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Lo zafferano, più prezioso dell'oro

01 Marzo 2012
Un fiore nel piatto
La parola zafferano deriva dal termine arabo 'jafaran', che deriva a sua volta dal persiano 'sahafaran', dalla radice 'asfar' che significa letteralmente 'giallo oro'. Conosciuto ai più solo per essere protagonista indiscusso del risotto alla milanese, lo zafferano è una spezia antichissima dalla storia affascinante. Viene ricavato dal Crocus Sativus, una pianta perenne dai fiori lilla appartenente alla famiglia delle iridacee, originaria dell'Asia Occidentale, dai cui tre stigmi si ottiene la preziosa polvere. Gli stigmi vengono separati a mano, essiccati e conservati ad umidità e temperatura costanti, e il quantitativo che si estrae da ogni fiore è talmente irrisorio che per ottenere 1 Kg di zafferano sono necessari più di 300.000 fiori perfettamente sviluppati, cosa che giustifica ampiamente il suo prezzo elevato, anche perché la raccolta dello zafferano può essere fatta soltanto a mano, dal momento che qualsiasi utilizzo di apparecchiature meccaniche può compromettere irreparabilmente la qualità del prodotto. La spezia si presenta come una finissima polvere che va dal rosa acceso al giallo oro fino al color mattone, con un sapore piccante dal retrogusto amaro, molto aromatico.
Assai diffuso tra i popoli antichi, lo zafferano è stato nei secoli protagonista di molte leggende ed usanze diverse. Uno dei miti che racconta della sua nascita è greco ed è, come spesso accade, associato ad un amore infelice. Il mortale Croco si era innamorato, ricambiato, della ninfa Smilace; ma poiché lei era già amata dal divino Zeus, il padre degli dei trasformò entrambi in piante, lui nel croco, lei nel tasso, un arbusto sempreverde. Sempre all'insegna della disgrazia ma un po' meno 'cattiva' è la leggenda romana, secondo la quale il dio Mercurio, protettore dei mercanti e degli affari, durante i giochi olimpici sbagliò il lancio del disco e colpì il suo amico Crocus, che morì sul colpo. Disperato, il Dio trasformò l'amico nel fiore che porta il suo nome, tingendo i suoi stigmi del colore del sangue dell'amico affinché tutti potessero ricordarlo. Da questa leggenda potrebbe derivare il fatto che il croco fosse sacro a Mercurio, e che la bella pianta come la spezia che se ne ricava siano da sempre simbolo di ricchezza. Lo zafferano veniva infatti largamente utilizzato nella tessitura e nella tintura delle stoffe destinate ai ceti elevati. Erano infatti tinte con questa spezia le bende delle mummie egiziane, le vesti dei faraoni, gli abiti dei re Assiri e dei re Irlandesi (grazie al commercio infatti lo zafferano arrivò ben presto in Europa), le calzature degli imperatori e le sottovesti delle spose dell'antica Roma, come augurio di prosperità (tradizione che arrivò intatta fino al Medioevo). Oltre all'utilizzo tessile, lo zafferano era protagonista nella produzione di belletti, cosmetici, creme e polveri molto diffusi tra le nobildonne delle varie epoche, ad esempio Cleopatra utilizzava la preziosa spezia per donare un colore dorato alla sua pelle. Ad oggi, lo zafferano continua ad essere utilizzato nell'industria cosmetica per la produzione di creme e oli per la pelle, soprattutto da quando è tornata di moda la cosmesi naturale. Anche la sua applicazione nella tessitura è sopravvissuta, sono infatti tinte con lo zafferano le tonache dei monaci buddisti, compresa quella del Dalai Lama.
In Italia, lo zafferano arrivò intorno al 961 a.C., dopo l'invasione della Spagna da parte dei Saraceni. Da quel momento vi fu un ampia diffusione della coltivazione di questa spezia in tutto il bacino del Mediterraneo, che ebbe il suo massimo splendore in epoca romana. Pare che la Spagna, resasi conto della ricchezza che si poteva ricavare da questa pianta, cercò di ottenere il monopolio della coltivazione dei crochi, promulgando leggi severissime che prevedevano la prigione o la morte per chi tentava di far uscire i preziosi bulbi dai confini spagnoli. Secondo la leggenda Padre Cantucci, inquisitore alla corte di Filippo II di Spagna, riuscì a trafugare alcune piante e a portarle di nascosto in Abruzzo, a Navelli, vicino a L'Aquila, dove per molti secoli lo zafferano divenne il perno dell'economia locale e dove tutt'oggi si coltivano i bellissimi crochi violetti. Commerciato dai fenici assieme alla pregiata porpora, per molti secoli lo zafferano ebbe quotazioni da capogiro. Qualche esempio? Nel XII secolo Carlo Magno viaggiava sempre con uno scrigno pieno di zafferano, da barattare con tessuti o metalli pregiati, o da offrire in dono ai sovrani. Nel XVI secolo, lo zafferano era quotato più dell'argento e con mezzo chilo di spezia si poteva acquistare un cavallo. Nel XVIII secolo, quando ormai la coltivazione dello zafferano era stata abbandonata in tutta Italia tranne che in Abruzzo, in Sardegna e in Toscana, la preziosa polvere faceva ancora parte della dote delle spose.
