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Il Cibo nell’Arte

23 Agosto 2012
anche l’occhio vuole la sua parte
Da sempre, il cibo ha ricoperto un ruolo molto speciale nelle opere d’arte di tutte le epoche.

Partendo dalle scene di caccia dei graffiti preistorici, passando dai mosaici pompeiani e bizantini, fino alle tavole più famose del rinascimento come “L’ultima Cena” (forse la scena più rappresentata nella storia dell’arte), il cibo ha sempre occupato un posto di rilievo, destinato a comunicare all’osservatore la natura del quadro (religiosa, profana, ecc..), lo status sociale dei suoi protagonisti (pane e legumi per i poveri, dolci e selvaggina per le classi elevate), nonché l’epoca di ambientazione della scena.
Tutto questo si rifà alla tecnica del simbolismo, grazie alla quale molte informazioni potevano essere trasmesse con le semplici immagini anziché con frasi scritte, non sempre alla portata di chi osservava a causa dell’analfabetismo dilagante in molte fasi della storia dell’uomo.

Nei dipinti e mosaici più antichi, il cibo era rappresentato nella sua fondamentale funzione “nutrizionale”, in un tentativo di attirare la benevolenza della Natura e di esorcizzare lo spettro della carestia, un tempo realtà tristemente frequente nelle epoche più diverse.
Spostandoci al medioevo, il cibo assume una precisa valenza simbolica e vari significati allegorici, andando a rappresentare non solo il divario tra le classi sociali, ma anche la ciclicità della vita, l’avvicendarsi delle stagioni, i vizi e le virtù dell’uomo e le differenze culturali tra i popoli.
Tuttavia, fino al XVII secolo, il cibo fu solo un coprotagonista nelle opere dei maggiori artisti conosciuti, utilizzato sia per illustrare scene di vita quotidiana, sia per imprimere un’enfasi maggiore nei dipinti “in posa”.

Si dovrà aspettare il 1596 perché Caravaggio dipinga la celeberrima “Canestra di Frutta”, prima opera conosciuta nella quale il cibo non è accessorio, ma protagonista assoluto della tela.
Agli inizi del seicento compare nell’arte il termine “Still Leben”, letteralmente “vita ferma”, poi tradotto in “natura morta”, con il quale si indicano quelle opere che rappresentano elementi statici come libri, strumenti musicali, e naturalmente cibo.

Anche in questo caso, gli alimenti vengono spesso utilizzati per indicare epoche e situazioni socio economiche di vario genere (le aringhe, ad esempio, indicano povertà, mentre l’uva ricchezza), ma assumono sempre più il ruolo di protagonisti assoluti dell’opera nelle loro forme più diverse, dalle pietanze disposte in maniera più o meno casuale su una tovaglia, ad elementi distribuiti in modo strategico sulla scena, fino a costruzioni strutturate dove gli alimenti formano uno schema preciso.
Particolarmente interessanti sono infatti le opere di Giuseppe Arcimboldo, che nei suoi quadri dà alla frutta e alla verdura sembianze antropomorfe, come nel famoso “Ortolano”, il quadro reversibile dove un semplice cesto di frutta diventa il viso paffuto di un uomo.

Procedendo lungo il percorso dei secoli, tra il 1500 e il 1700 si nota come l’arte torni a rappresentare l’andamento della storia dell’uomo, ritraendo periodi di abbondanza e carestia in una sorta di documentazione fotografica che ci illustra forse più dei documenti scritti il susseguirsi degli avvenimenti storici.

Tra il 1700 e il 1900, i cibi rappresentati hanno lo scopo di comunicare un messaggio ben preciso allo spettatore, ad esempio Van Gogh cerca con la sua arte di ridare dignità agli esponenti di ogni classe sociale, mentre De Chirico vuole trasmettere il legame che unisce la natura e l’uomo, basandosi sul concetto che se una cosa non si muove non è detto che non sia viva, e ampliando così il messaggio trasmesso dalla “natura morta”, un tempo considerata solo come la semplice fotografia immobile di un insieme di oggetti inanimati.

