Chi non conosce il cardo, quell’erba spinosa alta e sormontata da fiori piumosi color rosa acceso?
Il cardo, nella tradizione contadina, è uno dei cibi ricordati con più affetto.
Infatti la sua crescita cespugliosa e a volte infestante, che va da ottobre a marzo, offriva ai nostri nonni un po’ di integrazione alla dieta povera dell’inverno, fino ai periodi dei primi raccolti.
Benché sia normalmente un’erba spontanea, il cardo può essere coltivato con successo. Rustico e di poche pretese, ha solo bisogno di un terreno umido e di una rincalzatura regolare per aerare le zolle.
La specie più facile da coltivare (oltre ad essere quella con la resa maggiore) è il Grosso di Milano.
Ha lo svantaggio che pur essendo un gigante del prato, la parte utile per la cucina è limitata alle costole tenere, mentre foglie e fiori vengono eliminati soprattutto a causa delle spine, anche se possono essere utilizzati in fitoterapia.
Il cardo è ricco di calcio e potassio, inoltre come tutte le verdure ed erbe a foglia verde e ampia contiene molte vitamine del complesso B, preziosissime per il buon funzionamento del nostro organismo, in particolare per la salute del sistema nervoso centrale, delle mucose, della pelle, e come prevenzione per l’anemia e la debolezza.
Inserito nelle diete ipocaloriche, il cardo consumato soprattutto crudo (con i formaggi) è rinfrescante e diuretico, ed è un ottimo alleato contro la cellulite.
Le costole, proprio come quelle del sedano, possono essere usate crude nel pinzimonio e negli antipasti accompagnate da formaggi magri (come i caprini).
Saltate in padella, assieme ad un filo d’olio, sono un’alternativa economica agli asparagi.
Tra le altre preparazioni che vendono protagonista questo ortaggio troviamo i cardi gratinati con besciamella e salsa d’acciughe, i cardi impanati e fritti, oppure le ricette che si ispirano al nord Europa (dove questa pianta è soggetta ad una vera e propria coltivazione su vasta scala) che li prevedono sbollentati con acqua e aceto e serviti caldi, ricoperti con panna liquida.
Infine, le costole più giovani e tenere sono tra le verdure tradizionali che vengono servite, secondo l’uso piemontese, con la bagna caoda (letteralmente “salsa calda”).
La bagna caoda è un piatto, oggi considerato come antipasto o piatto unico, tipico del Piemonte, diffuso soprattutto nell’Astigiano, nel Torinese e nell’Alessandrino, ma anche nelle Langhe e nel Monferrato. Tuttavia, la sua origine è tutt’altro che nostrana, cosa che si intuisce già dagli ingredienti, tra cui figurano le acciughe, non esattamente tipiche dell’alta Italia.
L’origine di questa preparazione è da collocare in Francia, nella regione della Provenza, dove nel medioevo si trovavano le saline dalle quali si ricavava appunto il sale che veniva poi trasportato e commercializzato in Italia tramite la “via del sale” che attraversava le Alpi Marittime. Sembra che attraverso la “via del sale” sia iniziato il commercio delle acciughe salate, al fine di evitare di comprare il sale vero e proprio, che prevedeva dazi molto elevati.
Sia come sia, attraverso questo commercio tra Francia e Italia la ricetta è giunta sino a noi.
La base per la preparazione, composta essenzialmente di acciughe, aglio e olio, rimase invariata.
I pescatori e gli operai francesi erano soliti consumarla intingendovi dei pezzi di pane. In Piemonte la composizione della salsa non venne modificata, cambiò però l’accompagnamento, e il pane fu sostituito da verdure nostrane tra cui peperoni cotti o crudi, cipolle cotte, foglie di cavolo, sedano, barbabietole, rape, fettine di polenta, cavolfiore, asparagi e, naturalmente, i cardi.
Secondo la tradizione, la bagna caoda si consuma per festeggiare la vendemmia e la spillatura del vino nuovo. Infatti, il suo sapore fortemente salato e l’odore pungente “puliscono” naso e palato dall’odore dolciastro del vino e dell’uva pigiata. E’ quindi un piatto che viene solitamente consumato tra autunno e inverno.
