Quando si parla di un piatto che rientra nella tradizione e nella cultura di un popolo è naturale che questo abbia alle spalle una storia talvolta vera, talvolta inventata che lo contraddistingue. Il ragù è uno dei piatti che ha una lunga storia vera e documentata che risale addirittura al Medioevo, quando il popolo aveva a disposizione carne di bue molto dura e quindi la faceva cuocere affinché diventasse commestibile.
Da questo sembra derivato uno stufato francese chiamato 'ragout' a base di carne di montone. Quando poi i Francesi divennero regnanti di Napoli, portarono una ventata di nuovo nella cucina napoletana e, unendo insieme le tecniche di cottura della loro cucina con alcuni prodotti del nostro orto come cipolla e pomodoro, modificarono alcune ricette. Così, infatti, i monzù (così chiamati dai napoletani) cuochi francesi insieme con cuochi italiani, perlopiù liguri, diedero vita a molti piatti che sono diventati tipici della tradizione culinaria partenopea, il popolo poi ha fatto il resto, diffondendo la tradizione oltre le sontuose tavole dei nobili.
Il ragù è uno di quei piatti che a Napoli è divenuto un fenomeno sociale, quasi un concetto filosofico, tanto che è stato decantato nella letteratura napoletana. Per esempio il grande Eduardo De Filippo edifica la sua commedia 'Sabato Domenica Lunedì' proprio intorno alla preparazione del ragù, o anche Giuseppe Marotta che scrive una novella intitolata appunto 'ragù' e addirittura viene citato nel testo di Freud 'Edipo in cucina'. Insomma una bella fusione di arte e sentimento.
Questa è la storia ufficiale, ma accanto ad essa ci sono le storie del cuore che ogni napoletano conserva grazie al ragù, per questo il ragù è diventato la salsa delle feste perché un tempo si preparava per la domenica, oggi invece lo si prepara per i giorni di festa per condire le lasagne, i cannelloni o un bel piatto di paccheri trafilati al bronzo, perché la salsa deve restare legata alla pasta.
Per anni mi sono chiesta perché mai la domenica dalla nonna si iniziava a pranzare alle tre del pomeriggio e solo con il tempo ho capito che a quell'ora lei compiva l'atto finale di un grande gesto d'amore per la sua famiglia. Sì, perché dietro a quella grande zuppiera di maccheroni fumanti c'era un lungo lavoro iniziato il sabato con l'acquisto della carne ed altro, proseguito poi durante la notte per vigilare la lenta cottura del sugo, fino all'apparecchiatura della tavola e il trionfo di quell'immensa ciotola dalla quale lei riempiva i piatti, uno ad uno, e li consegnava chiamandoci per nome e pensate che eravamo quasi sempre quattordici, quindici persone, tra figli, nipoti, zia zitella (un tempo in tutte le famiglie c'era la zia zitella che aveva il ruolo di tata, la moderna animazione) e qualche intruso dell'ultimo momento. Insomma un bel raduno familiare per rendere omaggio a Sua Maestà, il Ragù di Nonna.
Ricetta originale della nonna:
1500 kg di carne di manzo in un solo pezzo (pezza a cannella, ovvero spalla)
1 kg di tracchiolelle di maiale (puntine)
100 gr. pancetta a fette
500 gr. cipolla
100 gr. strutto
100 gr. pancetta tesa
200 ml. circa di olio evo
1 abbondante bicchiere di vino rosso corposo
400 gr. concentrato di pomodoro
2 litri di passata di pomodori
basilico
timo
qb. sale
qb. pepe
Con i 100 gr. di pancetta a fette foderiamo il pezzo di carne, aggiungiamo qualche rametto di timo e leghiamo con spago da cucina.
Prepariamo un trito (io lo faccio a mano) con cipolle e altra pancetta. Uniamo in una casseruola olio, strutto e trito e lasciamo rosolare a fuoco basso, appena il trito soffrigge aggiungiamo le carni che lasceremo rosolare lentamente con il coperchio e avendo cura di rigirare spesso. Quando le cipolle sono belle scure, uniamo lentamente il vino e lo facciamo evaporare. Sono trascorse circa 2 ore, a questo punto togliamo le 'puntine' e teniamole da parte.
Iniziamo ad aggiungere il concentrato, unendo un cucchiaio per volta, dopo altre 2 ore (il tempo che occorre per far assorbire il concentrato), uniamo tutta la passata di pomodoro, il basilico, sale e un mestolo di acqua. Lasciamo andare per un'oretta senza coperchio, poi togliamo la carne, mettiamo il coperchio con un cucchiaio di legno da un lato per lasciare uno spiraglio aperto e facciamo cuocere (ovvero 'pippiare') lentamente per un'ora e mezza. Infine uniamo di nuovo le carni, verifichiamo la salatura e lasciamo bollire ancora qualche minuto. A questo punto, se siete completamente distrutte, il vostro ragù è ben riuscito.
Il tempo medio di questa preparazione va dalle 6 alle 7 ore, durante le quali è necessaria una continua vigilanza. Vi assicuro però che ne vale la pena. Condite la pasta in una grossa zuppiera, aggiungete sulla superficie altro ragù e abbondante parmigiano.
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