Archivio Storico 2011-2017

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Muore sulla fiamma e dalle polveri rinasce.

27 Luglio 2012
L’immortalità mediatica della pentola Versilia, la Fenice in cucina
Esiste un modo furbo per fare delle ottime e soffici torte senza dover accendere il forno: lo sanno bene le opinion makers del momento, le foodblogger, che da alcuni anni, su suggerimenti incrociati, hanno riesumato il fornetto di campagna della nonna e lo piazzano in prima pagina in tutte le stagioni: ma il revival della mitica pentola risale ai forum di cucina degli albori, dove letteralmente le “condomine” restituivano alla luce tanti di quei cimeli lasciati in soffitta che non vi immaginereste nemmeno, regalando loro non solo nuovo smalto ma soprattutto l’immortalità mediatica a largo spettro e soprattutto catodica (in pochi istanti, finivano, chissà perché, immediatamente in televisione…).

In inverno come in estate si può aver bisogno di cuocere una torta ma di avere il forno momentaneamente occupato: il fornetto, nato in realtà per esigenze antiche di cottura che contemplavano un po’ tutte le pietanze, dal pane alla carne, passando per i timballi di pasta e i dolci tradizionali, viene allora sempre in soccorso in maniera egregia. Ma è proprio nella bella stagione che se ne parla più spesso, forse perché i bambini, rimanendo a casa da scuola e facendo delle colazioni più abbondanti, chiedono a gran voce la torta e le mamme che già conoscono il trucco sfoderano l’arnese fatato… e oplà, in un’oretta si rivolta una ciambella profumatissima e alta, quanto gli stampi tradizionali da forno non riuscirebbero mai a fare nemmeno con uno sforzo titanico.

Pensate che meraviglia, se in vacanza nel solito residence dove si tira al risparmio, che ci vedrà miracolosamente presenti una settimana anche quest’anno per grazia ricevuta, e dove l’angolo cottura lascia sempre alquanto a desiderare, potessimo provvedere con le nostre mani al necessario per colazione e merenda, senza dover prosciugare del tutto il portafogli andando tutte le mattine al bar o ricorrendo alle terrificanti merendine che abbiamo evitato accuratamente per tutto il resto dell’anno (non tutte sono proprio terrificanti, si sa, ma quelle che vende l’unico supermarket del paese dove siamo confinati, chissà perché, lo sono e anche di brutto). O che cosa fantastica se in campeggio in roulotte, armati del solo fornello di fortuna che ci mette tre quarti d’ora per far bollire l’acqua per la pasta, cominciassimo una giornata uggiosa con una fragrante fettona di torta che ci riporta in atmosfere incantate anche se fuori, non è possibile, ma no, siamo in vacanza!, sta grandinando...

Correte dunque a comperare il fornetto della nonna in un negozio di casalinghi ben fornito, oppure, se siete al mare, alla bancarella del pentolame il giorno del mercato itinerante: con una manciata di euro, ma proprio pochi (quindici al massimo, e se ve ne chiedono di più comperatela da un’altra parte o tirate sul prezzo), porterete a casa un autentico gioiello low cost da sfoggiare ben lucidato (o anche no!) su qualche trespolo avito, o sopra il tavolino retrò avuto in dono dalla zia Giorgina e archiviato dal giorno stesso delle nozze, agghiaccianti complementi d’arredo che aspettano in soffitta l’occasione propizia per essere finalmente sdoganati.

La storia di questa pentola così stravagante si perde decisamente nella leggenda. Alleato prezioso nella cucina delle nostre nonne, era il forno di campagna di chi non poteva permettersi un’altra tipologia di forno. I ricettari del primo Novecento che parlano di forno di campagna alludono appunto a questo fornetto da gas, che si compone di un coperchio munito di diversi forellini come sfiatatoi, di un corpo fatto a ciambella dotato di due manici e di uno spargifiamma in ghisa. Conosciuto con il nome commerciale di fornetto Versilia, era prodotto tradizionalmente da una ditta di Ferrara che però ha chiuso i battenti da diversi anni; oggi, in virtù della seconda nuova vita mediatica, viene nuovamente forgiato da alcune aziende che lo producono anche nella versione dotata di copertura antiaderente. Se preferite la linea classica in solo alluminio, sappiate che è tuttora rispettata e valorizzata anche dalla storica ditta bergamasca Agnelli, che lo fornisce, splendido, in due diverse misure; da 24 e da 26 cm di diametro.