In ultimo, durante il Rinascimento si diffuse soprattutto in Italia l'uso dello zafferano in campo artistico, veniva infatti mischiato alle polveri per gli affreschi, perché conferiva ai colori una particolare luminosità.
Sembra vada all'Italia il merito di aver valorizzato, prima in Europa, le proprietà gastronomiche di questa spezia. Veniva infatti utilizzata per cucinare la cacciagione e per la preparazione di vini e liquori aromatici, e pare che i cuochi capaci di valorizzare i sapori dei loro piatti con lo zafferano fossero contesi dalle famiglie patrizie e pagati, neanche a dirlo, a peso d'oro.
Chiusa quest'ampia parentesi storica, lo zafferano presenta proprietà terapeutiche estremamente interessanti e strettamente correlate al suo uso alimentare. Le sue caratteristiche organolettiche derivano dalla combinazione di tre sostanze, tutte appartenenti alla famiglia dei carotenoidi, che sono la Crocina (responsabile del colore giallo), la Picrocrocina (responsabile del sapore pungente) e il Safranale (responsabile dell'odore aromatico). Queste sostanze, che determinano il caratteristico sapore che lo zafferano conferisce ai cibi, sono anche quelle maggiormente attive dal punto di vista fitoterapico. Sono infatti in grado di stimolare l'attività di alcuni neurotrasmettitori cerebrali responsabili del tono dell'umore come dopamina e serotonina, e sono quindi in grado di agire positivamente su stati d'ansia, depressione lieve, tensione nervosa e sbalzi d'umore. L'azione di queste sostanze, assieme alla ricchezza di questo alimento in carotenoidi minori, agisce in maniera positiva su tutta la corteccia celebrale, migliorando la capacità cognitiva, la concentrazione e la memoria. I carotenoidi, dalle note proprietà antiossidanti, hanno provati effetti nella prevenzione dei tumori. Possiamo quindi definire lo zafferano un antitumorale naturale, in quanto al suo interno i carotenoidi sono concentrati 1000 volte di più rispetto alla principale fonte di carotenoidi presente in natura, cioè la carota. Infine, l'uso regolare di questa spezia migliora l'attività digestiva ed epatica. Per questo motivo, anche senza le stesse basi scientifiche, da tempo immemore lo zafferano viene utilizzato nella medicina ayurvedica, che lo considera agli stessi livelli di un farmaco. Tuttavia, benché nelle normali dosi alimentari lo zafferano non abbia controindicazioni e anzi sia consigliato per le sue preziose qualità, è opportuno ricordare che è meglio non eccedere con i dosaggi. Questa spezia infatti, proprio per la sua eccezionale ricchezza in sostanze attive, è pericolosa in dosi elevate e può provocare intossicazioni ed emorragie interne. Lo sapevano bene gli egizi, che la utilizzavano come abortivo. Oggi la medicina moderna utilizza lo zafferano per le sue proprietà digestive e per la preparazione di medicinali calmanti ed antidolorifici. L'estratto di zafferano è presente ad esempio nel Laudano e in alcune pomate per applicazioni esterne, soprattutto quelle per la cura di ecchimosi, ematomi e gonfiori. Sempre in campo medico, una delle applicazioni più recenti di questa spezia è l'utilizzo nella cromoterapia, cioè la terapia dei colori, nella quale il giallo intenso dello zafferano può agire positivamente sulla psiche in situazioni di ansia, nervosismo e depressione.
