Quando manca una persona famosa, molti fanno a gara per ricordarlo come un grande amico. Non ero grande amica di Francesco Arrigoni, estimatrice sì. L'ho conosciuto anni fa, appena arrivata nella bergamasca, abbiamo più volte parlato di vino, di cibo, di cuochi. Non eravamo d'accordo quasi in niente, ma apprezzavo la sua sottile ironia, e soprattutto il suo essere così garbato, mai troppo polemico, equilibrato. Per un critico enogastronomico non è facile.
L'ultima volta che ci siamo incontrati,pochi mesi fa, abbiamo scherzato sui bergamaschi. 'Hanno un caratteraccio', mi disse. Gli risposi: 'Ma tu sei bergamasco!'. E lui: 'Appunto'.
Questo è l'ultimo ricordo che ho di Francesco. Lo consideravo un uomo tutto d'un pezzo, uno che ha anche pagato di persona la coerenza con le sue idee, uno duro e puro, uno di quelli che non si possono comperare. E questo basta, nella mia scala di valori. E non m'importa se ha scritto sul Gambero e sul Corriere, preferivo sinceramente i pezzi velatamente pungenti e polemici di Vercingetorix.
Amici comuni mi hanno avvisata che era in fin di vita. Non ho voluto crederci, ho cercato conferme, e, purtroppo, le ho trovate. 52 anni sono pochi per andarsene così.
Resta l'amarezza per una vita prematuramente spezzata, ma resta anche l'esempio. Nel nostro tempo, così povero di eroi, di maestri e di profeti, rileggere i suoi scritti penso ci farebbe bene...
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