Prima di raccontarvi questa cena premetto che il pezzo di oggi non vuol essere un’opinione completa ed esaustiva, una vera e propria recensione sul ristorante Romeo, aperto da circa sei mesi nel quartiere Prati, in quel di Roma, da Alessandro e Pierluigi Roscioli (che curano rispettivamente il bancone gastronomia e il forno) Cristina Bowerman (che si occupa del ristorante) e Fabio Spada (amministratore e direttore del locale) e già diventato luogo cool dell’enogastronomia figherrima romana, no, questo vuol esser solo il racconto di una piacevole cena in compagnia di uova Pochè, ricci di mare e biscotti Gentilini.
Romeo è già diventato luogo cool dell’enogastronomia figherrima romana, ma qui non voglio recensire un ristorante, questo vuol esser solo il racconto di una piacevole cena in compagnia di uova Pochè, ricci di mare e biscotti Gentilini.
La proposta di cenare al Romeo è venuta dall’amica Silvia. Il fatto che siamo due amanti della cucina e che entrambe ne scriviamo non è da legare all’errata idea che chi ama il cibo e scrive di cibo sia un gastrofighetto della serie “no scusa, ma se un caffè lo pago meno di 3 euro io lì non ci entro!” anzi, noi saremmo state bene anche in un pub davanti a pizza e birra, bastava aver nel piatto una bella pizza lievitata 24 ore (ancor meglio se 48) e nel bicchiere una buona birra ghiacciata (magari artigianale). La questione è tutta qui: il ristorante aveva aperto da pochi mesi, il posto alla fin fine era a portata di auto per entrambe e la novità nell’accoppiata Bowerman/Roscioli c’incuriosiva così tanto…
Ecco quindi che ci siamo ritrovate, un martedì sera, sedute una di fianco all’altra ad un piccolo tavolo con apparecchiatura minimal chic in un locale dall’arredamento moderno e piuttosto geometrico ma dal soffitto che definirei pazzesco, un incastro di tubi a far da cornice a delle costruzioni ovoidali sospese che tanto mi han ricordato i tripodi in versione volante de “La Guerra dei Mondi”. Affascinante già solo alzar gli occhi al cielo, stranamente ipnotizzante per me che son rimasta traumatizzata dalla visione del film al cinema ma tant’è, così è iniziata la mia esperienza al Romeo.
Tra una chiacchiera e l’altra i camerieri – efficienti, disponibili, senza mai sconfinare nel petulanti - ci han portato in ordine: un cestino di pane con la famigerata focaccia Roscioli, due formaggi freschi con salmone e tartufo come entrée per addolcire il palato e mettere in stand by la fame e per ultimo un menu tutto da studiare. Dopo alcuni intensi minuti a sbirciarlo le nostre scelte son cadute su due antipasti, due primi e un finale di dessert, il tutto annaffiato da Pinot Bianco (per la mia amica) e dell’imbarazzante acqua liscia per chi non regge il vino (nel qual caso me medesima).
Ma andiamo con ordine. Tra gli antipasti abbiamo optato per l’Uovo Poché con fonduta di parmigiano e il Manzo speziato con polenta e puntarelle. Il primo, dopo esser avvolto in una pellicola trasparente (tipo cellophane) viene cotto a basse temperature per rimanere, dopo tanto sbattimento – si fa per dire - quasi crudo, il che parrebbe un ossimoro ma si sa, oramai ogni cuoco chef che si rispetti ha il suo uovo (vedi Cracco) e allora…
In barba alle mode però, l’accostamento uovo semiliquido e fonduta di parmigiano non era affatto male. Ora, sarà golosità la mia, ma con una simil fonduta di parmigiano anche un balut* cambogiano sarebbe stato gradevole. (*Il balut è un piatto tipico di molti paesi del Sud-est asiatico; consiste in un uovo di anatra o di gallina fecondato e bollito nel suo guscio poco prima della sua schiusa, quando l'embrione al suo interno è quasi completamente formato. Fonte Wikipedia [n.d.r]).
Nel mio piatto stazionava invece un delicatissimo carpaccio di manzo con un cubotto di polenta e delle deliziose puntarelle condite con la sacrosanta salsa di acciughe che, dicono i romani, “è la morte sua”. Se consideriamo che la polenta era messa lì più per effetto scenico che per un vero e proprio accostamento gustativo (visto che con una mossa felina era già sparita tra le mie fauci e di lei si son perse le tracce) l’accoppiata manzo speziato e puntarelle m’è gustata alquanto; un matrimonio all’apparenza improbabile, quello tra un nobile carpaccio chic e delle povere puntarelle proletarie che invece ha convinto e messo d’accordo olfatto, vista e il più titubante dei sensi, il gusto.
Dopo il giusto intervallo son poi arrivati i primi: devo ammettere che scegliere è stato veramente difficile, il mio pensiero dominante davanti alle proposte in menu era “Li. Voglio. Tutti” ma la buona educazione e la certezza di lasciarci mezzo stipendio ha avuto la meglio e così ci siam tuffate su un piatto di linguine del pastificio dei Campi con pomodorini semisecchi, ricci di mare e polvere di caffè, e su un primo di ravioli ripieni di Castelmagno con nocciole e salsa di pere.
Com’erano le linguine? cotte a puntino, un avvolgente connubio di gusti, poi si, c’era questa polvere di caffè che mi dava tanto dell’invenzione scaturita da un incidente (tipo la vulcanizzazione, avete presente? ma meno riuscita) ma che faceva anche tanto charming food. I ravioli erano divini, ogni ingrediente al posto giusto, per una forchettata di delizia, dove il Castelmagno del ripieno convolava a nozze con la spuma di pere sotto la benedizione delle nocciole che donavano croccantezza ad una nuvola di sapore. Sintetizzando potremmo anche vederla come una rivisitazione creativa del vecchio detto “al contadino non far sapere quant’è buono il cacio con le pere”.
L’apoteosi del genio della rivisitazione l’ho però trovata nei dessert; il dolce di latte e Gentilini con crumble di latte e cioccolato era un esempio di scienza culinaria. Per prepararlo i biscotti della famosa fabbrica romana vengono lasciati in ammollo nel latte per assorbirne tutto il sapore e il profumo, latte che viene poi filtrato; il risultato è un dolce al cucchiaio della consistenza della panna cotta ma dal sapore unico e assolutamente da provare. Ottimo ma ovviamente meno stupefacente il cheesecake limone e cioccolato con cialda croccante ai semi di sesamo, un peccato di gola che si perdona facilmente, viste soprattutto le porzioni di dimensione haimè inversamente proporzionale al prezzo (otto euro).
Ora dovrei dirvi che luogo meraviglioso sia Romeo, che cena sublime sia stata e bla bla bla; vi aspettereste questo, ma io vi dirò altro. Vi propongo di provare, di toccare con mano, di assaporare il Romeo per una cena di gusto ma anche per un pranzo veloce, con i suoi pani e i suoi panini d’autore tutti da scoprire. Questo è materiale per un altro articolo, una nuova storia tutta da raccontare, vi anticipo solo che forse sono questi ultimi che più strabiliano il palato perché, oramai, alle cucine creative siamo abituati, ma a dei panini come quelli che nascono dal connubio Rosicoli/Bowerman ancora no, Roma non era abituata…e voi?
Per chi volesse provare l’esperienza:
ROMEO
Chef e Baker
Via Silla, 26a
Roma
x5
Romeo, Romeo ma sei davvero tu il mio Romeo?
dove il genio e la sperimentazione s’incontrano
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Cavolo che pranzo