Archivio Storico 2011-2017

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Romeow cat Bistrot

29 Maggio 2015

Che dire se non “miaoooo”

Volevo provare questo locale da quando è stato aperto, a fine 2014. Per un sacco di motivi non ho potuto ma la voglia era rimasta, la curiosità cresceva.

Un locale di cui non so pronunciare il nome mi mette a disagio, un locale dove ci sono sei gatti, quattro presi al gattile e due trovatelli, che sono liberi di girare tra i tavoli, saltare fin quasi sul soffitto grazie a dei piani incastrati ad hoc nel muro, mi mette a disagio. Pensare a come possa essere gestito l’igiene in un locale pubblico dove vivono anche dei piccoli felini mi mette a disagio.

Ecco, per liberarmi da tutto questo disagio io ero impaziente di cenare al Romeow.

Prenotare non è stato semplice, hanno giorni di attesa, segnale positivo dell’andamento del locale (che non significa successo dello stesso, mi occupo di food da troppo tempo per credere alla storia del “è sempre pieno, si mangia per forza bene”).

Quando io e la mia amica di sempre siamo arrivate ci hanno accolto…i gatti. Giravano indisturbati nel piccolo ma delizioso locale, arredato semplicemente, con i soliti tocchi shabby che tanto piacciono alla ristorazione romana, con qualche tocco di originalità che ho apprezzato come il pavimento, che passa dal maiolicato a nodi d’ape ai tavelloni di parquet con un contrasto cromatico delizioso che è un matrimonio, con un tronco di albero che accompagna lo sguardo dal basso fin al soffitto, tana, rifugio e divertimento per i mici, arredo e originalità per il locale.

La prima cosa cui ho fatto caso è stato l’odore di nulla. Se non avessi visto i gatti non avrei immaginato che ci vivono sei bestiole, castrate sì, ma sempre sei, in un locale grande come un trilocale cittadino. Cibo e lettiere sono al piano inferiore, lontano dallo sguardo e dalle narici di ospiti e proprietari, le regole di igiene sono state imposte dalla ASL al momento della richiesta di apertura e vengono da loro supervisionate con scadenze saltuarie. Già me li immagino gli addetti che si son trovati a gestire una simile richiesta “Salve, siamo Valentina e Maurizio e vogliamo aprire un locale dove, oltre a noi e alla brigata della cucina, gli avventori verranno accolti e intrattenuti da sei gatti, ci dite come fare?” Bizzarrie per loro, giovanile entusiasmo imprenditoriale dico io.

Ci fanno accomodare e ovviamente l’attenzione è tutta per i gatti, gatti che “nun ce se filano”. Perché il gatto è così, è indipendente e aivoglia a dire “no ma il gatto è affettuoso come il cane, il gatto ti ama, il gatto bla bla bla” in realtà, ve lo dice una che sta aspettando l’arrivo del suo nuovo amico felino a quattro zampe e che ama anche i cani da sempre, in realtà dicevo, il gatto è un animale psicologicamente indipendente. 

A volte penso che il gatto sia come certi uomini, tu – donna innamorata – cerchi di riempirli di pregi, idee, intenzioni, buoni propositi ma – semplicemente – stai facendo tutto da sola, perché loro hanno la loro natura prestabilita dalla nascita, quello sono, quello resteranno e cercare di instillare in loro qualcosa che non gli appartiene, semplicemente, è inutile. I gatti usano l’uomo e se ne accompagnano nei modi e nei termini che più preferiscono. Non si ritengono di nostra proprietà, siamo per alcuni solo un dispenser ambulante di cibo, per altri siamo una compagnia piacevole, ma certo, un gatto, non si “strapperebbe mai i baffi” per noi come invece noi – spesso – facciamo per loro. Ed è pure giusto così, perché non esiste nulla di peggio che snaturare un animale, accollargli comportamenti che non gli appartengono, convincerci e convincerli che sono altro da quel che sono anche perché, chi ama i gatti, in fondo, li ama anche per questo, perché sono fondamentalmente un po’ stronzetti.

I gatti del Romeow giocano e si avvicinano se ne hanno voglia, altrimenti si fanno guardare, osservare, ammirare, studiare, stupiscono involontariamente con i loro balzi felini, come una bella donna che cammina sicura nei suoi pensieri ma – occupando quello spazio nel mondo – riesce a sconvolgere chi gli è intorno, semplicemente esistendo, e delizia la vita di chi incappa in lei.

I gatti del Romeo sono moderatamente incuriositi e molto educati, abituati soprattutto all’essere umano vario che popola giorno dopo giorno, il locale. 

Oltre ai gatti però, c’è un intero menù di cui parlare. Vegano e vegetariano a seconda delle proposte.

Entrèes, primi, secondi e dolci, abbiamo provato di tutto un po’, io e la mia amica, tra le risate che ci impedivano di bere e deglutire, tra le chiacchiere, quelle interessanti, così interessanti che hanno zittito più volte le tre ragazze del tavolo di fianco. Le cose sono due, o la loro conversazione languiva o la nostra valeva una sbirciata uditiva ma tant’è, la cena è proceduta lenta e colorata, a base di involtini di peperone giallo, croccantissima tempura di verdure di riso integrale con una deliziosa maionese al wasabi (che io non sapevo di amare fino a quel momento), abbondanti spaghetti di grano duro con fagiolini al pesto di noci, sesamo nero e lime e infine kebab di verdure e tempeh con salsa tzatziki.

Ammetto, forse per via degli ingredienti che componevano i piatti, forse per via del pane primus che abbiamo spizzicato, un pane particolare su cui potrei scrivere un articolo a parte ma di cui ora vi dirò solo che è buonissimo, dopo l’antipasto eravamo già piene. Metterci sopra un primo o un secondo è stato quasi faticoso, soprattutto per quanto riguarda il kebab, davvero ottimo ma anche impegnativo come piatto.

La curiosità però ci ha guidate fino al dolce. Specialità della casa le raw cake, una specie di cheesecake vegane. Sì, l’ho pensato anch’io, che per fare una cheesecake vegana avrebbero usato latte alternativo come quello di mandorle, riso e via dicendo. Invece no, dopo una deliziosa base senza latte burro e biscotti la crema della raw cake è tutta a base di anacardi. Un dolce che solo se proprio ti piacciono le sfide “tu vs il tuo fegato” riesci a finire, un dolce bello e buono fino al terzo cucchiaino. Dal quarto in poi inizi a immaginare le possibili alternative che avrebbero reso quella crema meno pesante e avrebbero potuto completare divinamente la ricetta. Ma invece no, c’è questa pasta di anacardi che credo smaltirò dopo l’estate, con le sue millemila calorie, che impasta il palato e il cervello. Forse meglio provare i muffin al cioccolato fondente e pere o la crostata di farro con marmellata di albicocche che era stata la mia prima scelta se non mi fossi fatta poi irretire all’idea di un cheesecake vegano.

In conclusione un locale dove vale la pensa fare un salto, per l’atmosfera, per i proprietari piacevoli e dolci entrambi, per i mici e per il cibo, presentato in maniera impeccabile e creativa, su delle stoviglie deliziose, altro che i soliti piatti algidi e luccicanti dei classici ristoranti; forse però il segreto è proprio qui, perché Romeow, del classico ristorante, non ha proprio nulla, e va bene così.

 

 

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