Archivio Storico 2011-2017

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Polenta e Renga

30 Marzo 2011
Un piatto, una festa
Altro imperdibile e folkloristico appuntamento con la tradizione per tutti i veronesi è la “Festa de la Renga”, che si celebra a Parona, allegra frazione alle porte di Verona, nel primo giorno che segue la fine del Carnevale, quello che per la Chiesa Cattolica è il Mercoledì delle Ceneri, ma che i veronesi (tutti matti) non hanno minimamente intenzione di onorare in maniera troppo mesta.
Ed è così che anche all'inizio della Quaresima in qualche modo si fa baldoria, e da tutte le parti della città e della provincia un consistente flusso di estimatori lascia le proprie attività per accorrere alla sagra all'ora di pranzo e degustare il tradizionale piatto di polenta e renga e, soprattutto, mantenere tenore alcolico e ludico elevato nonostante la decretata fine dei bagordi.

Parona di Valpolicella è sempre stato uno dei più comuni più suggestivi della provincia veronese, al punto che lo storico Arturo Pomello, all'inizio del secolo scorso, così lo descriveva: "Posto alle falde di una collina tutta lieta di pampini, tutta piena di care memorie, sotto un cielo di cobalto, bagnata dall'Adige che canta la sua eterna canzone al sole".

Paese, quindi, piuttosto fertile, aveva le sue principali fonti di sostentamento in alcuni piccoli esercizi artigianali e commerciali ed in vari esercizi pubblici, tra cui osterie tipiche.
Il fiume Adige, sulle cui sponde il paesotto si adagia, era un' importante via di comunicazione, lungo la quale si svolgevano svariate attività come, ad esempio, il trasporto di merci provenienti dal Tirolo, soprattutto legname e prodotti alimentari, tra i quali, appunto, l'aringa salata ed essiccata proveniente dai mari del Nord d'Europa.

La tradizione orale fa risalire la consuetudine - che puntualmente si ripete tutt'ora - ad alcuni secoli fa, quando i burchieri (conduttori di speciali imbarcazioni dette “burchi” o “burchielli”) che navigavano lungo il fiume, durante il fine settimana, oppure nel caso in cui l'attraversamento fluviale della città fosse impedito dallo sbarramento doganale o dai festeggiamenti del Carnevale, erano costretti a fermarsi per qualche giorno a Parona.
Durante la sosta, ne approfittavano per trovare ristoro nelle osterie locali e, quale compenso, lasciavano il controvalore in merce trasportata, spesso rappresentata, come detto, da aringhe.
Fu così che le "parone" (ovvero le padrone) delle varie osterie impararono a preparare ed a servire questo pesce di per sé già piuttosto saporito in maniera così gustosa che l'usanza si diffuse ben oltre i confini locali.
Secondo una versione leggermente diversa, i barcaioli costretti alla sosta forzata, stavano tutto il tempo seduti all’osteria della piazza del porto a mangiare polenta e renga, cibo a lunga conservazione, che avevano portato con sé per rifocillarsi durante i lunghi viaggi.
In ogni modo, che si sposi la prima versione ovvero la seconda, ebbe così inizio la tradizione di accorrere in massa a Parona per degustare questo piatto accompagnato da “polenta brustolà” ed innaffiato di buon vino della Valpolicella, preparato e servito nelle osterie locali per i forestieri e nelle famiglie per amici e parenti.
Oltretutto, detta usanza consentiva anche di onorare la Quaresima, periodo durante il quale bisognava cibarsi "di magro", una volta concluse le scorpacciate carnevalesche.
Gli avventori erano diventati in breve tempo così tanti che la Curia Vescovile, il 12 febbraio 1836, spaventata per il “malcostume”, ingiunse formalmente al parroco di Parona di "levare la processione" in detta circostanza, per "…l'irriverenza, il continuo passaggio delle carrozze ed il troppo avvicinamento di persone di diverso sesso per la ristrettezza della strada, a cui si aggiunge il maggior concorso di gente perduta in passatempi carnevaleschi…".

Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, seguì un periodo di moralizzazione e di irrigidimento dei costumi, e la festa entrò temporaneamente in crisi. Per evitare che l'antica tradizione andasse dispersa, nel 1969 nacque un Comitato, avente come obiettivo principale il ripristino della manifestazione, nel frattempo denominata "Festa de la renga".
Il lavoro del gruppo fu decisamente importante, al punto che ora la festa ha trovato piena legittimazione, ed è annoverata tra gli eventi ufficiali del Carnevale Veronese.

La ricetta è molto semplice, come si conviene ad un piatto di origine povera, facente parte della tradizione contadina quando, date le scarse finanze, restava uno dei pochi "abbordabili" da tutti.

Ingredienti per 6 persone:

4 aringhe affumicate
un bicchiere d'olio extra vergine d'oliva (più buono è, migliore è il risultato, che ve lo dico a fare..)
polenta

Preparazione:

Pulire i pesci da lisca, teste e pinne ed arrostirli su una graticola.
Giunti a cottura, condirli con abbondantissimo olio di oliva (qualcuno aggiunge all'olio un trito finissimo di verdure, soprattutto carote e peperoni, e qualche cappero).
Per gustare appieno il piatto è consigliabile prepararlo con un po' di anticipo e lasciarlo riposare nell'olio fino al momento di consumarlo, accompagnato da polenta calda o, meglio ancora, da polenta abbrustolita tiepida.
Ma c'è chi – dagli stand della festa – sostiene che il tempo di macerazione affinchè l'aringa diventi perfetta è, in realtà, di ben 40 giorni!

Oltre all'aspetto di puro piacere per le papille, non vanno dimenticate le caratteristiche nutrizionali del piatto, reputato nutriente e ricco di sali minerali.
Se accompagnato con carboidrati (polenta, pane o pasta) diventa un autentico piatto unico completo.
L'aringa viene consigliata anche da medici e nutrizionisti, in quanto ricca di Omega 3, di creatina, di magnesio, potassio, fosforo e vitamina A-C-D- B12.

Abbiamo già anticipato che, agli stand gastronomici allestiti per l'occasione, si serve Valpolicella a fiumi.Volendo espatriare, per l'abbinamento, dai confini locali, dobbiamo tenere presente la preponderante aromaticità del piatto, oltre ad una spiccata untuosità (garantita dal tuffo nell'olio d'oliva).
In ogni caso, una cosa importante va ricordata, che esula da tutti i criteri di abbinamento e dalle più affermate scuole di pensiero.
Come il riso, secondo il detto popolare, anche la renga e la sua stessa festa nasce nell’acqua (dell'Adige) e muore nel vino!
A buon intenditor....
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