Quando ci si trova davanti a delle classifiche, delle scelte arbitrarie, è ovvio che queste non siano oggettive.
“De gustibus non est disputandum” recitavano i latini; a distanza di secoli pare invece che discutere i gusti altrui sia lo sport preferito degli italiani, prima ancora del calcio.
Siamo tutti politici, allenatori, sommelier e critici gastronomici, nei ritagli di tempo ci curiamo delle nostre famiglie e portiamo avanti un lavoro che ci dà da vivere ma il nostro maggior interesse pare essere stilare giudizi, secondo solo al piacere di smontare quelli altrui.
Luca Maroni si occupa di vino da oltre 25 anni, anni in cui ha degustato più di 250.000 vini, credevo avesse le carte in regola per prendersi la briga di redarre una classifica di quelli che, secondo lui, sono i migliori vini italiani.
Ma forse mi sbagliavo. Critiche sono apparse sul web all’alba della presentazione dei 10 vini da lui prescelti come migliori tra i migliori.
Eppure il nome della manifestazione è così chiaro, parla da sé e non dovrebbe aver bisogno di ulteriori specifiche. Si tratta dei migliori vini italiani secondo il parere di Luca Maroni, non si pretende certo di dettar legge in un mondo, quello del gusto e delle degustazioni, che è assolutamente privo di regole chiare.
Maroni ha creato un suo metodo scientifico degustativo, un metodo che utilizza per classificare i vini e che si basa su tre parametri organolettici: consistenza, equilibrio e integrità ed è tramite questo che ha scelto i vini presentati nella manifestazione che fino allo scorso anno era “Sens of wine” e che oggi inaugura, sotto il nome appunto di “I Migliori Vini Italiani” un nuovo ciclo di eventi che hanno, come fulcro, la valorizzazione del territorio.
Il tutto si è svolto dal 6 al 9 Febbraio nella suggestiva cornice del complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia, nel cuore di Roma, dove sono stati presentati gli 80 vini scelti, bianchi, rossi, rosati, senza dimenticare passiti e bollicine, in un excursus che ha visto coinvolte 17 regioni italiane su 20 (escluse Sardegna, Valle d’Aosta e Liguria).
Tra le etichette presenti, c’erano i vini dell’azienda campana Rocca dei Sanniti, come l’Aglianico del Taburno sia rosato che rosso, un’azienda attenta non solo al prodotto finale ma anche a quelle caratteristiche accessorie che fanno poi la differenza in sede di fruibilità del prodotto: a tal fine selezionano le migliori colle che impediscano l’impasse dello stacco dell’etichetta nel cestello del ghiaccio, o i migliori tappi per non rischiare rotture o sbriciolamenti. Non ultimo l’azienda si fregia di devolvere parte del suo ricavato alla Casa sollievo della sofferenza di S. Pio e di mantenere 40 orfani nel villaggio di Bhondsi in India.
Altre etichette di qualità quelle di Erminio Campa, che si presenta con due vini pugliesi, Li Janni e Li Cameli, che prendono il nome dalle contrade dei rispettivi vigneti, due rossi 100% primitivo di tutto rispetto.
Dalla Toscana poi, l’azienda Pakravan – Papi, con soli 16 ettari di vitigni, ci regala il Valdimare, vino dal sentore acido della mela verde, nato da terreni argillosi a ridosso del mare e il più equilibrato Serra de’ Cocci di uve Chardonnay.
In argomento bollicine, da segnalare il Franciacorta DOCG 1701 Vintage 2009, un 85% chardonnay e 15% pinot nero considerato a ragione, da Luca Maroni, il miglior Franciacorta dell’anno.
In ultimo il Fervo Marzemino Passito dell’azienda veneta Astoria, che già avevo avuto modo di apprezzare in altri eventi wine, 100% di uve Marzemino con dolci e vive note di amarena e mora e un sapore ricco e fruttato.
Oltre ai vini la manifestazione è stata allietata da presenze food di tutto rispetto, a riprova del desiderio di valorizzare il territorio italiano sia in ambito wine che food.
Si parte dai tartufi di Ad Hoc marchio noto sia per il ristorante romano in Via di Ripetta che per la boutique del tartufo in via del Vantaggio (notevole la loro vellutata al tartufo bianchetto con parmigiano reggiano), il cioccolato e le pregiate “parmellate” dei fratelli Bianchini di Parma, gli Orti di Anguillara con le loro creme di broccoletti bio e l’azienda agricola Sapori di ieri, arrivata da Caprarola con una spettacolare mostarda di peperoni rossi. A concludere il tutto una chicca, la salsa di lumache alla Cantalupese della Cantalupo Lumache, che in un sol boccone mi ha riportato indietro di 25 anni, al sugo che preparava mia nonna. Identico evocativo sapore.
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