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Il parere dell'esperto sul gambero della Louisiana

19 Agosto 2011
merita il plauso dei gourmet?
Da un paio di anni, oltre a finire più o meno silenziosamente in padella, il gambero della Louisiana è diventato anche uno dei tormentoni dell'estate mediatica bosina: non c'è testata, infatti, che non ne segua costantemente l'incremento demografico nelle acque del lago di Varese.

Ma il famigerato e prelibato crostaceo, delizia lacustre a costo zero, rappresenta una risorsa o un pericolo per l'ecosistema? Ce ne parla diffusamente il noto ittiologo Pietro Ceccuzzi, ricercatore, che si occupa di gestione della pesca e della fauna ittica dei laghi prealpini.

Non esiste una data precisa, o un anno preciso, che segni l'ingresso del celebre gambero nel lago di Varese, spiega Ceccuzzi, anche se ricorda che la specie è stata segnalata in Lombardia già agli inizi degli anni Novanta. Nell'ultimo ventennio, infatti, a causa della scarsa informazione generale, sono state liberate decine di nuove specie alloctone che spesso sono riuscite ad acclimatarsi stabilendosi in nuovi territori o bacini idrografici, come lo scoiattolo grigio, il daino, il pesce gatto, il pesce siluro e, appunto, anche il gambero della Louisiana. Questo gambero, che avuto una crescita demografica spropositata colonizzando bene o male tutti gli ambienti acquatici dalla zona pre-alpina fino alla bassa pianura lombarda, nel lago di Varese è arrivato presumibilmente dal Lago di Comabbio, attraverso il canale comunicante della (Palude) Brabbia.

Il motivo per cui l'uomo – ché a mani umane si deve appunto la sua diffusione – lo ha diffuso nei nostri bacini, spiega l'ittiologo, è chiaramente di natura alimentare. Grazie alla buona qualità delle sue carni, ed al fatto che può raggiungere dimensioni discrete, quella del gambero rosso della Louisiana è una specie che viene allevata un po' in tutto il mondo, anche se il Procambarus clarkii - questo il suo nome scientifico – proviene dagli Stati Uniti centro-meridionali. Pare che in Italia la pietra dello scandalo sia stata un'azienda toscana che lo aveva importato allo scopo di allevarlo; da qui è proliferato un po' ovunque, perché basta poco a farlo scappare da un impianto (soprattutto nel nostro paese).
Grazie alla sua grande plasticità, infatti, è in grado di adattarsi a più o meno tutti gli ambienti acquatici, compresi quelli alterati o inquinati, come nel caso del lago di Varese; ma non è tutto, perché non avendo competitori naturali, ma solo predatori, ha trovato sempre ambienti favorevoli per la sua riproduzione e sviluppo. Il fatto che sia onnivoro costituisce poi la sua fortuna: oltre a cibarsi di uova di altri pesci, infatti, si nutre di vegetali, detrito ed altro, quindi trova di continuo risorse per sopravvivere.

Ceccuzzi non ha dubbi: l'ampia presenza del gambero americano – soprannominato non a caso gambero killer – è responsabile di forti squilibri tanto nelle popolazioni di pesci o anfibi presenti nei bacini che esso colonizza quanto, più in generale, nella catena alimentare. Può riprodursi più di una volta all'anno ed ogni femmina può produrre fino a cinquecento uova per ogni ciclo riproduttivo: e grazie alla sua elevata fecondità può colonizzare facilmente ed in brevissimo tempo un nuovo ambiente.

Presente più o meno ovunque, in fascia prealpina, tranne che in acque troppo fredde e sopra una determinata quota, il gambero della Louisiana può stare fuori dall'acqua per alcune ore, e ciò gli permette di spostarsi in zone umide tra un fiume e l'altro o tra un lago e l'altro, espandendosi a macchia d'olio: sono noti numerosi casi di crostacei sbucati sotto gli occhi dei passanti sulla pista ciclabile del lago. In più, avverte l'esperto, è biologicamente molto dannoso nei confronti di alcune specie ittiche fra cui il persico ed il persico sole, in quanto si nutre delle loro uova e ne riduce le capacità riproduttive, facendo altrettanto con alcuni anfibi; nemmeno le piante acquatiche come la ninfea o altre macrofite vengono risparmiate, perché si nutre dei loro germogli. Essendo poi un portatore della cosiddetta peste del gambero, può colpire facilmente il nostro gambero autoctono contribuendo alla sua ulteriore diminuzione. Potrebbe davvero quindi rappresentare un rischio per il mantenimento degli equilibri dei bacini in cui viene immesso, con rischi di perdita in biodiversità.

Per fortuna c'è anche il rovescio della medaglia. E' vero, infatti, che questo prolificissimo gambero può deliziare i palati più esigenti, e Ceccuzzi assicura che è davvero molto buono, anche se serve la licenza di pesca per poterlo raccogliere: e per conoscere gli strumenti di pesca consentiti, o in quali zone la pesca sia addirittura vietata – come ad esempio la foce del Tinella a Groppello - consiglia Ceccuzzi, è meglio rivolgersi direttamente all'Ufficio Pesca provinciale. Non c'è pericolo, quindi, di assottigliarne la presenza nei nostri bacini, anzi più se ne raccoglie, in teoria, meglio è; quanto ai potenziali rischi per la salute, se si ha l'accortezza di lasciarlo spurgare per qualche giorno in acqua pulita, e di conservarlo rispettando tutte le prassi igieniche, non se ne corrono affatto. Questo vale per tutte le specie commestibili del lago di Varese, che sono prelibate e meritano senza dubbio di finire in padella.
Bollito con un po' di olio e limone, o 'risottato', è davvero uno dei migliori prodotti della gastronomia locale degli ultimi anni. Ma attenzione a pescare il gambero giusto, perché il gambero di fiume di bonvesiniana memoria, l'autoctono Austropotamobius pallipes italicus, è specie protetta, per cui la sua cattura è assolutamente vietata: e poi a dirla tutta, conclude il nostro ittiologo gourmet, in cucina rende molto meno del cugino americano. A buon intenditor...

(per le foto si ringraziano le signore Rosanna Sora e Loredana Castiglioni, buongustaie bosine)
primi sui motori con e-max.it
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