Ben ritrovati per il consueto enoracconto delle serate DEGUST…da Luca Castelletti.
Prendendo a prestito un passo di una canzone di qualche anno fa potremmo dire:
“… pochi amici a casa di Luca, lo stato ideale
perché ognuno a casa di Luca è nient'altro che sé …”
Stasera che si beve?
Vins de Bordeaux, mesdames et messieurs!
La regione vitivinicola di Bordeaux è tra le più affascinanti di Francia, incastonata com’è tra corsi d’acqua di diversa provenienza che confluiscono a nord del capoluogo a formare quell’estuario, la Gironde, su cui si affacciano tutti i migliori vigneti del Médoc.
Le uve protagoniste da queste parti sono il Merlot, il vitigno rosso più coltivato in Francia e i Cabernet, Sauvignon e Franc; queste varietà esibiscono caratteri organolettici ed epoche di maturazione differenti e sono assemblate dai produttori locali in vario modo a realizzare il mito del taglio bordolese.
La degustazione di oggi ci farà scoprire differenti espressioni di questi vitigni, così famosi in tutto il mondo che vale il detto “Hic uva, ubique nomen!”
Lo Château La Pointe – Pomerol (1985) apre le danze.
E’ ancora un giovanotto!
Come lo sappiamo? Beh, la livrea che indossa è un tessuto granato ma con riflessi rubino all’unghia. Il colore è scuro, denso, quasi opaco.
Il naso appare subito elegante, ben bilanciato; è complesso ma non pletorico.
Stupisce l’immediata forte speziatura, con un pepe nero pizzicante, macinato fresco. Poi, ecco arrivare la prugna secca, il sottobosco misto, un pot-pourri di fiori rossi appassiti, il rabarbaro e una dolce tostatura.
All’assaggio la freschezza ben percepibile data dall’acidità persistente è accompagnata da una delicata tannicità: sono tannini veramente “gallici”, cioè raffinati e setosi.
Dopo molti minuti troviamo un tocco di liquirizia dolce e una nota tartufata.
Anche lo Château Lanessan – Haut Médoc (1985) ha una tonalità granata, ma ha meno sfumature di gioventù.
L’impatto olfattivo è grandioso.
La prevalenza nell’uvaggio di Cabernet Sauvignon regala la tipica sensazione vegetale di peperone grigliato. Compare anche la buccia della cipolla rossa.
La speziatura è meno marcata; si avverte piuttosto una nota di pelliccia animale ed il fondo di caffè.
Al palato prevalgono i tannini, qui più decisi, e un’acidità marcata, quasi citrina.
Aspettiamo una manciata di minuti e ci investono le note balsamiche – chi non ricorda quella pomata antinfluenzale che da bambini ci veniva spalmata sul petto la sera prima di dormire? Quindi è la volta della spezia dolce e del rabarbaro.
Lo Château Larrivet – Haut Brion (1985) ha un colore densissimo, impenetrabile, con tonalità rubino.
Anche in questo caso l’apertura olfattiva è a prevalenza vegetale: minestrone e cavoletti di Bruxelles!
Ahi…, direte voi.
Invece – magia del vino! – in un bicchiere di Bordeaux grondante Cabernet tutto ciò può essere non solo normale ma anche gradevole.
E infatti, dopo la giusta dose di pazienza, si viene ripagati dalla comparsa di altre note vegetali più gradevoli, come il fieno e la camomilla dolce. Indi compare prima la terra bagnata, poi il fungo. E c’è pure una manciata di canditi da panettone…
In bocca è simile al precedente per acidità e tannicità. Si fa ben “masticare”.
Lo Château Prieuré-Lichine Grand Cru Classé – Margaux 1985 è praticamente ancora rubino!
Apre con un naso potente, di polposa frutta rossa. Immancabile naturalmente la nota di peperone.
In bocca assistiamo stupefatti ad una sorta di paradosso gustativo: non si percepisce direttamente il tannino, testimoniato dal noto sentore allappante ed astringente, ma ci si accorge della sua significativa presenza dalla netta sensazione di asciugamento che il vino provoca. Magistrale!
E dopo adeguata attesa, ecco nuances di cipria e borotalco…
Si termina con lo Château Canon La Gaffelière Grand Cru Classé – St. Emilion (1986), anch’esso rubino profondo.
La prevalenza di Merlot nell’assemblaggio conferisce al naso delle note fruttate più dolci. L’impatto olfattivo è più imponente.
Ma l’eleganza in bocca è maestosa.
Nel complesso è sicuramente il vino più risoluto, più maturo, più compiuto. E, guarda caso, è anche quello che meno si modifica dopo i vari minuti di ossigenazione nel bicchiere.
Che vini, ragazzi!!
Ma cosa ci hanno comunicato esattamente? Cos’abbiamo capito da questa degustazione?
Innanzitutto, è stupefacente la notevole complessità esibita.
All’inizio i vini sono apparsi piuttosto “chiusi”, ovverosia ancora poco ossigenati nonostante fossero già passate alcune ore dalla stappatura, avvenuta nel pomeriggio.
Ma poi…
Sono bastate alcune roteazioni dei calici per far comparire, in lenta riemersione dai fondali degli anni, impressioni di notevole qualità ed armonia.
E dopo mezz’ora dalla mescita tutto è cambiato nuovamente! Profumi latenti al primo assaggio sono apparsi, netti e puliti, prendendo il posto dei precedenti: siamo proprio sicuri che un folletto non sia passato a sostituire i vini nei bicchieri senza farsi sorprendere!?
Altro aspetto sbalorditivo è l’indubbia possibilità di un’ulteriore evolutività, nonostante l’età già avanzata. Cosa lo suggerisce?
Oltre alle tonalità cromatiche già considerate, la mancanza di accentuate note olfattive terziarie eteree peculiari dei vini di grande invecchiamento.
Il vino gustato stasera è sì nella piena maturità, ma ha ancora (molta) strada da percorrere davanti a sé. E’ verosimile potersi ritrovare qui tra altri vent’anni ad apprezzarlo nuovamente in assenza di segni di cedimento senescente.
Favolosa infine la grazia infinita con la quale i maestri bordolesi hanno lavorato il vino nel legno: coi vini moderni non è usuale reperire nei calici solo le reminescenze positive del passaggio in barrique.
Chissà…sarebbe interessante assaggiare la produzione più recente di questi Châteaux, in una sorta di comparazione verticale al contrario, e verificare come le nuove generazioni di vignerons stiano portando avanti un’eredità storica e culturale tanto impegnativa ed emozionante.
Un discorso a parte meritano i piatti in accompagnamento, ideati e preparati con rara maestria da Scilla.
Non ricordiamo di avere mai assaggiato una carne di manzo stracotto così tenera e gustosa.
Per non parlare dell’assiette meraviglioso che segue: erborinati di capra impreziositi da vinacce e sottobosco e uovo di quaglia ricolmo di scaglie di tartufo grigio d’Alba…
Il dessert finale è una trottola di formaggi caprini intinti nel cioccolato ed impreziositi da frutta secca e spezie…
Très bien fait!!
E così, ancora una volta torniamo a casa appagati e beati!
À la prochaine!
x5
Vins de Bordeaux, mesdames et messieurs!
enoracconto delle serate DEGUST…da Luca Castelletti.
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Liquidi piaceri