La misticanza è un piatto che fa gola
L'armonia de' l'odori più perfetta
Er crispigno, l'ojosa, la riccetta
L'acetosa, er crescione, l'indiviola
La cariota, un'inticchia de' ruchetta
Co' quella grinta sua che c'ha lei sola
L'erba noce du' fronne d'ascarola
Er piedigallo, un po' de' cicorietta
E metti caccialepre, lattughello
E piede de papavero e porcacchia
E metti bucalossi e pimpinella.
Fra tutte 'ste verdure er monno è un prato
E tu te ce scaprioli tra la pacchia
De 'ste ghiottonerie che Dio c'ha dato.
Romeo Collalti , poeta romanesco
Ecco come la misticanza viene descritta da un poeta romano. Si tratta di uno dei più famosi contorni romani, da mangiare cotta o cruda, e che racchiude in sé ben dieci erbette. Infatti non esiste una ricetta unica della misticanza, visto che ogni famiglia si arrangiava a raccogliere le erbette che aveva in giardino. Diciamo che le più comuni sono: lattuga, cerfoglio, ruchetta, caccialepre, valeriana, barba di frate, indivia, cicorietta, salvastrella, rucola, barba di cavolo cappuccino, malva, spinacio selvatico. Si può mangiare dunque a crudo, con l'aggiunta di alici, oppure a cotto, saltate con aglio,olio e peperoncino.
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