Dal punto di vista nutrizionale, lo zafferano è composto al 12% da acqua, al 4% da fibre, al 65% da carboidrati e al 9% da proteine. Il contenuto in minerali è notevole, sono presenti quasi tutti, in tracce. Importante anche l'apporto vitaminico, presenta infatti buone percentuali di vitamina A, utile per il benessere della pelle e della vista; vitamina C, dal noto potere ricostituente e antiscorbutico; molte vitamine del complesso B, preziose per il corretto svolgimento di vari processi metabolici. Assunto quasi esclusivamente per via alimentare, lo zafferano è protagonista di moltissimi primi piatti tradizionali come il risotto alla milanese e la paella alla valenciana. Ha la caratteristica di migliorare la digeribilità dei piatti nei quali viene aggiunto, inoltre il suo gradevole colore conferisce una nota raffinata anche alle preparazioni più semplici.
In India, zona delle sue origini, lo zafferano è la spezia più costosa e viene utilizzato per la preparazione di diversi dolci, ma anche per alcune preparazioni salate. Alcuni non sanno che lo zafferano spesso viene sostituito dalla curcuma, una spezia di aspetto simile, detta anche 'zafferano dei poveri'. Pressoché identiche allo stato di polvere, le due spezie si differenziano per il colore ed il sapore che conferiscono ai cibi. Lo zafferano dà un sapore piccante e un colore giallo deciso, mentre la curcuma conferisce un sapore dolciastro e un colore rosato più o meno intenso. Se avete 'fiuto', l'unico modo per distinguere le due polveri è annusarle. Infatti, l'odore dello zafferano è pungente e amarognolo, mentre quello della curcuma vira sul dolce. Fate quindi attenzione se andate in un mercatino 'orientale', magari durante un viaggio all'estero, perché è molto facile essere tratti in inganno.
Tornando alla cucina, vi siete mai chiesti come sia nato il risotto alla milanese? Come sempre, in questi casi le leggende si sprecano, ma ce n'è una veramente bella, che vorrei raccontarvi. Eccola.
'Nel 1574 erano in corso i lavori per la costruzione del Duomo di Milano. Tra i vari artisti che si occupavano di realizzare dipinti e vetrate c'era il maestro Valerio di Fiandra, che per questo lavoro aveva portato con sé i suoi migliori allievi. Uno tra di essi spiccava per la bravura, poiché i suoi lavori si distinguevano per la vividità dei colori. Solo il maestro conosceva il suo segreto, che consisteva nell'aggiungere delle piccole quantità di zafferano all'impasto dei colori, ottenendo così un'eccezionale luminosità. Il maestro ne apprezzava il genio, tuttavia per questa abitudine lo canzonava spesso, e l'aveva soprannominato 'Zafferano'. Prendi in giro un giorno, prendi in giro due, alla fine il ragazzo si stancò e decise di vendicarsi. Invitato al matrimonio della figlia del maestro, secondo la leggenda corruppe il cuoco e versò dello zafferano nel risotto del pranzo di nozze. Arrivò così in tavola il risotto dallo stranissimo colore giallo. Il maestro, per non farsi mettere in ridicolo, capì lo scherzo e assaggiò. Quale meraviglia nel sentire il sapore! Tutti si fecero avanti e in breve il riso fu divorato fra gli applausi. Ovviamente il maestro perdonò l'allievo burlone. La beffa aveva funzionato perché Valerio di Fiandra smise di prendere in giro l'allievo, ma soprattutto perché quel giorno nacque il risotto alla milanese.'

Ecco invece una ricetta facile ma particolare, utile per dare un volto nuovo al classico purè di patate. E' utile soprattutto se siete delle' afecionados' del purè in busta, perché gli dà un sapore più deciso che maschera un po' il retrogusto di 'bustina'.

Purè di Patate con Pancetta e Zafferano:
- 1 kg di patate (oppure una busta di preparato per purè)
- Latte q.b.
- 1 confezione di pancetta a cubetti
- 1 bustina di zafferano in polvere
- 1 ciuffetto di prezzemolo
- Sale q.b.
- Burro q.b.

Rosolate i cubetti di pancetta in un tegame, a fiamma bassa, senza aggiungere olio. Fate sfrigolare la pancetta nel suo grasso e quando ha preso colore toglietela dal fuoco. A parte tritate finemente il prezzemolo.
Preparate il purè secondo la ricetta abituale, regolate di sale, aggiungete una noce di burro e mescolate con cura fino a raggiungere la consistenza a voi più gradita, quindi unite la pancetta rosolata e lo zafferano, mescolando energicamente per distribuire il colore in modo uniforme. Aggiungete all'ultimo il prezzemolo tritato, mescolate un ultima volta e servite.
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