Archivio Storico 2011-2017

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Antica Focacceria S. Francesco

19 Aprile 2014
Una cena narrata
Quando un paio di settimane or sono mi hanno chiesto di partecipare ad una cena narrata per festeggiare i 180 anni dell'Antica Focacceria S. Francesco mi son subito domandata: ma si mangia o si ascolta? si degusta o si assiste a un'opera teatrale?

Beh, potrei quasi dire di aver vissuto tutte e quattro le situazioni contemporaneamente, ma andiamo per gradi; l'Antica Focacceria, che ha la sua sede storica a Palermo, è un ristorante ma anche una focacceria dove si può mangiare un pranzo o una cena completi ma anche solo passare per prendere del cibo da asporto, come arancine, panelle, sfincioni, cannoli, perché la Focacceria è Sicilia allo stato puro, strizza l'occhio a ricette sicule come la pasta alla Norma (tipica catanese) ma è cucina di Palermo prima di tutto, con il suo street food verace, le sue focacce alla meusa (milza) ricotta e caciocavallo, le sarde al beccafico o le moffolette, tutti fatti di sole e di cuore.

Come con il cuore c'è stata narrata la storia di quello che abbiamo assaggiato quella sera, una vera full immersion nella cultura storica culinaria sicula, non solo una cena, di più, un insieme di aneddoti e spiegazioni, dal perché l'arancina si chiama così è chi l'ha inventata (si chiama così perchè la forma è ispirata al frutto dell'arancia e l'hanno inventata i saraceni, come comodo modo per trasportare il riso nei loro viaggi) alla storia della nascita della caponata (un composto di verdure e salsa agrodolce nato poco a poco, prima per insaporire e ammorbidire il pane mangiato dai marinai, come metodo per riutilizzare gli scarti di verdure e via dicendo fino alla ricetta che noi tutti conosciamo con l’aggiunta di melanzane e pomodoro) passando per la fantastica storia della nascita del cacio dell'argentiere fino a quella dei dolci, dal trionfo di S. Francesco alla cassata.

Quella sera posso dire di non aver solamente cenato, ma di aver vissuto un'esperienza olfattiva, uditiva, visiva e degustativa, un'esperienza completa a cui (lancio un’idea) sarebbe bello tutti potessero accedere come fosse un’alternativa alla classica cena, un servizio plus perché i clienti possano conoscere la storia di quello che mangiano e apprezzarlo in maniera più completa così com’è accaduto a me.

Vi faccio un esempio: quando c'è stato servito il secondo, una fetta di cacio molto aromatico, profumato con origano, aceto e miele ho iniziato a mangiarlo quasi subito, temendo che si freddasse così come invogliata da Filippo, l'esperto di storia delle tradizioni siciliane intervenuto alla cena per deliziarci con i suoi racconti. Mentre mangiavo e - appunto - gustavo insieme il sapore e l’intenso profumo, lo stesso Filippo raccontava come mai quel piatto si chiamasse il "cacio dell'argentiere".
Si narra che l'argentiere, seppur maneggiasse preziosi e fosse ritenuto dal popolo un uomo benestante, non fosse in realtà una persona agiata, considerando che non restavano per lui neanche le limature dei metalli preziosi con cui lavorava, ma una cosa positiva l'aveva, in casa sua il fuco era sempre acceso e su quel fuoco sua moglie era solita mettere a cuocere, a bagnomaria, delle grosse fette di cacio, un cibo povero ma che veniva ben aromatizzato con aceto, origano, aglio e – quando disponibile, zucchero; Così condito il cacio emanava il profumo tipico del coniglio (che notoriamente era una carne molto pregiata) e questo faceva sì che la gente, passando e sentendo questo profumo, immaginasse il “ricco” argentiere intento a mangiare carne ogni giorno, di coniglio per giunta! Potete comprendere che cosa significhi assaporare un piatto e contemporaneamente ascoltarne la storia e le origini? beh mi perdonerete il gioco di parole se vi dico che ha tutto un altro sapore?

E cosa dire poi delle storie legate ai dolci, come quella della nascita del Trionfo di S. Francesco un dolce povero e nato per caso. Tutto ha origini dal fatto che la Focacceria di Palermo era solita regalare gli scarti della cialda dei cannoli rotti al convento vicino. I frati così non facevano altro che unire alla ricotta dolce le cialdine spezzate di cannolo, un poco di zucchero a velo e del cioccolato in scaglie ed ecco nato un dolce povero per gente umile ma un trionfo di bontà (o un cannolo destrutturato come m'è venuto di chiamarlo appena visto) per quelli della Focacceria che han visto bene di metterlo in menù.

Ma i prodotti della Focacceria non sono solamente da raccontare, sono anche da mangiare: le panelle, morbide focaccine di farina di ceci, le crocchè di latte, buonissime, lo sfincione, un pane spugnoso e sugnoso arricchito con caciocavallo, acciughe e pomodoro. E che dire dei dolci poi, i fantastici e rinomati dolci siciliani: da segnalare la torta Savoia, la delizia al pistacchio, i cannoli e la cassata, dolce nato per celebrare la risurrezione di Cristo, con il suo decoro di frutta candita che ricorda il sole (e qui il legame visivo con il sorgere/risorgere) e ultima ma non ultima la mia preferita, la torta Setteveli, che magari non avrà una storia curiosa o affascinante alle spalle, ma è un dolce composto da sette strati di cioccolati differenti, con la sua glassa morbida e lucida che quando la mangi prima si abbassa leggermente come se fosse imbottita di nuvole soffici e poi cede, vinta, sotto i colpi della forchetta, un’opera d'arte della pasticceria siciliana che già da sola, vale una puntatina alla Focacceria.

La Focacceria, appunto, nata come luogo per vender cibo povero ai poveri in questi 180 anni ne ha fatta di strada, prima a Palermo, poi anche in altre città italiane come Roma e Milano, uno scrigno che racchiude tesori e che li ha esportati fuori dall’isola, per regalare anche a noi romani e ai milanesi un po’ di amore per il cibo e per le tradizioni siciliane. Se vi capitasse, vi consiglio di fermarvi in una delle sette sedi della Focacceria, non per nutrirvi ma per mangiare, perché – e citerò Filippo, sposando appieno una sua frase - come per i siciliani anch’io credo che nutrirsi significhi saziare lo stomaco ma mangiando, sazierete la vostra anima. E ne sarà valsa la pena.
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