Archivio Storico 2011-2017

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La Cima alla genovese

24 Agosto 2011
una delle più antiche specialità liguri
La Cima appartiene alla tradizione gastronomica ligure più antica, sembra infatti che venisse preparata già in epoca precristiana. L'etimologia della parola è incerta, si suppone derivi da 'cucita in cima'.
Nata probabilmente come piatto di recupero, utile per sfruttare tutti gli avanzi, è oggi considerata una preparazione raffinata (venduta spesso a prezzi elevati nelle rosticcerie) ed è da sempre ritenuta un piatto per i giorni di festa, in particolare per il pranzo di Natale.
Infatti, la Cima poteva essere preparata il giorno prima, consentendo di andare con comodo alla messa del 25 dicembre, e il suo brodo, leggero ma sostanzioso, veniva utilizzato la sera per la preparazione dei Natalini.
La fase più elaborata nella sua preparazione, al di là della cucitura che richiede un po' di prudenza e di pratica, è la bollitura. Infatti, non di rado la Cima 'scoppia', se preparata da mani inesperte.
Per evitare tale problema, possono essere utili alcuni accorgimenti. Intanto, rispettare la 'pausa' di cottura all'inizio della lessatura. Altra cosa importante, non riempire mai troppo la tasca, perché l'uovo quando cuoce si espande, ed ha bisogno di spazio. In ultimo, mai usare la forchetta per bucare la cima. Infatti, i quattro buchi in fila creano un vero e proprio taglio, che facilita la rottura della tasca.
Un trucco di antica tradizione, per prevenire esplosioni o almeno per limitare la dispersione del ripieno in caso di rotture, è cuocere la cima fasciata in un tovagliolo di lino annodato ai due lati.
Altamente coreografica, è comoda perché è buona anche fredda, ed è quindi adatta ad essere cucinata anche in estate, perché si conserva diversi giorni

Cima Ripiena (Cimma Pinn-a):
- 1 kg di pancia di vitello in un solo pezzo rettangolare
- 200 gr di vitello tritata
- 200 gr di cervella
- 200 gr di granelli
- 5 uova
- 100 gr di piselli sgranati (o reidratati)
- 50 gr di pinoli
- 2 cucchiai di grana grattugiato
- 1 cucchiaino di maggiorana
- 1 rametto di alloro
- 1 bicchiere di olio extravergine d'oliva
- ½ bicchiere di vino bianco
- sale q.b.

Far rosolare la carne tritata di vitello con olio e alloro, sfumando con il vino bianco.
Pulire e lessare le cervella e i granelli, tritarli e metterli in una terrina con tutti gli altri ingredienti, mescolando bene il tutto.
Cucire con il filo per arrosti la pancia di vitello, chiudendola ai tre lati fino ad ottenere una tasca e avendo cura di passare due volte su ogni lato, per essere certi che non si apra.
Riempirla per ¾ con il ripieno e cucire con cura l'ultimo lato.
Mettere in una pentola di acqua calda salata e far bollire.
Appena l'acqua prende il bollo togliere la pentola dal fuoco e attendere la sparizione delle bolle, bucare in più punti la cima con un grosso ago (va bene un ago da uncinetto o un grosso ago da ricamo), quindi rimettere la pentola sul fuoco e lasciar lessare a fiamma bassa per almeno 2 ore.
Spegnere il fuoco, lasciare la cima ad intiepidire nel suo brodo, poi estrarla e metterla tra due taglieri con un peso sopra. Lasciar raffreddare e servire tagliata in parte a fette.

La Cima è talmente importante nella nostra tradizione gastronomica da essersi meritata una canzone tutta sua, opera del nostro amato e compianto Fabrizio de Andrè, che la definisce in una strofa:
'Bel guanciale materasso di ogni ben di Dio'

Per le foto si ringrazia


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http://cucina.corriere.it/foto/05-carni-bianche-p077--420x520.jpg - cima 2
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