Qualche consiglio per l'uso. La pentola va sempre accuratamente imburrata dentro e, preferibilmente, anche sul coperchio: il segreto delle nostre nonne per far dorare bene la superficie delle ciambelle. La cottura deve seguire delle regole scrupolosissime: si posa lo spargifiamma sul fornello del caffè, quello più piccolo per intenderci, con la parte concava rivolta verso l’alto. Vi si appoggia sopra la pentola chiusa (occhio a mirare bene il centro dello spargifiamma) e si accende il fornello per quattro minuti alla potenza massima: così la pentola prende il calore necessario. Si abbassa quindi la fiamma a metà e si prosegue la cottura dolcemente per una mezz’ora abbondante (farà testo la prova dello spiedino inserito in uno sfiatatoio), tornando ad abbassare al minimo la fiamma, ma proprio al minimo, per la doratura finale del dolce.

Attenzione: basta davvero poco per ritrovarsi la ciambella mezza carbonizzata! Un’altra accortezza è quella di non esporre mai la pentola in cottura alle correnti d’aria, perché ci scapperebbe sicuramente una torta mezzo seduta; sarà opportuno quindi rassegnarsi a chiudere la finestra se c’è troppo vento, ma il sacrificio sarà ampiamente ripagato. Per sfornare la ciambella si pone un piatto capovolto sulla pentola (scoperchiata!), ben centrato, poi aiutandosi coi manici e tenendo bene anche il piatto la si rivolta. Sembra un’ovvietà, ma le prime volte è facile tirarsi la ciambella sui piedi, che non ne sono mai troppo grati… Come tutto il pentolame di alluminio, nemmeno il fornetto va in lavastoviglie: ma non vi preoccupate, perché le botte che prenderà durante il lavaggio a mano gli doneranno un meraviglioso aspetto vintage, da autentica Fenice dei giorni nostri (del resto, come la Fenice, muore sulla fiamma e dalle polveri rinasce…).

Non ci resta che regalarvi una ricetta un po’ retrò, che ben si adatta allo spirito del nostro fornetto. Chi scrive frequenta i luoghi della Belle Epoque varesina, quelli dove tuttora è prodotta, in un magnifico stabilimento di Induno Olona, la birra Poretti. Una ciambella con la birra e il cioccolato, altro vanto locale, è una prova perfetta per la pentola delle fate: in Valganna, si sa, il Piccolo Popolo furoreggia dalla notte dei tempi…
La ciambella di cioccolato alla birra

Ingredienti:
3 uova
300 g di zucchero
200 g di farina
100 g di fecola
100 g di burro
100 g di cioccolato fondente al 50%
75 g di cacao amaro
una bustina di lievito per dolci
una lattina di birra rossa Poretti da 33 cl (curiosità: la Poretti Rossa nasce come birra di Natale)

Preparazione.
Si montano le chiare a neve ferma e si lasciano attendere nella loro ciotola, quindi in una terrina più capiente si sbattono molto bene i tuorli con lo zucchero e un goccio di birra, fino a che diventano chiari e spumosi. A questo punto si inizia ad incorporare la farina, il cacao, il lievito e la fecola facendoli setacciare da un colino a maglie strette, si aggiungono il cioccolato e il burro fusi ed intiepiditi e tutta quanta la lattina di birra ben fredda di frigo. Si mescola bene e si riprende a montare il composto con le fruste elettriche per qualche minuto; in ultimo si incorporano gli albumi, molto delicatamente per non smontarli. Il composto va versato nella pentola fornetto imburrata ed infarinata. Si cuoce come da istruzioni per un’ora circa.
primi sui motori con e-max.it
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