Archivio Storico 2011-2017

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Panine unte

30 Aprile 2011
Il pane del ricordo dalla Val di Chiana
Mia nonna era originaria della Val di Chiana, precisamente di Cortona. Sì, era nata in quel gioiello che oggi viene conteso per organizzare convegni, congressi o qualunque altra cosa. Un incontro organizzato lì diventa subito importante, il mondo va così e pensare che un tempo la fame in quei posti era una cosa vera. Ebbene, i miei nonni erano di Cortona e non ci trovavano nulla di strano; non pensavano certo che tanti anni dopo quei posti sarebbero diventati tanto famosi. Mia nonna cucinava in modo strabiliante, questo ho già avuto modo di dirlo, e le cose che faceva non si dimenticavano facilmente, del resto quella è una zona dove non si può mangiare male, neppure nei ristoranti che io rifuggo come la peste.
E' la Val di Chiana, lì ci sono le famose vacche chianine da dove si ricava la rinomata fiorentina e, sempre lì vicino - a Pratomagno- nasce il fagiolo zolfino noto soprattutto a chi, di fagioli, se ne intende. Insomma quella è una zona ricca di prodotti eccellenti che contribuiscono a rendere celebre questa regione in tutto il mondo.
Un mesetto prima di Pasqua mia nonna cominciava a fare le schiacce, quelle che si fanno in ogni regione. Chi le fa con il formaggio, chi con la pancetta, chi solamente dolci aromatizzate. Quelle di mia nonna erano diverse. Io ero una ragazzina e, ovviamente, le mangiavo e basta non ho mai pensato di chiedere a mia nonna cosa mettesse dentro a quella cosa meravigliosa. Non spettava a me chiedere la ricetta a mia nonna, toccava farlo alle figlie, ne aveva 4, ma nessuna ha mai pensato di chiederle, negli anni, la ricetta di quelle schiacce. E così, come si dice, nonna Emilia se l'è portata nella tomba. Ho comunque un bel ricordo: nonna per me, di quelle schiacce, ne lasciava sempre una in più e, quando non c'erano gli altri, eravamo tanti nipoti, lontano da occhi indiscreti me la dava perché io, già a qui tempi, ero una buongustaia, mi piaceva mangiare e mangiare bene.
La mattina di Pasqua era consuetudine andare a casa sua a fare colazione, ci ritrovavamo tutti, i figli e i nipoti. Lei si alzava presto, andava a benedire le uova- anche se nessuno era credente (strana regione la Toscana)- e apparecchiava la tavola con la tovaglia bianca delle grandi occasioni. Sopra a quella tavola che a me, molto piccola, sembrava grandissima, si facevano queste colazioni interminabili: uova sode, salame, cioccolata, la stessa delle uova che noi nipoti aprivamo, e le famose schiacce. Erano dei momenti bellissimi che ricordo con grande piacere e gioia. Adesso non si fanno più queste cose, anche se mio marito ci prova sempre, vuoi perché noi siamo solo in quattro, vuoi perché i miei figli, anche la mattina di Pasqua, colazione la fanno nel pomeriggio perché dormono fino a tardi.
Quest'anno ho deciso di provare a rifare le schiacce di nonna, negli anni qualcuno ci ha provato ma nessuno c'è mai riuscito. Ho telefonato a tutte le mie zie, ho raccolto i loro pareri, quello che soprattutto ricordano, poi ho deciso di provare. L'unico problema è la dose delle droghe che nonna metteva dentro all'impasto: top-secret nessuno saprà mai la sua vera composizione, quella dosata con il bilancino fatta fare appositamente da un vecchissimo negozio di Grosseto, una drogheria, che non esiste più. Ho provato a miscelare un po' di spezie, ho pensato anche all'ultima ricetta dell'Artusi, la n.766 Spezie fini, che è appunto una ricetta di droghe, ma non è neppure quella. Mi sono dovuta accontentare del mio intuito, ho cercato di ricreare quel sapore provandoci più di una volta e basandomi sul ricordo. Però un nome gliel'ho dato “Panine unte” perché, nella zona di Arezzo. si chiamano Panine unte anche se mia nonna le chiamava schiacce. Ho letto le ricette che in questi giorni girano nei blog, ma quelle di mia nonna sono uniche.
Questo è un pezzetto della mia vita a cui sono legatissima perché volevo molto bene a mia nonna, era una donna eccezionale. Ora vi racconto cosa ho fatto.


Quando cucino un piatto mi piace, nei limiti del possibile, creare gli ingredienti in casa. Un mese fa sono andata dal norcino e ho comprato la sugna per fare lo strutto. Dallo strutto si ricavano i ciccioli, ingrediente principale delle panine. Una volta a casa ho messo a sciogliere la sugna e, dopo quasi 10 ore (non ne potevo più), sono riuscita ad avere 4 barattoli di strutto e un barattolone di ciccioli. Poi ho fatto i fegatelli come si fanno in Toscana: non vanno cotti nell'olio ma nello strutto con il fiore del finocchio, il pepe e il lauro.

Ho sciolto il lievito di birra, un panetto, nell'acqua tiepida, ho messo nell'impastatrice 600 grammi di farina 0, il lievito sciolto nell'acqua, una quantità pari a 5 cucchiai di ciccioli, altrettanti cucchiai di strutto, il liquido dove avevo cotto i fegatelli. Poi ho iniziato a mettere le spezie: pepe nero, 2 cucchiai, noce moscata (grattatene una intera), 2 cucchiaini di cannella, 1 chiodo di garofano ridotto in polvere (solo uno perché è troppo forte), un paio di chicchi di pepe della Giamaica ridotti in polvere con il pestello. Quando mi è sembrato che l'odore richiamasse le “mie” schiacce, ho smesso di aggiungere spezie, ho aggiunto il sale e ho fatto impastare il tutto molto bene. Alla fine ho messo l'impasto a lievitare tutta la notte in un contenitore dentro ad un sacchetto di plastica. Al mattino dopo ho steso l'impasto e ho fatto le pieghe a tre, diviso in due, dato la forma rotonda ai panetti che ho rimesso a lievitare per altre 4/5 ore. Verso sera ho acceso il forno al massimo, ho messo dentro la pietra refrattaria e ho cotto le “panine” una per volta per più di un'ora alla massima temperatura. Una volta cotte le ho tirate fuori, ci ho passato sopra la cotenna del prosciutto, (dalla parte del grasso sulla superficie per scurirle) e rimesse in forno. Ho spento e le ho lasciate tutta la notte ad asciugare Non lievitano molto perché sono pesanti e non sono alveolate, devono essere così, ma sono buonissime. In conclusione penso di aver raggiunto quasi la perfezione delle panine di nonna nel sapore. Purtroppo, per quanto riguarda il colore non è andata bene ma, se il mio fegato sopravvive, ci riprovo l'anno prossimo.
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