Durante il tour in Puglia abbiamo potuto visitare il salumificio Santoro, dove, ad accoglierci c'erano il signor Giuseppe Santoro e il suo socio, Piero Caramia, artigiani che producono eccellenze. Abbiamo così assistito "in diretta" come nasce il famoso capocollo di Martina Franca, presidio Slowfood.
Il progetto ha coinvolto numerose realtà locali, in primis gli allevatori, in grado di garantire suini allevati in loco allo stato semibrado.
Il Capocollo di Martina Franca è una coppa di maiale, che subisce una lavorazione particolare. Da sempre prodotto tradizionale, emblema della norcineria della Valle d'Itria, si produce anche nei comuni di Cisternino (provincia di Brindisi) e Locorotondo (provincia di Bari).
Il pezzo di carne che sta che sta tra collo e costata del maiale viene rifilato a mano, quindi sottoposto a salagione a secco in vasconi per una quindicina di giorni. Trascorso questo tempo il capocollo viene trattato con vino cotto ottenuto soprattutto da verdeca, e spezie.
Per insaccarlo si usa solamente budello naturale, che, dopo essere stato lavato, viene anch'esso messo a bagno nel vino cotto. Una volta insaccato, il capocollo viene poi "calzato" ovvero avvolto in una maglia, e lasciato riposare affinché possa maturare. Come potete vedere, sulla superficie si sviluppano delle muffe che gli conferiranno le caratteristiche sfumature di sapore.
Una volta asciugatisi, i capocolli vengono leggermente affumicati in speciali stanze nelle quali viene posto in un braciere corteccia di quercia di fragno (Quercus Trojana). Anticamente si usavano anche il mallo secco delle mandorle e altre essenze locali, per cui il sapore della carne risultava maggiormente ricco. Questo procedimento tradizionale serviva a conservare in modo ottimale il prodotto.
A questo punto i capocolli sono pronti per la stagionatura, che si può prolungare anche oltre i cinque mesi.
Il risultato è un salume dal sapore intenso, con profumi particolarissimi. Assolutamente da provare...
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