Archivio Storico 2011-2017

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Il boccone del prete

04 Giugno 2011
Storia semiseria di un furto di peperoni nel bagnet
Domenica ero nel Canavese a festeggiare la Prima Comunione di mia figlia Teresa. Come facciamo sempre per le ricorrenze, con le altre famiglie dei counicandi abbiamo chiesto ad un catering di occuparsi del pranzo al Priorato, visto che i gestori del servizio sono di provata esperienza e non ci deludono proprio mai.

Il Canavese, quella fascia di Piemonte che confina con la Val d'Aosta e che ha come centro ideale la bella e antica città di Ivrea, abitata originariamente dai Celti Salassi e successivamente divenuta colonia romana con il nome di Eporedia (da cui il nome di Eporediesi per indicare gli abitanti), è, notoriamente, una zona magnifica, dominata dal Gran Paradiso: e, come ogni territorio magnifico, anche la sua cucina ne precede la fama. Da anni noi frequentiamo queste zone, avendo oltretutto alcuni cari amici che di tanto in tanto ci ospitano per il Carnevale delle Arance; così, quando si è trattato di scegliere nuovamente il menu del catering, sapevamo già di dover spuntare la proposta dei ravioli, del delizioso vitel tonné e naturalmente del maialino da latte arrosto. Fra gli antipasti non potevamo invece rinunciare alla carnina cruda e ai peperoni nel bagnet, un must piemontese che da quelle parti, sarà l'aria, sarà quel che sarà, ma riesce particolarmente felice.

I peperoni nel bagnet non sono troppo noti fuori dal Piemonte, eppure si tratta di una delle portate più rappresentative della sua cucina rustica, che è tutto un trionfo di verdure dell'orto. La stessa Anna Gosetti della Salda, nelle sue monumentali 'Ricette regionali italiane', il tesoretto della cucina italiana, dovendo citare una ricetta piemontese a base di peperoni tira fuori dal cappello gli involtini ripieni di riso, di sicuro una raffinatezza del capoluogo, ma non propriamente la pietanza che la massaia tipo sfodera per sorprendere l'ospite di riguardo.

In sé la preparazione è molto semplice. Le falde di peperoni arrostite (i peperoni migliori sono quelli di Carmagnola o di Asti) e spellate vanno adagiate su un piatto da portata e velate dalla bagna cauda, ossia da un bagnet di acciughe e aglio preparato in precedenza: forse vi ricorderete la mia recensione sul 'Salto dell'acciuga' di Orengo, il poeta grande conoscitore e studioso della storia della cucina ligure e piemontese; e se proprio non ve la ricordate... potreste leggerla ex novo.

Giovanni Goria, il grande gastronomo astigiano, propone dei pevron in bagnet una variante personale e, come si suol dire di questi tempi, 'destrutturata', affidando alle acciughe intere (quelle dissalate) e all'aglio affettato (che si scarterà, perché serve solo per dar sapore) il delicato compito di farcire i peperoni: aggiunge anche qualche cappero qua e là, che in sé non stona per niente. Di fatto, se il bagnet non è preparato a regola d'arte, se i peperoni non sono stati spellati bene, se per qualche strano motivo rimangono bruciacchiati o peggio acquosi, l'accostamento è un pugno nello stomaco, per cui quello che potrebbe sembrare un piatto tutto sommato facile da preparare in realtà cela tanti piccoli segreti che Madamin si tiene troppo spesso per sé, e che sono il frutto di una sapienza irripetibile altrove.

Non posso nasconderlo: questi peperoni sono la mia passione, e specialmente quando sono annaffiati dall'Erbaluce di Caluso, proprio quel nettare bianco particolarmente fruttato che nell'ottobre 2010 ha conquistato la DOCG, non resisto alla tentazione di farmene un'incredibile strippata (concedetemi la scivolata di stile, semel in anno...). Insomma, in mezzo ad una compagnia allegra di nonni, zii, preti e suore, amici e conoscenti riuniti, gambe sotto il tavolo, a discutere di figli, lavoro, fine della scuola, campi estivi, elezioni (eravamo in piena giornata di ballottaggi, anche se a Torino le faccende si erano concluse ampiamente al primo turno), non sarebbe stato il caso di contenersi proprio nell'appetito.

Quel giorno, una portata dietro l'altra, il tempo scorreva amabilmente assieme al vino, alla buona compagnia, alla mia bambina in festa, ai suoi fratelli ed ai loro amici, a mio marito che è ancor più di me un'ottima forchetta nonché piemontese da parte di madre... l'allegria era la cifra della giornata. Così, quando Don Giuseppe, seduto a fianco a me, si è alzato per andare a salutare gli amici del tavolo vicino, io – in preda alla suddetta allegria – con ratto fulmineo mi sono avventata sul suo piatto e ho terminato un peperone rosso nel bagnet che il nostro prete aveva lasciato a metà nella sua invitante salsa d'acciughe...
Pensavo di non essere stata vista da nessuno: e invece mi sbagliavo.

Così, giusto il tempo di finire, quatta quatta, l'ultima falda e parte un sonoro applauso: io sì che avevo saputo fare onore al boccone del prete!
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