a 8 (come lo scorso anno del resto) e la location, vista l’esperienza degli anni 2011 e 2012 con nubifragi violenti in pieno svolgimento all’Ippodromo, si è trasferita dallo scorso anno allo spazio 27 di Via Tortona.
Il Taste ha sicuramente aumentato, o continuato dallo scorso anno, l’offerta di prodotti selezionati e particolari.
Ad esempio il Madeira Oysterbar che ha un ventaglio di diversi tipi di ostriche, fra cui le Fines de claires e le Gillardeauda fare degustare ai visitatori con la vodka O de V (una vodka distillata dal vino); oppure i formaggi solo di capra de Lavialattea, o Straberry che coltiva frutti di bosco e ha preparato almeno 10 camioncini ambulanti per la vendita itinerante dei loro prodotti, oppure Tuttelespeziedelmondo, che porta un tocco di sapore orientale al Taste.
Oppure i vari appuntamenti quotidiani con i laboratori Electrolux, Chef’sTable e Chef’s Secret, oppure il Wine Caveau (anche li i prezzi sono stellati), oppure i Blind Taste di Milly Callegar e la bellissima area de Il Cucchiaio d’Argento con Stefano Caffarri e gli chef ospiti.
La scelta dei vini è affidata alla società Trimani di Roma che, in tutta onestà, offre una bella carta, anche se, ed è un parere estremamente personale, 12 "euri" per un calice di Pol Roger mi sembrano esagerati per una fiera come il Taste.
Insomma per me è stato piacevole ma, e non so se sono io ad aver visto male, mi sembra che l’affluenza di pubblico sia stata davvero poca, come se ormai tutto questo foodhurricane ormai stancato e creato danni irreversibili.
Certo per gli chef si tratta comunque di un investimento abbastanza oneroso perché oltre a dover gestire gli spazi e cucinare durante la manifestazione, ognuno di loro ha un ristorante da portare avanti, personale da gestire (e pagare), materie prime da acquistare e fornire.
E di questi tempi non sempre 1+1 riesce a fare 2.
Io spero che non sia così e che questa mia impressione sia totalmente errata perché sarebbe un peccato, un vero peccato che il Taste of Milano perdesse il suo pubblico goloso e i suoi chef meravigliosi.
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