Nato come piatto contadino, dal sapore rustico e deciso, è stato per secoli un cibo delle classi povere e rurali. Oggi lo si trova un po’ dappertutto, ed è presente nei menu di tutti i ristoranti di cucina tipica piemontese.
Poiché è un piatto da consumare in compagnia, ed è tipico dei primi freddi, la bagna caoda deve essere mantenuta calda (appunto), in un unico recipiente posto al centro del tavolo. Un tempo di utilizzava un’ampia pentola di coccio, materiale che mantiene bene il calore. Oggi sono disponibili dei contenitori appositi, sempre in coccio, spesso muniti di forchettine, dotati di un treppiede sotto il quale si può posizionare una candela scaldavivande.
Ovviamente, come tutte le ricette contadine, a seconda della zona sono nate delle versioni di bagna caoda leggermente differenti dalla ricetta tradizionale. Le zone più lontane dalla “via del sale”, per esempio, hanno spesso sostituito l’olio d’oliva con l’olio di noci, in quanto le coltivazioni di ulivi si trovavano nel territorio confinante con la Liguria.
Ecco una ricetta piuttosto vicina alla preparazione tradizionale.
Bagna Caoda.
- 12 acciughe salate, stagionate almeno 1 anno.
- 12 spicchi d’aglio, possibilmente proveniente da agricoltura biologica
- ½ litro d’olio extravergine d’oliva
- 200 gr di burro
- verdure varie (peperoni, cipolle, cavolfiore, asparagi, cardi, sedano, cavolo, zucca, ecc..)
- fettine di polenta abbrustolita
- crostini di pane
Lavate le acciughe con acqua fredda o ancora meglio con acqua e vino, tamponatele con carta assorbente e privatele delle lische. Se l’aglio è secco, abbiate cura di farlo rinvenire qualche ora prima in acqua fredda, quindi tagliatelo a fettine sottili e mettetelo in un tegame con un mestolo di olio e il burro. Cuocete a fuoco lento per 30 minuti, mescolando continuamente perché l’aglio non annerisca. Quando l’aglio si sarà sciolto in una crema, aggiungete le acciughe e l’olio avanzato, continuando a cuocere e a mescolare fino a che aglio e acciughe non si saranno liquefatti nell’olio.
La bagna caoda è pronta, servitela nell’apposito contenitore per mantenerla calda e portatela in tavola con le verdure d’accompagnamento, la polenta e i crostini.
Il vino ideale per questo piatto è la Barbera, sia ferma che frizzante, ma che sia un vino giovane e non troppo invecchiato. Infatti, il sapore fresco della Barbera “pulisce” il palato dall’untuosità dell’olio.
Vediamo adesso un altro piatto che utilizza i cardi, stavolta come ingrediente base.
Cardi Gratinati al Formaggio.
- 1 kg di cardi puliti, privati delle parti spinose
- ½ limone
- burro q.b.
- parmigiano grattugiato q.b.
Preparate una pirofila ungendo il fondo con del burro. Lessate i cardi tenendoli al dente, poi disponeteli a strati nella pirofila. Tra uno strato e l’altro mettete dei fiocchetti di burro e un’abbondante spolverata di parmigiano (più ce ne mettete, meglio è). Continuate fino a che non avrete finito i cardi o non avrete riempito la pirofila. Fate un ultimo abbondante strato di parmigiano, quindi mettete a cuocere in forno preriscaldato a 220°C per 20 minuti circa. Quando il formaggio ha formato una crosticina dorata sono pronti.
Serviteli caldi, coperti di burro fuso e con qualche foglia di salvia (potete anche sciogliere il burro con la salvia dentro, otterrete un composto deliziosamente aromatico).
I cardi gratinati possono essere consumati come piatto unico, o come accompagnamento a torte di verdure.
Un ultima annotazione leggendaria. Tra le molte varietà di cardo c’è anche il “cardo mariano”, che presenta delle macchie bianche sulle foglie, che sarebbero state provocate dal latte della Vergine Maria. Secondo la leggenda infatti, durante la fuga dai soldati di Erode, Maria utilizzò le foglie di cardo per tenere al caldo il Bambin Gesù, e mentre lo allattava del latte vi cadde sopra, macchiandole di bianco per sempre.
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Il cardo, un amico spinoso
Da povero abitante dei campi a succulento ingrediente di ricette tradizionali
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Papille gustative