Infine, nella seconda metà del XX secolo, terminato il periodo delle tensioni sociopolitiche, entrano in scena la “Eat Art”, evoluzione della “natura morta” nella sua forma più spensierata, e la “Pop Art”, con il suo maggiore esponente Andy Warhol.
Entrambe le correnti artistiche, molto simili tra loro, si pongono come obbiettivo l’elogio alla banalità e utilizzano il cibo come simbolo del consumismo dilagante, sfruttando l’impatto visivo di immagini statiche ma intensamente colorate.

In ultimo, è d’obbligo nella nostra epoca sottolineare il passaggio dell’arte figurativa dalla pittura alla fotografia, che vede il suo attuale massimo esponente in Carl Warner, odierno erede dell’Arcimboldo e fotografo di fama mondiale, famoso per i suoi “paesaggi di cibo” e per l’invenzione della corrente artistica del “Foodscapes”, in cui l’obbiettivo e le luci hanno definitivamente sostituito i pennelli e la tela, senza per questo far perdere magia all’opera finita.
Nel corso dei secoli sono stati rappresentati nelle varie opere innumerevoli alimenti, ma alcuni sono particolarmente ricorrenti, sia in epoca antica che moderna, soprattutto nei quadri di ispirazione classica.

Tra di essi ricordiamo:

- L’uovo: è l’emblema universale della natura, è legato all’immagine di Cristo che risorge, ma anche alla ciclicità della vita e all’avvicendarsi delle stagioni.

- L’ostia: rappresenta ovviamente il corpo di Gesù, ma anche la misericordia e lo Spirito Santo.

- L’uva: in opere di ispirazione religiosa rappresenta assieme all’ostia il corpo e il sangue di Cristo, l’ultima cena e la redenzione. In opere di ispirazione classica rappresenta invece l’abbondanza, la ricchezza e la fortuna, ma anche le aspettative per il futuro.

- Il pane: ovvio simbolo cristiano, nelle opere religiose indica il corpo di Gesù al posto dell’ostia, mentre nelle opere laiche è simbolo di lavoro, onestà, perseveranza e pazienza.

- La mela: è un simbolo altalenante tra sacro e profano. Nelle opere di ispirazione religiosa rappresenta il giudizio divino, la perdita del paradiso terrestre e la tentazione, mentre in quelle d’ispirazione classica è simbolo di bellezza (rimandando ad Afrodite, dea dell’amore), fecondità e abbondanza, oltre che del paganesimo inteso come radice culturale dell’uomo, e non come peccato.

- La melagrana: nelle opere classiche come in quelle religiose rappresenta la giustizia, ed è spesso ritratta nelle mani di Gesù, sia bambino che adulto, o tra le mani dell’allegoria della Giustizia, che nell’altra mano reca una bilancia. Per i suoi molti chicchi rappresenta anche, con la mela, la fecondità e l’abbondanza, oltre che il ritorno alla vita dopo i rigori dell’inverno.

- Il pesce: qui inteso come alimento, rappresenta Gesù e la resurrezione, ma anche l’acqua, la vita e le sue origini, e la nostra memoria ancestrale.

Il cibo nell’arte collega tra loro i principali avvenimenti storici e i simboli di tutte le epoche. Metafora della sottomissione della natura (gli ingredienti semplici che diventano piatto finito), ma anche dei bisogni primigeni dell’uomo, il cibo diventa veicolo di comunicazione semplice ed immediata agli osservatori, che possono trarre dalle immagini non solo le informazioni principali sull’epoca di riferimento, ma anche i messaggi nascosti tra le immagini stesse, in un continuo interscambio di significati più o meno profondi tra il passato e il presente, che si protende verso il futuro grazie all’immortalità delle opere dei grandi artisti di ieri, di oggi e di domani.
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