Archivio Storico 2011-2017

x5

I Osbus a la milanesa

26 Novembre 2011
il sapore dei ricordi nelle rime di Giuseppe Fontana
'Per ben gustà de gust i òsbus
No sta a mangià né l'oss, né 'l bus.
Biassà la polpa sola,
scisciàgh foeu la midolla.'

(Per ben gustare di gusto gli ossobuchi/ non stare a mangiare né l'osso, né il buco./ Mastica solamente la polpa, /estraine il midollo).

Questo l'incipit della famosa ricetta degli ossi buchi alla milanese di Giuseppe Fontana, bustocco di nascita ma milanese di adozione: fra i più celebrati chef del capoluogo lombardo, condusse le cucine del Savini dal 1905 al 1929, epoca d'oro dell'arte culinaria meneghina. Gastronomo raffinato, gran conoscitore della cucina internazionale, era però fermamente convinto della superiorità della tradizione ambrosiana, tanto da cantarla in versi in quella lingua milanese di cui era peritissimo e che gli era tanto cara.

'La cusina de Milan' (Libreria Milanese, 1988, con varie ristampe) è la sua opera più nota: si tratta di una raccolta di ben centotredici ricette in rima, nella quale sovente si rivolge alla sua fida serva Gina, che lo assiste ai fornelli, chiamandola a testimone di qualche confidenza culinaria. Ed è proprio in una ricetta dai toni confidenziali che il Fontana chiede a Gina di apprendere l'arte degli ossibuchi del Savini, tanto simili a quelli di sua nonna, 'passionada de la cusinna bònna/, ben curada, se pur de poca spesa'. Un particolare non di poco conto, che allude a tempi in cui la cucina della tradizione nasceva in economia, nonostante arrivasse ad esser celebrata in un tempio della cucina.

Pare persino superfluo da sottolineare, ma non è così. In un fornitissimo supermercato varesino, settimana scorsa l'ossobuco di vitello – come tradizione vuole, anche se Fontana non lo dice espressamente perché è evidentemente cosa risaputa e scontata che ci voglia il vitello e non il manzo – faceva ben 13 euro al kg. Considerando appunto che l'osso non si mangia, ma ha il suo peso specifico, e che il buco è una leccornia quasi impalpabile, per fare il piatto classico di ossobuchi e risotto (Fontana suggerisce anche la verdura) ce ne vogliono due a testa, anche tre se il commensale è di appetito robusto. Non meno di sei euro a persona, insomma: non proprio quella che oggi si direbbe una cucina economica.

Ma torniamo alla nostra ricetta. Gli ossobuchi infarinati (e tagliuzzati nel contorno connettivale, altrimenti si arriccerebbero in cottura) vanno coloriti in burro e pancetta, dopodiché si sfumano col vino bianco e si aggiunge un bel trito di cipolle, sedano e carota a rosolare insieme alla carne (se lo si facesse prima, durante la doratura della carne il soffritto brucerebbe). A questo punto il Nostro decide di aggiungere anche 'di tomates o salzetta', pomodori o comunque salsa. Una variante che personalmente non sposo, ma che può starci (in fondo c'è chi il pomodoro lo mette persino nei bruscitti o nella cassoeula). 'Quand'inn sul còtt' – e ci vorranno almeno un paio d'ore abbondanti, a fiamma dolce, 'dent ona gremolada/ d'erborinn, on poo d'ai e d'usmarin/ e scorza de limon ben ben tridada': quando sono giunti a cottura, ci va dentro una gremolada di prezzemolo, un poco d'aglio e rosmarino, e scorza di limone ben tritata. La gremolada, un trito aromatico che costituisce il marchio distintivo del sapore meneghino, è inseparabile dagli ossi buchi alla milanese; anche in questo caso Fontana abbonda, e ci aggiunge il sentore del rosmarino, che nella gremolada classica non sarebbe contemplato (così come l'acciuga, che diversi mettono per sostenere ancor di più, se ce ne fosse bisogno, il sapore già pregno della preparazione). Fatta saltare a fuoco vivo per un minuto assieme alla carne, perché questa prenda sapore, si spegne ed è pronto 'quand la carne la lassa l'oss'; per cui non ci sarà da spaventarsi se la polpa si disferà un pochino, perché è proprio questo l'effetto che bisogna ricercare. Il buco con il suo midollo troneggia su un letto di risotto giallo all'onda, ben mantecato con burro e parmigiano, e contornato da tanta bella carne profumata. Attenzione: non è un piatto dietetico, perché una volta le diete proprio non esistevano. Al contrario, deve risultare 'bei mostos, savorii, cott in ristrett'. Una bomba per il palato, un toccasana per l'umore. E fra tutti gli estimatori, mi piace ricordare il Porta che pare ne fosse golosissimo, nelle sue frequenti 'pacciade' con gli amici, coronate dalle declamazioni in rima che lo resero celebre e dall'immancabile vino di San Colombano.
primi sui motori con e-max.it
primi sui motori con e-max.it