Archivio Storico 2011-2017

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Polenta: l'oro nel piatto

05 Gennaio 2015

Un cibo della fame sempre presente sulle nostre tavole

Per tracciare, anche solo a grandi linee la storia della polenta ci vorrebbe un libro, ma questo lo lascio fare alla nostra Direttora, ch'è bravina in certe cose...

La prima cosa da dire è che non è nata con l’arrivo del mais dal Nuovo mondo, ma è sempre esistita, anche se veniva cucinata con altri cereali. 

La puls romana infatti altro non era che una polenta ottenuta con farine di farro, orzo, castagne ecc. poi Colombo scoprì l’oro degli Incas e lo portò a noi europei. E così la polenta, quella vera, entrò nella nostra storia da protagonista. 

Ma non sempre ebbe un ruolo positivo. Ad esempio, in certe zone del nostro paese, la coltivazione del mais divenne quasi esclusiva, e i contadini e i montanari di Veneto, Lombardia, Piemonte, ecc. se ne cibavano a pranzo e a cena. Con il risultato di impoverire la loro dieta e dare adito a malattie terribili come la pellagra.

La polenta poteva avere diverse versioni, dolce e salata, e, con pochissime varianti costituiva il “piatto unico” di molta povera gente, che raccoglieva le pannocchie dorate e le sgranava intonando canti, poi faceva seccare i chicchi per conservarle meglio tutto l’anno, oppure portava il mais ai mulini e lo faceva macinare, conservando la farina. 

Per quanto riguarda la versione dolce, si poneva a bollire il latte, che era una delle poche risorse sempre presenti, soprattutto quello di capra, addolcito eventualmente con un cucchiaio di miele, altro prodotto abbastanza facile da reperire. Era infatti diffusa l’abitudine di “rubare” il miele selvatico alle api. Un altro dolcificante comune per chi abitava in pianura era la sapa, mosto cotto fino a ridursi del 50% e conservato in orci di coccio. 

La mi' nonna faceva cadere a fontana la farina, ottenuta con piccole mole a mano abbastanza diffuse nel mondo contadino fino al secolo scorso, mescolando continuamente fino ad ottenere un impasto morbido, che veniva rovesciato nelle ciotole e mangiato con il cucchiaio. A volte  veniva “condita” con nocciole o noci tritate o qualche frutto conservato in composta. Era molto energetica per via dello zucchero presente, quindi riempiva la pancia e contribuiva a “scaldare” e “dare forza”, soprattutto ai bambini.

La versione salata prevedeva la farina di mais e il latte, con un analogo procedimento di cottura. La polenta, quando era soda, veniva posta in un grosso ciotolone o in un tagliere di legno al centro del tavolo, dove veniva tagliata con un filo, e servita con erbe bollite e insaporite con aceto, con un’aringa affumicata, tagliata a pezzetti o, a volte, solamente “strusciata” sulla polenta e conservata per un altro pasto, o con la verza (o altri cavoli) fatti soffriggere in lardo, guanciale o altro grasso animale. 

Il lardo, soprattutto qui in Toscana, era una delle poche ricchezze dei contadini, in quanto il maiale veniva allevato allo stato semi-brado e non costituiva un grande costo. Inoltre una scrofa poteva arrivare a figliare anche 10-12 porcellini all’anno. Alcuni venivano venduti, altri erano fatti ingrassare e costituivano la principale provvista di carne per tutto l’anno, sotto forma di salumi, salsicce, strutto e lardo salato. 

Sulla tavola dei contadini erano spesso presenti diversi formaggi, uno fresco, tipo ricotta o caprino, che veniva consumato immediatamente e uno stagionato, tipo toma, che veniva lavorato con un goccio di acquavite, lasciato essiccare e grattugiato con appositi arnesi. A volte questi formaggi divenivano durissimi e molto piccanti, e venivano usati in piccole quantità per insaporire la polenta.

La polenta non è soggetta a mode particolari: è un classico della nostra cucina che resiste agli attacchi del tempo e ai gusti esotizzanti e modernisti di molti cosiddetti chef. 

Però in commercio ve ne sono di tipi diversi da quella tradizionale. Ad esempio la polenta rapida, pe' gli sfaticati. Uno degli aspetti più “faticosi”, infatti, della cara vecchia polenta era il tempo necessario alla sua cottura: dalla mezz’ora ai quaranta minuti, durante i quali bisognava sempre mescolare con forza, facendosi venire muscoli alla Rambo. 

Da diversi anni si possono acquistare le famose farine da polenta rapide, che vengono sottoposte a un procedimento di precottura, e che quindi possono essere pronte in soli 10 minuti, con il minimo sforzo, e senza che il sapore cambi più di tanto. 

Ci sono poi barattoli di farina di polenta che includono condimenti quali funghi porcini, pezzetti di tartufo, panna liofilizzata, ecc. per la gioia dei consumatori che non hanno voglia di impegnarsi e tuttavia non vogliono rinunciare alla polenta. 

Altre novità in vendita sono le polente in busta, pronte in tre minuti, e già condite. Non sono il massimo della vita, ma, in mancanza di meglio anche il single indaffarato e di bocca buona può gustare una simil-polenta. 

 

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