Siamo andati al salone del gusto di Genova, a dirla tutta un po’ terrorizzati dal precedente articolo della collega sTabbia. Non sapendo cosa aspettarci tra la speranza di un evento da ricordare e la cronaca di un fallimento, ci accingiamo ad entrare nel padiglione 8 dei Magazzini del Cotone.
L’inizio è abbastanza incoraggiante, troviamo infatti delle nostre vecchie conoscenze.
Ci accoglie all’ingresso la Compagnia del Pesto Genovese, con la quale avevamo avuto il piacere di collaborare per un articolo (vedi alla sezione “Personaggi”).
Un po’ rinfrancati iniziamo il giro, subito accolti dal profumo di salame e caciotta stagionati.
La prima cosa che salta agli occhi è la presenza di numerosi stand del nord, indubbiamente più solerti nel far conoscere le specialità delle loro regioni. Tanti stand di vino, molti anche quelli dedicati all’olio. Al piano superiore uno stand della Val d’Aosta ci mostra la più grande varietà di mieli che pensavamo potesse esistere (ma voi lo sapevate che esiste il miele di tarassaco e di clementine?), oltre ad altri derivati del lavoro delle api, come propoli e pappa reale.
Diversi anche gli espositori provenienti dalla Sardegna, venuti “sul continente” a mostrarci i prodotti della loro isola. Inoltre notiamo la presenza dello stand dell’aceto balsamico di Modena, grazie alla partecipazione a questa manifestazione della premiata Acetaia Bertoni.
Infine, un fortissimo profumo di olio e spezie ci segnala con molti metri d’anticipo lo stand del partecipante arrivato da più lontano, l’azienda agricola Pietrasanta, dalla Puglia con furore.
Pur incuriositi e allietati dalla presenza di così tante regioni, iniziamo a sentire la mancanza di gente delle nostre parti. Fortunatamente, l’incontro con un coltivatore di Olive Taggiasche (l’azienda agricola Damiano di Imperia) ci apre le porte al padiglione dove si sono radunati i nostri conterranei.
Sentendoci finalmente a casa, troviamo lo stoccafisso di Norvegia del signor Agostino Ventriglia, genovese doc., e la pasticceria Angeleri di Genova Voltri, che ci inebria con il profumo dei suoi canestrelli. Da Tiglieto è venuta a trovarci la signora Daniela Siri, con i suoi ravioli di antica tradizione, ma non mancano anche i giovani con le novità di nuova generazione. Infatti, una gentile standista ci regala due inviti per l’ostricheria “IndarSena”, locale new generation che si è posto l’obbiettivo di svecchiare le ostriche e quanto di lussuoso fornisce il mare, creando un locale dove un essere umano sotto i 40 possa mangiarsi due ostriche e della polpa di granchio senza sentirsi un elefante in una cristalleria, e dove non sia guardato con disprezzo dal solito cameriere in livrea. Come dire che non di sola pizza e birra vive il giovane.
Divertiti da quest’ultima novità, sulla quale magari scriverò anche un articolo, passiamo a salutare i nostri amici della Compagnia e ci avviamo verso l’uscita.
Devo dire che mi è piaciuta, ma effettivamente ho notato la carenza di assaggi. Sarà la crisi, o l’articolo della collega sTabbia ha sparso il terrore tra i rappresentanti della gastronomia nazionale?
Scherzi a parte, il giro è stato interessante, mi sa che ho trovato materiale per gli articoli dei prossimi quattro mesi, con tutti i depliant che mi hanno dato.
Adesso però, vado a mangiarmi un panino sottoripa…….
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